Finita è la festa

di NICOLA PICCHIONE
Abbiamo festeggiato con entusiasmo e gratitudine il 25 aprile convincendo finanche i filofascisti ad unirsi alle celebrazioni. Tutti antifascisti a cantare Bella ciao. Lasciato a casa il busto del Duce, chiarito che chi voleva una Europa libera ci voleva assoggettare ai comunisti sovietici e che in via Rasella non furono uccisi nazisti ma anziani semi-pensionati suonatori, abbiamo ribadito l'amore per la Patria, la Famiglia e Dio (anche in omaggio al Papa morto). Abbiamo aggiunto la fede in una Ucraina libera e vittoriosa, abbiamo evitato ogni riferimento alla strage di Gaza ma solo perché in un giorno di festa è meglio non parlare di stragi da parte di un governo amico e democratico. Ci siamo lasciati con l'animo in pace, più democratici di prima. Un diavoletto mi ha ricordato un vecchio detto: finita la festa, gabbato lo santo. La democrazia l'abbiamo veramente avuta da chi ha combattuto contro i nazifascisti e ci sono state consegnate le leggi che la regolano: il potere appartiene al popolo che ripudia la guerra. Siamo un popolo di grandi virtù ma piuttosto labile e con attitudine alla teatralità. La nostra unità è stata per secoli unicamente culturale -linguistica e artistica- e solo tardivamente politica. Siamo stati a lungo sottomessi a potenze straniere diverse,divisi fra principati e ducati: abituati a essere comandati. Come il leone nato nello zoo amiamo una libertà comoda, ci basta la libertà di parola ognuno dice ciò che vuole anche se inascoltati. Una democrazia con promesse come pillole di tranquillità. Non importa se siamo al 46° posto nel mondo come libertà di stampa, se i maschi continuano a dominare le femmine riluttanti sino a ucciderle, se continuano i morti sul lavoro, se la ricerca scientifica è messa da parte, se le reti TV sono in gran parte sottomesse ai Partiti e per indurci a desiderare un governo “forte” ci mostrano la diffusa violenza nelle strade delle città, i palazzi occupati abusivamente dai clandestini che fingiamo di accogliere e mandiamo allo sbaraglio. Ma la forza non è il nostro forte, piuttosto la subiamo: non ci proteggiamo, ci piace venire protetti. Per un ventennio è piaciuto a molti l'Uomo dall'aspetto robusto, dalla voce stentorea, gran puttaniere, mani sui fianchi e stivaloni a ricordare la nostra stirpe romana. Lo applaudivamo quando prometteva l'impero quando attaccava la Francia già occupata e sceglieva piccoli popoli da sottomettere per poi appenderlo per i piedi dopo morto dopo una vergognosa fuga da travestito. Noi siamo così, grandi atti eroici di pochi disposti anche a morire per la libertà e una massa che sa adattarsi. Ci ha forgiati la nostra storia e dobbiamo risalire la china ma prima dobbiamo imparare a conoscerci senza indulgenza. La democrazia non è solo libertà di parola che è fondamentale ed è un privilegio che non tutti i popoli hanno. Non è solo la sacrosanta rivendicazione dei diritti. E' consapevolezza che i diritti sono una conquista mai definitiva, che essi non possono essere separati dai doveri. E' anche consapevolezza dei propri errori e debolezze, è dibattito fondato sull'informazione che non viene dai talk televisivi squilibrati e spesso urlati. E' consapevolezza che dobbiamo ricostruire una scuola formativa ed educativa, servizi sociali adeguati, una giustizia che dia fiducia. Che dobbiamo riconquistare la dignità del lavoro con una paga adeguata e con norme di sicurezza rispettate, che dovremmo essere genitori più presenti e severi anziché troppo indulgenti, meno discoteche e più libri. Imparare, insomma, ad essere una comunità con meno individualismo nella quale il diritto di uno rispetta quello degli altri, essere parte di uno Stato che non esige il pizzo ma chiede il contributo di ognuno secondo le sue possibilità per dare a tutti quei servizi sociali che lentamente stanno decrescendo. Degni, insomma, del sacrificio di chi ha contribuito anche con la vita a ridarci dignità e libertà e a darci l'esempio con i fatti e non solo con le parole.

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