Farfalla Molise

La coincidenza dell’uscita di questo numero con la campagna elettorale delle elezioni di metà giugno per il rinnovo del Consiglio regionale ci porta a sottolineare di nuovo la sacralità del territorio, oggetto sconosciuto dai più, soprattutto da chi si candida e vuole amministrare un Comune o una Regione. Una verità diffusa, che va oltre il Molise, e lo si può constatare attraversando territori di questo nostro ancora stupendo Paese. Le grandi pianure, i litorali e le campagne urbanizzate oltre ogni decenza, salvo quelle delle aree interne abbandonate. Valori e risorse di mille e mille territori soffocati da cemento ed asfalto, e, ultimamente, da giganteschi pali eolici e distese enormi di pannelli solari, che – serve ricordarlo - hanno bisogno di fossili e minerali pregiati per essere realizzati, e, domani, di territori e preziose energie per essere smaltiti. A pagare il prezzo più alto è il suolo – già maltrattato da un’agricoltura industrializzata, che ha come unico obiettivo, la quantità – una volta coperto con i generatori di energia eolica e solare, da strade e cemento armato e/o coperto e, come tale, nell’impossibilità di svolgere il compito primario, quello di dare cibo nel rispetto della natura. In modo permanente, nel caso del cemento armato, e, negli altri casi, per molti anni, visto il tempo necessario per rigenerarlo. In pratica un furto di futuro da parte di malfattori e di noi complici, distratti dalla pubblicità che ci rende consumatori silenziosi e, come tali, collaboratori di un sistema, il neoliberismo, che ha eletto a suo dio il denaro. Un sistema che ha, con l’attacco continuato alla natura, un solo obiettivo: azzerare la vita (la perdita della biodiversità lo sta a dimostrare) e rendere disabitato il pianeta. Hanno ragione i giovani a protestare e, così, sperare in quel domani sostenibile che il dio denaro vuole negare loro, anche quando lo fanno con metodi provocatori, che, però, servono per svegliare chi dorme e per scuotere i distratti e gli indifferenti. Soprattutto per dare a noi tutti la possibilità di aprire gli occhi e stappare bene le orecchie e, così, renderci conto delle violenze del sistema e dei rischi che corre l’umanità. Non solo un clima non curato e sempre più maltrattato, ma, anche, montagne di plastica, scioglimento dei ghiacciai, acidificazione dei mari, inquinamento delle falde freatiche, innalzamento delle temperatura, confusione delle stagioni, aridità, perdita della biodiversità. E, per completare il quadro, con gli sviluppi dell’intelligenza artificiale, le ultime novità riguardanti il cibo, che – lo vogliamo ancora una volta sottolineare – è un atto agricolo, cioè dell’attività che più di altre caratterizza un territorio. È l’eredità che viene lasciata a Greta e ai milioni di giovani che hanno seguito il suo esempio, a quelli che si dichiarano “ultima generazione”. Ed ecco che ci si lamenta dei monumenti sporcati da una vernice lavabile e non dei 180 più conflitti accesi nel mondo (non solo in Ucraina) con le bombe e le armi che distruggono territori immensi ed ammazzano milioni di bambini, donne e uomini, vittime innocenti. Come a voler significare, con un pizzico di ipocrisia, che sono i giovani a sbagliare e non un sistema che sta portando l’umanità nel baratro. Se questo succederà presto, l’attuale generazione, quella che dovrebbe costruire il domani e dare il testimone alla prossima, sarà maledettamente l’ultima. E noi tutti impotenti di fronte ai potenti che si divertono a cancellare la felicità, le speranze, i sogni e lo fanno con quel gusto sadico imposto dal dio denaro. La farfalla Molise è dentro questa riflessione e, per la delicatezza espressa dalle sue ali, la più esposta e la più a rischio di fronte a un sistema, il neoliberismo, che, per sua natura, è predatorio e distruttivo, privo del senso del limite e del finito. E lo è, ancor più, per i limiti di una classe politica che ha dimostrato, soprattutto in questi anni che hanno dato il via al terzo millennio, di non essere all’altezza dei compiti ad essa assegnati. A nostro parere per due fondamentali ragioni: un vuoto di democrazia, nel momento in cui è venuto meno il ruolo dell’opposizione e un vuoto di programmazione, che, per mancanza di sogni, idee e progetti, sta facendo rischiare alla farfalla l’impossibilità di volare. Non sarà facile - per i tanti che si ripresentano e che avranno la fortuna di tornare a sedersi in consiglio regionale - riaprire lo zuccherificio che è stato chiuso al pari degli ospedali; realizzare un centro malattie infettive a Larino; bloccare l’assedio di pali eolici e pannelli solari che loro hanno fatto avanzare; riparare le strade del Molise per frenare l’abbandono delle aree interne e avere, così, la possibilità di parlare di turismo: bloccare la cessione di altra acqua del Liscione alla Puglia; pensare e riparare – parlando di acqua – le condotte per un’acqua da bere nelle case e lo stato fallimentare dei Consorzi di Bonifica Di Larino e Termoli; pensare alla fuga dei giovani. In pratica, pensare allo sforzo che serve per mantenere in vita questa esile farfalla e dare ad essa la possibilità di volare, sapendo che, date le sue dimensioni e la sua fragilità, è possibile senza il bisogno di un’autostrada e di un aeroporto. --- pasqualedilena@gmail.com

Commenti

  1. da Raffaele Iannucci-
    Caro Pasquale,
    ho letto in rete l’edizione di giugno del periodico la Fonte che cordialmente ospita qualche mio intervento e che ha nella tua partecipazione il riferimento ai valori che il Molise ha nel suo ventre ma che dissennate amministrazioni stanno facendo abortire. Nelle tue motivate analisi ricordi ai lettori il significato dell’agricoltura , anima preziosa di una terra che non è stata connessa con le grandi trasformazioni dell’industrializzazione . L’unica pianta che è cresciuta è quella dei centri abitati che sono diventati in più località ambienti senz’anima e con un corpo nel quale il nuovo ha trattato il vecchio, cioè l’habitat esistente ,come residui che restano accatastati determinando uno spopolamento dei piccoli paesi e un’urbanizzazione farlocca di alcune località nelle quali è venuta a concentrarsi la maggioranza della popolazione della regione.Cosa fatta ( meglio sarebbe dire, malfatta )capo ha e bisogna auspicare un ravvedimento da parte non solo dei pubblici amministratori ma anche dei cittadini.
    Il recupero dell’habitat richiede volontà e determinazione affidate a competenze e a progetti che potrebbero apparire visionari ma ,come ci insegna Renzo Piano , sono come un trapianto di organi nel corpo malato.
    In questo scenario l’agricoltura è in fila presso uno sportello che purtroppo resta chiuso e , se si apre, lo fa solo con uno spiraglio. Mi riferisco allo sportello della transizione ambientale che , nella nostra regione non ha il blocco della irreversibilità ma una situazione di base che vede al centro proprio l’agricoltura che ha , nel suolo e nelle differenti aree, la matrice per far nascere la tipicità le specifiche colture, cioè gli elementi costitutivi di un’economia che risorge o meglio ancora torna a offrirci i doni di una terra che non è avara se viene trattata con amore, con devozione , scoprendola in una nuova gestazione.
    Caro Pasquale,
    sono argomenti che tu conosci meglio di me per una professione esercitata da te con approfondimenti culturali e con amore. Mi è piaciuto farti ricevere queste mie conversazioni scritte come faceva il nostro mezzadro quando ci portava il cesto con i fichi appena nati o mio nonno Peppino, farmacista, che ci faceva avere il barilotto dell’olio che l'uliveto di San Primiano offriva alla nostra famiglia.
    I miei non sono ricordi della nostalgia ma solo un raccordo con radici che non ho estirpato e che hanno avuto un ruolo fondamentale nel percorso della mia vita.
    L’agricoltura? Il suolo la genera come un nascituro nel ventre materno. E’ non solo una banale metafora ma il saluto che rivolgo alla mia terra natia affidandolo a un amico prezioso come Pasquale Di Lena.
    Mentre chiudo questa mail mi sono ricordato di una scritta a lettere cubitali che vedevo da ragazzo sulla parete di una casa contigua alla Chiesa del’Addolorata . Nasceva da una cultura che , crescendo, non ho mai condiviso :" E’ l'aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende”.
    Ora per fortuna abbiamo bisogno di ben altre spade, quelle della ricerca, della sperimentazione , della innovazione che rigenera. Il Molise chiede un risveglio e nell’alba uno spiraglio di luce arriva proprio dall’agricoltura.
    ,

    Raffaele


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  2. Grazie, non cancellare le radici, ricordare e osservare ciò che accade.

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