Come fermare l'Orologio dell'Apocalisse? (2a puntata)

di Piero Carelli
NESSUNO PAGA PER “LO SCEMPIO DI CIÒ CHE È PIÙ PREZIOSO SULLA NOSTRA TERRA”?................................................................ Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come l’ha trovato (papa Francesco)---------------------------------------------------------------------------------------->Il rischio di assolverli tutti------------------------------------------------------------------------ Dai “fatti” alle “responsabilità”: è possibile individuarle? Non esistono responsabilità individuali in democrazia perché le decisioni sono in ultima analisi votate dai parlamenti? Ma davvero nessuno è responsabile di averci condotto dentro la tragedia che stiamo vivendo? Nessuno è responsabile delle vittime innocenti sacrificate sull’altare di una causa politica? Nessuno è responsabile e quindi nessuno paga se non i popoli? Non corriamo, poi, il rischio di assolvere tutti i politici perché tutti sbandierano delle “buone ragioni”? Un dato è certo: in democrazia siamo noi cittadini elettori che abbiamo il potere di “giudicare” i politici da noi delegati, avendo a disposizione lo strumento del voto, perché siamo noi i detentori della sovranità. Ma sulla base di quali criteri giudicarli? E se giudicassimo, invece che le loro “buone ragioni”, i “risultati” delle loro decisioni? Proviamo. Buone le ragioni di Eltsin - portare la Russia nell’alveo dell’Occidente -, ma i risultati sono stati sconvolgenti: le sue “riforme” occidentali a tappe forzatamente accelerate hanno provocato un trauma che ha dato il via a un processo di involuzione autoritaria e di chiusura della Russia in se stessa. Buone, ancor prima, le ragioni di Gorbačëv - cogliere al volo il grido di libertà che proveniva dal mondo comunista in seguito alla caduta del Muro di Berlino e consentire ad ogni repubblica sovietica di scegliere liberamente il proprio destino -, ma il risultato è andato ben oltre le intenzioni stesse: tutto il mondo comunista (inclusa la ex Jugoslavia) è diventato un magma incandescente, un vulcano da cui sono esplosi nazionalismi incontrollabili. È questo vulcano che ha dato fuoco al terrorismo ceceno ed è stata la lotta contro tale terrorismo che ha dato corpo alla figura di un “uomo forte”, di un uomo capace di riportare, dopo un decennio del tutto caotico, ordine e stabilità e interpretare il desiderio di riscatto nazionale generato dalla perdita di un impero plurisecolare. Giù la maschera Buone le ragioni sbandierate da Mosca - ergersi a protettrice di popolazioni di etnia russa che subiscono angherie sotto i loro nuovi governi -, ma il risultato è stato un disegno neo-imperialista per attuare il quale Putin ha violato sistematicamente e spudoratamente il diritto internazionale: è grazie alle sue iniziative militari “umanitarie” (dall’Ossezia del Sud all’invasione dell’Ucraina) che Putin è riuscito a mettere le mani su territori - inclusa la Crimea - appartenenti a Stati sovrani. È lui, poi, il responsabile degli orrori commessi in un anno di aggressione al popolo ucraino. E, poi, non si sono sciolte come neve al sole le sue buone ragioni? Non è stata quanto meno inconsistente la causa umanitaria - la denazificazione del popolo ucraino - per l’invasione di un Paese libero? Non è stata, inoltre, del tutto strumentale la bandiera della protezione dei confratelli russi? Peccati di omissione imperdonabili Buone le ragioni dei consulenti di Eltsin, stregati com’erano dalle magnifiche virtù del neoliberismo, ma i risultati sono stati deleteri. Nobile l’intenzione americana di strappare le ex repubbliche sovietiche dalla dittatura russa per portarle nel cosiddetto mondo “libero” dell’Occidente, ma questo ha generato effetti nefasti, anche per la stessa Ucraina che si è trovata gravemente amputata e teatro di una guerra nel Donbass che si è trascinata dal 2014 a oggi. Buono il proposito della Nato di proteggere le ex repubbliche sovietiche dalla minaccia di Mosca, ma era prevedibile che l’“abbaiare” ai confini della Russia (per usare un’espressione efficace di papa Francesco) avrebbe provocato tensioni ingovernabili. E poi, se guardassimo sempre ai risultati, non dovremmo puntare il dito anche contro i tanti peccati di omissione di cui si sono macchiati gli occidentali? Forse che abbiamo dissuaso il presidente della Georgia, filo-americano, dal bombardare una regione che godeva da tempo di un’ampia autonomia? Non è da lì che ha avuto il suo decollo il disegno neo-imperialista di Putin? Abbiamo dissuaso il neo-presidente (l’uomo di Washington) eletto in seguito alla fuga/cacciata di Janukovič dall’introdurre una discriminazione linguistica ai danni della maggioranza russofona della Crimea? Abbiamo dissuaso il presidente Zelensky dal volere a tutti i costi l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, un Paese che i russi considerano la loro fonte spirituale e che Putin aveva lautamente finanziato per salvarlo dal default? L’Ucraina nella Ue, ma neutrale sotto il profilo delle alleanze militari, non avrebbe evitato la guerra? Gli scheletri nell’armadio degli occidentali Peccati veniali, i nostri, incomparabili con gli atti criminali di Putin? È vero. Noi occidentali abbiamo foraggiato un po’ tutti i movimenti di protesta anti-russi, irritando naturalmente il Cremlino, ma l’abbiamo fatto nell’ambito della legalità: non è legittimo per chi crede nelle libertà occidentali provare a staccare dei Paesi da un regime autoritario come quello di Mosca, tanto più venendo incontro al loro accorato appello? Tutto legittimo, ma è stato politicamente opportuno se guardiamo agli effetti? Abbiamo incoraggiato il movimento di Piazza Europa a giocare fino in fondo la carta della non violenza o, invece, abbiamo strizzato l’occhio alla Destra ultra-nazionalista pur di liquidare l’uomo di Mosca? E, inoltre, è proprio vero che noi occidentali non abbiamo mai violato il diritto internazionale? Non l’abbiamo violato quando la Nato ha deciso, senza alcuna autorizzazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, di bombardare uno Stato sovrano qual era la Serbia col pretesto di proteggere i kosovari albanesi perseguitati dai serbi? Ora, Putin non ha accampato analoghe cause umanitarie e non ha visto nell’aggressione alla Serbia un “precedente” delle sue iniziative? Non è stata quella la madre di tutte le guerre umanitarie non solo occidentali, ma anche dello stesso Putin? Noi occidentali siamo tutt’altro che immacolati e l’aggressione di Putin all’Ucraina è tutt’altro che unica: non hanno violato il diritto internazionale gli americani quando hanno sostenuto militarmente un Paese “aggressore” (Iraq) contro l’Iran in una guerra che ha provocato non meno di un milione di morti? Non l’hanno violato quando hanno “invaso” l’Iraq sulla base di un semplice sospetto? E non l’abbiamo violato noi europei quando abbiamo bombardato un Paese sovrano come la Libia? Gli scheletri nell’armadio li abbiamo anche noi: eccome! La sindrome da assedio Non è stato un errore dalle conseguenze catastrofiche la mutazione genetica della Nato? In questione non vi era alcun membro dell’Alleanza atlantica minacciato dalla Serbia. Non è stata, poi, una decisione quanto meno politicamente discutibile (se osserviamo i risultati) quella di non sciogliere la Nato in seguito all’auto-scioglimento del Patto di Varsavia, considerato che l’Alleanza atlantica era nata in funzione anti-sovietica? Non è stata l’espansione della Nato un incubo per Mosca che ha determinato quella che viene chiamata la “sindrome da assedio”, una sindrome che ha giocato un ruolo rilevante nelle tensioni tra Washington e Mosca dell’ultimo ventennio? Domande: è la guerra che ci interroga. Senza il disegno neo-imperialista di Mosca non ci sarebbe stato quanto è accaduto, ma quanto è accaduto sarebbe stato possibile senza i “pretesti” offerti a Putin su un piatto d’argento? Un’altra storia non si sarebbe scritta senza lo strappo alla linea di prudenza di Bush senior, senza l’ingenuità politica del presidente della Georgia, senza la discriminazione linguistica imposta in Crimea, senza la copertura di certe frange neo-naziste in Ucraina da parte di Zelensky (bande responsabili di episodi di inaudita ferocia)? E, lust but not least, non abbiamo anche noi, popolo “sovrano” una qualche corresponsabilità? Ci siamo davvero mobilitati per spingere i nostri politici da noi eletti a non rinviare all’infinito la soluzione dei problemi internazionali o ci siamo auto-espropriati della nostra sovranità dando ai nostri politici una delega in bianco o, magari, addirittura rifiutandoci di andare a votare? Distribuire le responsabilità non è un modo per assolvere tutti, ma al contrario, una scelta doverosa di uscire dalla trappola manichea (l’Impero del Bene da una parte e l’Impero del Male dall’altra) e riconoscere con onestà gli errori commessi, magari in buona fede, anche dall’Occidente, in primis dagli americani. Il treno La storia non è un treno che corre all’impazzata verso una direzione. Sul treno ci siamo noi. Noi che possiamo guidarlo in una o in un’altra direzione. Così un’altra storia sarebbe stata possibile senza la guerra. Troppi gli sbagli commessi, troppi i monologhi dei politici (mirati alla ricerca del consenso dell’opinione pubblica e, in ultima analisi, dell’elettorato) che hanno creato incomprensioni e diffidenze: è stata di sicuro la diffidenza che ha spinto la Nato a spingersi a Est, anche quando la Russia guardava con interesse all’Occidente e puntava perfino a far parte di organismi internazionali dell’Occidente (dalla Unione europea alla stessa Nato; è stata la diffidenza nei confronti delle reali intenzioni dell’Occidente, a partire dalla promessa tradita da Reagan a Gorbačëv e dal bombardamento della Serbia, che ha condotto Putin ad avventurarsi nelle spericolate iniziative “umanitarie” che hanno sconvolto l’Europa. La storia è il prodotto non solo delle decisioni, ma anche delle non decisioni, delle decisioni di rinviare la soluzione dei problemi, delle distrazioni politiche, della sottovalutazione dei rischi. Pure degli errori compiuti in buona fede. E quando si sbaglia, si paga. O, meglio, pagano i popoli. È accaduto anche con la guerra in Ucraina: problemi sottovalutati, tensioni non risolte, proposte (come quelle di Putin) inviate a Washington e alla Nato nel dicembre del 2021, lasciate nel cassetto. E così l’incendio è divampato. E così a pagare sono i popoli. (2 – continua)

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