Fmi, in Italia sussidi ai combustibili fossili per 63 miliardi di dollari nell’ultimo anno

di Luca Aterini - GREENREPORT - 25 Agoosto 2023
Si tratta del 2,8% del Pil nazionale, oltre mille dollari per ogni cittadino.Rimuoverli porterebbe enormi vantaggi per salute e clima, ma il prezzo dei carburanti aumenterebbe. La soluzione? Ridistribuire le risorse.------------------------------------------------------------------------------- Tre anni fa i sussidi ai combustibili fossili garantiti in Italia valevano oltre 40 miliardi di dollari, ma un nuovo studio del Fondo monetario internazionale aggiornato al 2022 ha scoperto che nel mentre sono aumentati moltissimo arrivando a 63 miliardi di dollari. Si tratta del 2,8% del Pil nazionale o, in altri termini, valgono oltre mille dollari per ogni cittadino italiano. Un trend al rialzo che riguarda tutto il mondo, nonostante l’impiego dei combustibili fossili sia alla radice sia della crisi climatica in corso – solo nell’estate 2022 si stimano in Italia oltre 18mila morti per ondate di calore – sia dell’inquinamento atmosferico, che in Italia comporta più di 50mila morti premature l’anno. «Lo scorso anno i sussidi per i combustibili fossili sono saliti alla cifra record di 7mila miliardi di dollari, poiché i governi – spiegano i ricercatori del Fmi – hanno sostenuto i consumatori e le imprese durante l’impennata globale dei prezzi dell’energia causata dall’invasione russa dell’Ucraina e dalla ripresa economica dalla pandemia». Come risultato, nell’ultimo anno i sussidi per i combustibili fossili come petrolio, carbone e gas naturale sono costati il 7,1% del Pil globale, ben più di quanto i governi del mondo spendano per l’istruzione (4,3% del Pil) o per l’assistenza sanitaria (10,9%). L’analisi del Fmi suddivide i sussidi ai combustibili fossili in espliciti, ovvero una sottoquotazione dei costi di fornitura – le spese governative dirette a tenere artificialmente bassi i prezzi, come nel caso dei sussidi contro il caro energia – e in sussidi impliciti, cioè la sottostima dei costi ambientali dei combustibili fossili e rinunce alla tassazione sul loro consumo. A livello globale questi ultimi sono la parte prevalente (82%), e anche in Italia valgono circa 54 mld di dollari contro i circa 10 attribuiti ai sussidi espliciti. «La stragrande maggioranza dei sussidi sono impliciti, poiché – argomentano dal Fmi – i costi ambientali spesso non si riflettono nei prezzi dei combustibili fossili, in particolare del carbone e del diesel. La nostra analisi mostra che lo scorso anno i consumatori non hanno pagato più di 5 trilioni di dollari di costi ambientali». Una stima peraltro conservativa, in quanto un recente studio pubblicato su Nature calcola quasi il doppio. Eliminare tutti i sussidi ai combustibili fossili porterebbe enormi vantaggi in termini di salute guadagnata (dal Fmi stimano -1,6 mln di morti l’anno a livello globale) e per il contrasto alla crisi climatica, oltre ad aumentare le entrate fiscali degli Stati per 4,4mila miliardi di dollari. Sarebbe anche un’operazione di equità fiscale: «Ridistribuirebbe il reddito – sottolineano dal Fmi – poiché i sussidi per i carburanti avvantaggiano più le famiglie ricche che quelle povere». Tagliare tali sussidi non rappresenta comunque una scelta facile da mettere in campo, per un motivo molto semplice: «Se i governi rimuovessero i sussidi espliciti e imponessero tasse correttive, i prezzi dei carburanti aumenterebbero». Questo sarebbe un segnale di prezzo certamente utile alla transizione ecologica, ma nell’immediato i costi per i cittadini aumenterebbero in modo sensibile, rendendo loa scelta socialmente e politicamente insostenibile. Che fare, dunque? «I governi – risponde il Fmi – devono progettare, comunicare e attuare le riforme in modo chiaro e attento come parte di un pacchetto politico globale che ne sottolinei i vantaggi. Una parte dell’aumento delle entrate dovrebbe essere utilizzata per compensare le famiglie vulnerabili per l’aumento dei prezzi dell’energia. Il resto potrebbe essere utilizzato per tagliare le tasse sul lavoro e sugli investimenti, e finanziare beni pubblici come l’istruzione, la sanità e l’energia pulita». Una recentissima ricerca pubblicata dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa aggiunge un importante tassello al dibattito, evidenziando come tutti i costi della transizione ecologica (stimati in circa 430 mld di euro l’anno nell’Ue) possano essere agevolmente finanziati migliorando la progressività fiscale. In particolare, aumentando – assai blandamente – le tasse solo sull’1% degli europei più ricchi e sulle multinazionali. All’interno di una complessiva riforma fiscale, da concretizzarsi nell’ottica di quella progressività fiscale iscritta peraltro nell’articolo 53 del
la Costituzione italiana, cancellare i sussidi alle fonti fossili permetterebbe dunque di liberare grandi risorse da redistribuire verso le fasce sociali meno abbienti. Uno sviluppo sostenibile dunque perfettamente bilanciato nel suo triplice aspetto ambientale, sociale ed economico. Da potersi attuare quando? «Con i prezzi globali dell’energia in calo e le emissioni in aumento – concludono dal Fmi – è il momento giusto per eliminare gradualmente i sussidi espliciti e impliciti ai combustibili fossili, per un pianeta più sano e sostenibile».

Commenti

Post popolari in questo blog

Nel 2017 il mondo ha perso un’area di foreste grande quanto l’Italia. L’indagine di Global forest watch

Un pericoloso salto all'indietro dell'agricoltura

La tavola di San Giuseppe