Domani

Il glifosato, veleno per l’ambiente e la nostra salute, piace ai coltivatori-agricoltori o ai tecnici e rivenditori che consigliano questo prodotto micidiale? Un esperto dei temi ambientali mi scrive per dirmi che l’erbicida in questione piace ai coltivatori-agricoltori titolari di aziende non biologiche, che vengono consigliati da decenni dai tecnici e dai rivenditori o, come è sempre accaduto, dai tecnici-rivenditori. Il Parlamento europeo, sulla base di pareri espressi dalle industrie produttrici, sta per dare continuità al suo uso anche dopo la scadenza del definitivo blocco alla fine del 2023. Una decisione favorevole alla continuità del suo utilizzo, non solo andrebbe a dichiarare il fallimento delle strategie tanto declamate dalla Ue “Farm to Fork” (30% dell’agricoltura comunitaria biologica entro il 2030) e Biodiversità, ma anche la riduzione del 50% dei pesticidi nella stessa data e l’applicazione delle norme per l’agricoltura integrata, che è possibile solo se viene meno l’uso dei pesticidi. Contraddizioni che appaiono come una triste verità da quando le lobby condizionano le scelte dell’Ue e sono a rappresentare il neoliberismo del mercato globale e del consumismo, delle banche e delle multinazionali, con i suoi processi tutti finalizzati ad accumulare sempre più denaro. Le grandi aziende agricole sempre più grandi, con le piccole, quelle della famiglia contadina, che spariscono con lo sviluppo del processo di industrializzazione del Paese e il bisogno di manodopera; la impossibilità di competere con gli altri protagonisti delle filiere agroalimentari; gli indebitamenti, soprattutto per acquisto di macchine impossibili da ammortizzare e altri mezzi tecnici finalizzati a produrre quantità, come concimi e pesticidi; fallimento voluto di ogni forma di associazionismo, che, se mantenuto, poteva rappresentare una forza possibile per contrastare le multinazionali; le politiche messe in atto dai governi, tutti, a partire da quelle che hanno accelerato il furto di territorio. Politiche non contrastate, ma quasi sempre assecondate anche da chi doveva difendere l’azienda coltivatrice ed ha pensato di farlo con l’apertura di uffici ben attrezzati a risolvere le pratiche burocratiche e non a diffondere scelte politiche alternative, utili ad assicurare un reddito al coltivatore.
Se il glifosato continuerà - grazie alla decisione del Parlamento europeo - a infestare i nostri territori e a mettere in crisi la vita espressa dalla fertilità dei suoli; le falde freatiche; i corsi d’acqua e, con essi, il mare, e - come veniva detto all’inizio - la nostra salute e quella dell’ambiente, è solo una conferma che le lobby delle multinazionali sono capaci. Non lo sono gli uffici delle organizzazioni che rappresentano i nostri coltivatori e i loro rappresentanti nel Parlamento europeo. Un mondo, quello dell’agricoltura, che ha perso ogni orientamento, con il risultato di dare spazio al sistema dominante che depreda e distrugge e, con il clima impazzito, di rendere sempre più difficile un’inversione di tendenza, che è di urgente necessità. Un’inversione possibile solo se l’agricoltura e, con essa, l’azienda coltivatrice attrezzata e impegnata per la multifunzionalità, torna ad essere perno di quel nuovo tipo di sviluppo di cui ha bisogno il Paese e, con esso, i Paesi che animano la terra con i rispettivi “Genius loci”, gli spiriti dei piccoli e grandi luoghi. Le novità che arrivano dalla Spagna sono importanti per capire che è tutto sbagliato. Due anni di siccità e di scarso raccolto sono bastati per convincere i produttori della regione più olivicola al mondo, la più segnata da oliveti intensivi, l’Andalusia, che questa forma di allevamento ha contribuito a condizionare negativamente non solo i raccolti, ma anche il domani. In pratica l’influenza della siccità sui raccolti è aggravata dalla presenza diffusa di oliveti intensivi. Un danno soprattutto per la continuazione della coltivazione dell’olivo, visto l’impoverimento del suolo causato dalla perdita degli elementi e dei fattori che lo hanno sempre reso fonte di vita e di cibo. L’appello è mettere in atto interventi per la rigenerazione dei suoli olivetati e tornare a forme di allevamento che permettono ad essi, quali contenitori di vita, di esprimere la fertilità. In sintesi di dare ai suoli la possibilità, in attesa di politiche che aprono alla salvaguardia e tutela del territorio, di affrontare meglio la siccità per evitare un collasso ecologico. E non solo “usare questa crisi per espandere pratiche ad alta densità di input non aiuterà il nostro settore ad adattarsi ai cambiamenti climatici, ma piuttosto lo renderà più vulnerabile”. Ai tecnici che, anche nel nostro Molise, sostengono impianti di oliveti super intensivi, consigliamo di leggere su l’ultimo numero di OliveOilTimes, l’interessante articolo dal titolo significativo “Una migliore gestione del suolo, non un’agricoltura intensiva, salverà gli oliveti mediterranei”. Il modo, in pratica, per evitare i disastri e lavorare per il domani.--- pasqualedilena@gmail.com

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