Elezioni regionali, l’abbaglio dei progressisti
di Umberto Berardo
Le elezioni regionali del Molise tenutesi il 25 e 26 giugno si sono chiuse con una vittoria
schiacciante del centrodestra.
Intanto la percentuale dei votanti si è fermata al 47,94% degli aventi diritto rispetto al 52,17% del
2018 con una contrazione del 4,23%.
L’astensionismo, pur considerando i tanti residenti all’estero iscritti all’AIRE, risulta
particolarmente alto nei piccoli centri soprattutto delle aree interne e questo credo debba far
riflettere molto sul disamoramento per la politica e l’attuale gestione amministrativa degli enti
locali.
A Duronia ad esempio ha votato il 18,47%, a Castelbottaccio il 17,26% e a San Biase addirittura
solo il 14,80%.
Il consenso ottenuto da Francesco Roberti è stato del 62,24% mentre Gravina si è fermato al
36,32% e Izzo al 1,44%.
La forbice del 25,92% tra i primi due è davvero pesante.
Un tale massiccio consenso ha permesso a Roberti di ottenere tredici consiglieri.
I voti in Consiglio Regionale saranno quattordici per la maggioranza e sette per la minoranza.
Siamo di fronte a un esito prevedibile e scontato per gli errori dell’area progressista in campagna
elettorale anche se non ci si attendeva una sconfitta di Gravina con dimensioni così pesanti.
Qualcuno ha parlato di illusioni, ma credo si sia trattato proprio di un abbaglio ovvero di una
serie di errori voluti e perciò colpevoli.
Da registrare il crollo del Movimento 5 Stelle che riesce a ottenere solo due consiglieri oltre
ovviamente a Gravina.
Una riflessione sull’esito catastrofico per i partiti del centrosinistra va fatta in particolare da chi in
campagna elettorale ha anteposto le logiche del potere ai diritti dei cittadini impedendo ogni forma
di rinnovamento nel modo di condurre il confronto politico e di gestire democraticamente la scelta
dei candidati.
Dopo i disastri creati dalle classi dirigenti molisane soprattutto nell’ultimo trentennio ciò che
francamente non si riesce a comprendere è un elettorato che non solo in maggioranza resta
astensionista, ma conferma ben tredici che già sedevano in Consiglio regionale con una
maggioranza che davvero nulla ha prodotto per dare ai molisani almeno i servizi fondamentali per
una qualità della vita decente spingendo tantissimi, soprattutto tra le nuove generazioni, sulla nuova
via di un’emigrazione senza ritorno.
L’elettorato molisano poi ripartisce generosamente consensi sulla base di un clientelismo che
distribuisce solo briciole senza la capacità di mettere in primo piano nella scelta il criterio più
importante che dovrebbe essere quello della preparazione e delle competenze dei candidati.
Taluni, sebbene inascoltati da quanti hanno preferito candidarsi nelle forze politiche costituite,
hanno cercato di delineare obiettivi, metodologie e strumenti per la costruzione di una vera
alternativa politica in regione.
L’idea era quella di un rinnovamento radicale della classe politica da affidare a soggetti
culturalmente preparati, onesti, competenti e disponibili a lavorare per costruire un progetto di
sviluppo per il Molise.
Gli stessi tentativi di un civismo apprezzabile ma alquanto ingenuo sono naufragati davanti alle
manovre palesi o nascoste da parte di soggetti che continuano a vedere unicamente i partiti come
delle consorterie funzionali agli interessi e al potere personale o di lobbies economiche e
finanziarie.
Raramente da noi il voto di opinione ha giocato un ruolo di cambiamento come in parte è
accaduto un po’ istintivamente ed illusoriamente nel 2018 con il risultato inatteso per il Movimento
5 Stelle; tuttavia la mancata ideologizzazione dell’elettorato non è solo ascrivibile, come ha
platealmente dichiarato qualcuno, ad aspetti familiari o a rapporti amicali.
Gli elementi che tolgono libertà nell’espressione del suffragio sono molto articolati e vanno
ricercati anzitutto nel clientelismo, nel familismo amorale, nella dipendenza neofeudale voluta e
ricercata non solo dai centri di potere ma dagli stessi cittadini, nel conflitto d’interesse sul quale
colpevolmente nessuna forza politica è mai intervenuta e in una legge elettorale mai cancellata che
presenta quorum talmente elevati da negare la possibilità di rappresentanza a piccole forze politiche
o a gruppi civici autonomi rispetto ai partiti tradizionali.
Da queste elezioni regionali il centrosinistra esce pesantemente sconfitto per diverse ragioni.
I partiti che lo compongono mancano di radicamento sul territorio e sono assolutamente lontani
dai bisogni dei cittadini con i quali non hanno più alcuna forma di dialogo reale in grado di
comprendere le istanze provenienti dalla base.
Il verticismo decisionale a ogni livello e quindi anche nella determinazione delle candidature
permane davvero intollerabile.
La campagna elettorale si è svolta su slogans magari allargati ma del tutto generici e talora
incomprensibili senza l’elaborazione di una progettualità razionale, concreta e soprattutto
riconoscibile da quel popolo della Sinistra che difficilmente riesce a capire anche la definizione di
area progressista.
Sui temi centrali riguardanti la vita dei cittadini gli elettori non hanno evidentemente colto nel
programma del centrosinistra risoluzioni credibili e concrete almeno sui problemi più urgenti della
popolazione quali i servizi per la tutela della salute, il lavoro, la viabilità, la cultura.
Molto vaghe nella campagna elettorale le indicazioni per l’organizzazione e lo sviluppo delle
attività economiche e per una difesa reale del territorio e dell’ambiente.
Poco o nulla davvero si è detto sulle vie per uscire dal fenomeno dello spopolamento e della
desertificazione delle aree interne pur avendo le associazioni e i comitati civici suggerito da anni
soluzioni a tali questioni quali una fiscalità di vantaggio, la riorganizzazione consortile dei servizi e
quella funzionale delle comunicazioni, della rete viaria e dei trasporti.
Gli elettori orientati a Sinistra non hanno certo dimenticato che molti candidati nel Partito
Democratico sono stati sostenitori e perfino assessori di quella giunta Frattura artefice di scelte,
omissioni ed errori imperdonabili così come non hanno perdonato al Movimento 5 Stelle l’assenza
di impegno concreto nella sanità pubblica quando avevano in Parlamento quattro esponenti e al
governo il Ministro della Salute.
Sicuramente il disastro culturale, economico, politico e sociale che viviamo è attribuibile per la
gran parte alle giunte di centrodestra, ma la cosiddetta area progressista non è esente da
responsabilità.
Ancora oggi di fronte alla situazione debitoria del Molise c’è chi continua a vantarsi per un
decreto sulla dilazione della restituzione che produrrà nuovo debito per interessi mentre nessuno
parla di un provvedimento assolutamente indispensabile per l’estinzione di quanto dovuto da una
regione che non riesce più a garantire neppure L.E.A. accettabili penalizzando soprattutto le fasce
più deboli della popolazione.
Una parte della società civile per fortuna durante la campagna elettorale non ha compiuto l’errore
di pensare che si potesse entrare in un dialogo subalterno con il campo progressista e di poter stare
in una coalizione con partiti che non sono più definibili omogenei con l’area politica della Sinistra
riconoscendosi ormai da tempo, sia pure con dei distinguo, nei principi e nelle strutture della società
neoliberista; perciò ha suggerito per tempo la costruzione di una lista autonoma che non doveva
necessariamente vincere le elezioni, ma almeno dare una reale rappresentanza in Consiglio
Regionale alle istanze soprattutto dei cittadini disagiati che in più occasioni hanno abbandonato i
partiti in crisi che votavano abitualmente dando il loro consenso elettorale addirittura alla destra
populista.
La situazione grave in cui versa il Molise non è attribuibile solo all’inefficienza della classe
dirigente, ma anche all’immaturità di una popolazione che si mostra incapace di prendere coscienza
dei problemi gravi che vive assumendo conseguentemente impegni di cittadinanza attiva per
giungere alla soluzione degli stessi non solo con la lotta sociale, ma anche con un forte attivismo
politico che oggi entrambi sembrano pressoché assenti.
Una politica che non cercherà di occuparsi realmente dei cittadini e della garanzia per loro dei
diritti fondamentali, specialmente per gli strati più poveri della popolazione, resterà cieca, incapace
e ingiusta.
Se la Sinistra non torna a delineare e proporre un’idea altra o, se preferite, diversa di società
rispetto a quella neoliberista che accentua sempre più discriminazioni e diseguaglianze, resterà
malata e vuota né riuscirà a recuperare i tanti consensi persi e soprattutto ad avere un ruolo politico
di rappresentanza per costruire una società fondata sulla giustizia sociale.
Un nuovo percorso può ricominciare solo a partire da un radicamento ai principi storici.
Il primo obiettivo che dovrebbe darsi allora è quello di operare per una democrazia vera ridando
libertà al voto, sganciandolo definitivamente dalle consorterie e dai feudi elettorali e legandolo
all’espressione dei propri principi e valori.
Per questo, se non vogliamo che continui a crescere la già elevata astensione dal voto, occorre
lavorare subito a un progetto di nuova legge elettorale nazionale e regionale che dia una forma
davvero democratica al sistema di rappresentanza e impegnarsi a eliminare il conflitto d’interesse.
Contestualmente bisogna radicarsi sul territorio incontrando i cittadini e le loro associazioni di
base per trovare soluzioni condivise alle loro tante necessità urgenti.
È del tutto indispensabile convincersi anche che i cambiamenti per giungere alla giustizia sociale
non si ottengono solo con l’azione legislativa e amministrativa, ma anche e soprattutto con
rivendicazioni pressanti affidate all’attivismo politico e alle lotte sociali insieme all’intera
popolazione che attualmente sembra davvero estranea a ogni forma di partecipazione reale nelle
decisioni che contano.
Infine questa area politica deve fissare con chiarezza finalità, obiettivi immediati e metodologie,
ma superare allo stesso tempo ogni forma di purismo ideologico o peggio ancora di settarismo e di
isolamento nel virtuale che rappresentano ostacoli insormontabili per il raggiungimento di ogni tipo
di sintesi che in politica occorre perseguire sempre nella ricerca del bene comune.
😥😫
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