Commento di Nicola Picchione
San Giuseppe
Ho un debole per S. Giuseppe, mi ritrovo in lui e immagino la sua bottega come quella di mio padre.
Sappiamo poco di lui, non è uno dei santi molto popolari antichi e moderni, non un dotto non un santo dei
miracoli nemmeno un santo che emana profumi. Un falegname chiuso nella sua piccola bottega, di poche
parole, paziente e tollerante che accetta la gravidanza anomala della sposa. Avrebbe sorriso del goffo
tentativo di Luca e Matteo di attribuirli una ascendenza nobile (addirittura da Giacobbe e Davide). I Vangeli
parlano poco di lui. Dobbiamo immaginare che Giuseppe allevò il figlio facendosi aiutare in bottega ed
educandolo. Non lo rimproverò nemmeno quando ragazzo scomparve per tre giorni senza dire dove
andasse. Mi piace immaginare che di fronte alla dottrina del figlio rispondesse come rispondeva mio padre
quando discutevamo (cercavo ragioni sottili per dargli torto ma ora ammetto che aveva sempre ragione
lui): “Sono solo un povero piantachiodi”. A differenza della madre e dei fratelli (o cugini) che andarono a
cercarlo quando Gesù predicava per riportarlo a casa, S. Giuseppe non appare: aveva capito che doveva
lasciare in pace quello strano figlio non suo ma che aveva allevato e che si era assunto il difficile compito di
insegnare al popolo come vivere.
Ho conosciuto tanti parolai capaci di vendere molto più di quello che avevano ma ho sempre apprezzato le
persone di poche parole, incapaci di urlare, di vantare i propri meriti, non a caccia di riconoscimenti.
Nemmeno i pittori si sono molto interessati a S. Giuseppe ma mi piace pensare che non se la prenda.
Lo ricorda però la gente del popolo che ha ripreso spesso il suo nome per i figli; lo ricordano gli umili che in
qualche paese (a Larino, a Bonefro e forse in altri) preparano in suo onore una cena di 13 pietanze per la
gente e la sera della sua festa accendono un gran fuoco.
E – certamente sembrerà strano- non so perché la sua figura silenziosa ma carica di valore mi ricorda il
Molise, la regione meno conosciuta che non urla le sue qualità e non sa mettersi in mostra ma è pronta ad
accogliere con le sue bellezze silenziose e dolci che richiedono occhi attenti, con il suo silenzio, la grande
ospitalità e la qualità dei suoi prodotti.
In questa epoca dominata dalla pubblicità, dagli influenzer, dagli urlatori della tv, dalla ossessione della
messinscena, personaggi come S. Giuseppe e territori come il Molise sono un richiamo alla misura.
Quanto mi farebbe piacere conoscere questo Signor Nicola Picchione!
RispondiEliminaIl suo commento sulla figura di San Giuseppe è fortemente illuminante, concreto, essenziale per poter pensare di voler trasmettere ai giovani l'esperienza di noi anziani, per tutto quanto immaginiamo possa servire ad un loro futuro.
Dovremmo farci un progetto (come si dice ora di ogni cosa che si voglia iniziare) dal titolo "Il senso della misura".
Grazie al Sig. Nicola e grazie a te Pasquale per le tante opportunità di riflessioni che ci dai attraverso il tuo BLOG!