Autonomia differenziata, l’Italia che non vogliamo
Comunicato stampa.............................................................................................................................................................................---------
Sul tema dell’autonomia differenziata si è costituito un Comitato Spontaneo nel
Molise denominato “Autonomia differenziata, l’Italia che non vogliamo” e
composto dai sottoscrittori del presente comunicato stampa.
Quali posizioni è necessario assumere su questo provvedimento del Governo
Meloni rispetto al quale sembrano al momento predominare politicamente la
propaganda, ma anche il silenzio e l’afasia?
Poiché sul Disegno di Legge 615 di Calderoli, già approvato al Senato, non pare al
momento sia stata avviata se non qualche rarissima riflessione di base con la
partecipazione attiva dei cittadini, il comitato stesso intende promuovere in merito un
confronto aperto con i Sindaci e le loro comunità che lo richiederanno.
Poiché il sistema democratico della rappresentanza non può prescindere dal
coinvolgimento quantomeno consultivo e propositivo del popolo nelle decisioni da
assumere, questo ci sembra il criterio metodologico più immediato per iniziare un
confronto sul Disegno di Legge.
Per fissare un incontro con le comunità locali che lo vorranno sarà sufficiente
contattare i seguenti numeri telefonici o le mail indicati a fianco del nominativo dei
promotori.
In una fase successiva il Comitato Spontaneo cercherà di fare una sintesi di quanto
emerso tra le popolazioni dei Comuni molisani che aderiranno in una manifestazione
da tenere a Campobasso affidandone possibilmente la conduzione ad un esperto di
diritto costituzionale.
Rivolgiamo l’invito a un’attenta e responsabile partecipazione civica con l’appello
lanciato al riguardo dall’arcivescovo di Napoli Mons. Domenico Battaglia: "Che il
Vangelo e la Costituzione, in questo tempo complesso e difficile, che chiede la
generosità e l’impegno politico di tutti, ci tolgano il sonno, divengano un peso sulla
nostra coscienza, fino a quando ogni riforma e ogni legge, anche la più piccola, non
sia orientata al bene di tutti, iniziando dai più fragili", così da far crescere "una
comunità rinnovata, fondata sulla solidarietà, sulla giustizia, sulla pace".
Per nuove adesioni al Comitato e per informazioni sulle attività che saranno poste
in essere rimandiamo al Gruppo Facebook “Autonomia differenziata, l’Italia che
non vogliamo”.
I promotori del Comitato Spontaneo---
Adele Fraracci adelefraracci@virgilio.it---
Antonio Di Lalla “La fonte” 3384716450--
Antonio Ruggieri 3294148872---
Domenico Di Lisa 3281637690----
Domenico Santorelli 3395863785----
Enrica Sciullo 3280928208----
Franco Novelli 3341906176...
Giggino D’Angelo 395637727...
Giuseppe Pittà 3279754191...
Grazia Minotta grazia.minotta@gmail.com...
Italo Di Sabato 3358191842...
Luisa Diodati diodatiluisa0209@gmail.com...
Maria Rosaria La Marca...
Mario Antenucci 3384749302....
Michele Barone...
Pasquale Di Lena....
Roberto Giammaria 3384229227....
Rossano Pazzagli 3357405701....
Sara Ferri 3283954223...
Umberto Berardo 3383374827...------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
.................................................Autonomia differenziata, l’Italia che vorrebbe la destra------------------------------------------------------------------------...
di Umberto Berardo-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Una borghesia egocentrica, che già nella nascita ma anche nel suo processo evolutivo non è mai
riuscita a sentire lo Stato italiano ancorato ai principi della democrazia, della libertà,
dell’eguaglianza e della solidarietà, ha sempre considerato il Mezzogiorno prima terra di conquista
e poi serbatoio di voti e manodopera a basso costo, senza disegnare mai un progetto di sviluppo
economico uniforme nel Paese e degno di questo nome.
Da anni essa porta avanti l’idea secessionista di una fantomatica Padania elaborata da Bossi e
Miglio.
Dopo le tante messinscene di Pontida, l’assist del Governo Amato del 2001 con la riforma del
Titolo V della Costituzione, i referendum consultivi tenuti in Lombardia e Veneto il 22 ottobre 2017
ora la Lega torna alla carica con questo DDL 615 il cui primo firmatario è Roberto Calderoli e fissa
le disposizioni per l’autonomia differenziata.
È opportuno in ogni caso rammentare e precisare che in passato tale idea era stata avanzata non
solo da Attilio Fontana e da Luca Zaia, ma anche da Stefano Bonaccini e Vincenzo De Luca.
Quest’ultimo in una recente conferenza stampa sembra aver rivisto completamente le sue
posizioni.
Tra l’altro ricordo anche che l’autonomia differenziata era inserita nel programma del Governo
Conte 1.
Dico subito con molta chiarezza che a mio avviso i termini “autonomia differenziata”
rappresentano, almeno dal punto di vista politico, una sorta di ossimoro perché l’autonomia secondo
il principio di uguaglianza previsto in Costituzione deve necessariamente essere uguale per tutte le
regioni e dunque non può avere alcuna differenziazione.
Questa contraddizione è stata fatta rilevare con grande chiarezza dall’arcivescovo di Napoli,
Mons. Domenico Battaglia che scrive “La stessa parola 'differenziata' significa che l'autonomia non
è uguale per tutte le regioni, che essa, appunto, si differenzia tra quelle forti, che con l'autonomia
diventeranno più forti, dalle regioni deboli, che paradossalmente diventeranno più deboli.”
La prima cosa che mi chiedo allora è se già su tale questione non ci siano i termini per
un’impugnazione del Disegno di Legge presso la Corte Costituzionale.
Sostenendo capziosamente di voler dare maggiore responsabilità ed efficienza alle Regioni a
statuto ordinario, Calderoli propone in sostanza che esse possano richiedere potestà legislativa
attraverso una contrattazione con lo Stato fino a ventitré materie in attuazione degli articoli 116 e
117 della Costituzione Italiana; infatti alle attuali venti di legislazione concorrente se ne
aggiungerebbero tre attualmente di sola competenza statale e cioè l’organizzazione della giustizia di
pace, le norme generali sull'istruzione, la tutela dell’ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
A tale ragionamento tendenzioso si può solo far rilevare che il miglioramento del governo delle
Regioni può avvenire solo combattendo la corruzione e controllando sistematicamente tutti gli atti
amministrativi come accadeva un tempo celermente attraverso i Comitati Regionali di Controllo,
che sono stati irresponsabilmente aboliti per effetto della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3,
o come avviene oggi attraverso i Tribunali Regionali Amministrativi e la Corte dei Conti.
Condizione preliminare per l’attuazione eventuale del DDL Calderoli è la definizione dei
cosiddetti LEP, un acronimo che sintetizza la determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazione
dei servizi a un livello adeguato, si dice, su tutto il territorio nazionale.
Il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni potrà avvenire inoltre per un periodo di dieci
anni rinnovabili, nei limiti delle risorse disponibili nella legge di bilancio e con una clausola di
salvaguardia che consente al Governo di sostituirsi agli enti locali inadempienti.
Per le Regioni che non chiederanno l’autonomia differenziata è previsto un fondo perequativo di
cui si deve ancora determinare la consistenza economica.
Questo Disegno di Legge, così ambiguo e indeterminato nella stesura, è stato approvato in Senato
il 23 gennaio con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti.
Voglio ricordare che lo sta approvando un governo che non rappresenta certo la maggioranza del
Paese perché alle elezioni del 25 settembre 2022 ha ottenuto poco più di 12 milioni di voti ovvero il
44% del consenso dei votanti i quali sono stati il 63,91% degli aventi diritto.
Mi auguro che il mondo degli astensionisti faccia qualche riflessione al riguardo.
Cerco allora di entrare analiticamente dentro le determinazioni di questa legge sull’autonomia
differenziata per sottolineare come la furbizia di chi pretende di gestire il potere in modo
verticistico non abbia limiti.
Hanno scritto che bisogna definire i Livelli Essenziali delle Prestazioni, ma noi abbiamo tutti
credo un po’ di memoria e di saggezza per attenzionare l’opinione pubblica sul possibile inganno
che i servizi vengano definiti a un livello talmente minino da non garantire più diritti essenziali in
maniera uniforme e qualitativamente efficiente a tutti i cittadini.
C’è chi si illude di poterli determinare anche nei costi dimenticando che questi sono ovviamente
variabili nel tempo e con le disponibilità di bilancio.
Abbiamo già l’esperienza dei Livelli Essenziali di Assistenza nella sanità per avanzare tali timori
perché rammentiamo bene cosa sono stati durante la pandemia e sono tuttora i servizi per la tutela
della salute nella maggior parte delle Regioni.
Avevamo in Italia uno dei servizi sanitari invidiabili che, affidato alle Regioni, ha fatto la fine
vergognosa che purtroppo conosciamo.
Visto quanto è accaduto con il Covid, ho sempre pensato che non solo la sanità, ma anche la
cultura, l’istruzione, le grandi infrastrutture, l’energia, le comunicazioni, i trasporti e altri servizi
essenziali debbano essere di competenza dello Stato e organizzati in maniera uniforme su tutto il
territorio nazionale a livelli di eccellenza e non in termini minimi.
Se i LEP fossero legati ad esempio alle prestazioni pregresse delle singole Regioni, dando la
possibilità di migliorarli solo in quelle più ricche, la situazione in Italia sarebbe disastrosa.
Oltretutto anche una garanzia solo indispensabile delle prestazioni nei servizi richiederebbe
secondo uno studio dello Svimez tra 80 e 100 miliardi di euro che uno Stato indebitato come l’Italia
non si capisce dove dovrebbe trovare.
Già nel giugno 2023 la Banca d’Italia aveva trasmesso una memoria al Senato in cui si avanzava
“Il rischio che da tale processo possano derivare maggiori oneri per il bilancio pubblico”.
Dunque, come per il Piano Mattei, bypassando le reali e urgenti necessità dei cittadini, siamo
davanti a un teatrino grottesco in vista delle elezioni europee con accordi trasversali tra Fratelli
d’Italia e Lega su Premierato e autonomia differenziata come specchietti per le allodole
all’elettorato di riferimento.
Solo che tali escamotage elettoralistici di basso profilo rischiano poi di rovinare il Paese.
La frammentazione delle competenze a livello locale creerebbe sicuramente problemi economici
e regolativi per aziende con sedi in più regioni, ma anche pericolose disuguaglianze determinate
dalla possibilità di salari aggiuntivi da parte di ogni Regione anche in settori oggi affidati alla
pubblica amministrazione.
In tal caso, in una specie di dumping per le Regioni meridionali, dove volete che vadano i
lavoratori più qualificati nei diversi settori di attività economica?
La stessa possibilità di trattenere parte del gettito fiscale sul territorio, senza ancora sapere in
quale misura, creerebbe difficoltà e discriminazioni.
Sarebbe ad esempio corretto trattenere in una Regione le tasse di un lavoratore che vi svolge la
sua professione pur risiedendo in un’altra?
Non possiamo poi assolutamente lasciare l’istruzione e la sua programmazione a livello locale
perché ciò sarebbe una iattura per il sistema scolastico e una discriminazione inaccettabile dei
cittadini dovuta a risorse, programmi, modalità di reclutamento territoriale e funzionamenti
differenziati.
Tutto ciò semplicemente non tutelerebbe più l’unità giuridica ed economica del nostro Paese
aumentando oltretutto l’apparato burocratico e la diseguaglianza tra i territori.
Un Disegno di Legge come il 615 di Calderoli che si limita a indicazioni generali, senza definire
almeno alcuni dettagli sulle determinazioni da assumere, lascia veramente assai perplessi per usare
proprio un eufemismo.
Ci risulta che la maggioranza di governo stia già lavorando sui territori per dare la sua lettura
degli aspetti trattati nella legge, ma limitando tale confronto con i sindaci piuttosto che con l’intera
cittadinanza o affrontando il tema nei comizi elettorali dove ovviamente non c’è riflessione allargata
ma solo propaganda.
Il problema centrale in ogni caso è rappresentato dalle azioni politiche da porre in essere perché
con l’eventuale approvazione del provvedimento anche alla Camera non si creino danni irreversibili
per l’Unità dell’Italia e i diritti dei suoi cittadini.
Intanto, escluso l’interesse a raccogliere voti che oltretutto con un partito fortemente schiacciato
dall’evaporazione è sempre più difficile ottenere, non si riesce a comprendere come dei meridionali
riescano a seguire tali progetti politici così penalizzanti per il Sud e possano addirittura candidarsi
con un partito come la Lega.
Il continuo trasformismo per fini elettorali e di potere in Italia è un fenomeno dilagante, ma in
tale caso manifesta assoluta assenza di coerenza rispetto alle istanze da rappresentare.
Ovviamente ancora meno si può accettare che una popolazione deprivata di diritti dia consenso
elettorale a tali candidati.
La mia netta sensazione poi è che le forze di opposizione al Governo Meloni non solo navighino
nel buio, ma stiano diventando così rissose da non riuscire più a dare alcuna direzione al loro
percorso politico.
Occorre con urgenza elaborare strategie di opposizione decisa a un provvedimento iniquo che
produrrà danni pesanti per le Regioni più povere.
Il problema è che in questo momento mi pare che non ci sia un’opposizione in grado di porre in
essere valide azioni di contrasto alle decisioni del Governo e tantomeno capace di elaborare un
progetto politico alternativo.
Sul DDL Calderoli c’erano già le possibilità di animare la coscientizzazione dell’opinione
pubblica e nulla si è visto in merito neppure durante la discussione dello stesso al Senato né da parte
dei media e tantomeno dai partiti politici.
Nessuna manifestazione pubblica di confronto tra amministratori, sindaci e cittadini mi risulta sia
prevista ancora in merito.
Vincenzo De Luca in una conferenza stampa ha lanciato un’iniziativa che credo dovrebbe
coinvolgere tutti i sindaci e i Presidenti delle Regioni del Sud.
Anche al riguardo purtroppo nessun segnale!
Se tutto tace e, come si dice da noi, “chiuderemo le stalle quando i buoi saranno già scappati”,
non possiamo attaccarci alle speranze di qualche modifica banale del provvedimento.
Occorre al contrario eliminare il pensiero discriminatorio che sottende tali disegni di legge che
sono anticostituzionali per la negazione del diritto all'eguaglianza dei cittadini e la totale
cancellazione del concetto di solidarietà.
Spero che il presidente Sergio Mattarella non lo firmi dichiarandone l'incostituzionalità o che in
alternativa lo si sottoponga a referendum.
Davanti a un disegno dell’Italia egocentrico e discriminatorio come quello proposto dalla Lega
serve intanto una mobilitazione di massa senza la quale il DDL 615 passerà anche alla Camera dei
Deputati.
Termino queste riflessioni proponendovi sul tema trattato ancora l’accorato e bellissimo appello
dell’arcivescovo di Napoli.
"Che il Vangelo e la Costituzione, in questo tempo complesso e difficile, che chiede la generosità
e l’impegno politico di tutti, ci tolgano il sonno, divengano un peso sulla nostra coscienza, fino a
quando ogni riforma e ogni legge, anche la più piccola, non sia orientata al bene di tutti, iniziando
dai più fragili", così da far crescere "una comunità rinnovata, fondata sulla solidarietà, sulla
giustizia, sulla pace".
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