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LARINO, IL CONVENTO DEI CAPPUCCINI
“Venne fondato nel 1535 da padre Paolo da Santino per desiderio di mons. Morsellino, larinese di nascita, vescovo di Guardialfiera, a spese di Adriano Morsellino, fratello dello stesso presule. Il fabbricato del convento fu affiancato a una vecchia chiesa preesistente intitolata alla Croce. In questo sacro edificio troviamo la Madonna della Pietà, quadro attribuito ad Antonio Salario, detto lo Zingaro, che operò nella prima metà del XV. secolo. L’altare maggiore si adorna di una Natività che potrebbe essere opera di Francesco Tolentino (XVI sec.). All’interno del convento si trova su tela a olio firmata da tale Crescentius del 1743”. Ecco il testo riportato il “LARINO – Le vestigia romane e il borgo medievale”, una pubblicazione della Camera di Commercio del Molise parte del progetto “Scoprire il Molise”. Ebbene questo patrimonio storico-culturale, paesaggistico - ambientale, il sesto costruito in Italia e il primo realizzato in Molise, è dai primi di A Agosto chiuso, per decisione del responsabile dei cappuccini, con i frati ospiti trasferiti a Termoli, in una Chiesa, visto che il Convento non c’è mai stato. Solo l’ultima delle perdite di Larino e dello stesso Molise, che - stante al silenzio, diversamente da Venafro, prodotta dalla notizia - non sembra (mi voglio sbagliare) aver destato preoccupazione ai larinesi a partire dalla squadra degli appena eletti in Consiglio comunale. Un senso di rassegnazione invece che di rivolta contro una decisione che Francesco, il grande di Assisi, non avrebbe mai preso e che contrasta con le invocazioni e le preghiere di Papa Francesco contro un sistema, il neoliberismo, che distrugge e depreda tutto, prim’ancora il tempo e i valori da esso espressi, in particolare quelli riferiti alla natura e all’arte. Chi ha deciso e, chi, con il silenzio, ha fatto propria questa decisione non è al corrente delle contraddizioni che vive il mondo e, con esso, il Paese e, ancor più, il Molise, la farfalla dalle mille fragilità. La terra che rischia il completo abbandono delle aree interne (Larino ne è parte con il suo antico circondario) e, in contrapposizione, registra il completamento della cementificazione del litorale di Termoli , il centro che sta per consumare il poco territorio che gli è rimasto. Una scelta poco o niente ponderata visto che il percorso inverso avrebbe non solo utilizzato una struttura appositamente eretta cinque secoli fa, che, con la chiusura, rischia l’abbandono e, con esso, la perdita di un patrimonio del tempo, del paesaggio, di una comunità ad esso fortemente legata. Un non senso per me che ho più di un ricordo legato alla presenza e vita del Convento dei Cappuccini, che va oltre la ricorrenza della festa del 4 di Ottobre in onore di san Francesco. Il Convento è stato il luogo della mia prima esperienza di apprendista muratore. Avevo appena compiuto 7 anni nell’estate del 1948, quando con mio zio Antonio Lucio (Tonino) Mammarella, maestro muratore, andavo a piedi al convento per essere presente alle ore 7 sul cantiere allestito per un suo restauro. Un “apprendista muratore” che passava la giornata nel giardino retrostante il convento e a cogliere e a mangiare i primi frutti, i fichi in particolare Da lì vedevo, oltre le Piane, il mare. Poi ricordo la prima esperienza di albergatore ristoratore del mio compagno delle scuole elementari, Alberto Campitelli, e, ultima, l’attenzione per un nuovo restauro con un finanziamento della Regione Molise nel tempo fortunato della mia esperienza di assessore ai lavori pubblici (1999-2000). Ricordi che la notizia della chiusura e del trasferimento dei suoi ospiti a Termoli ha trasformato in perplessità per le scelte e i silenzi che, con la perdita di una presenza e di una risorsa importante, ancora una volta puniscono una città e un territorio importante del piccolo Molise.

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