La massoneria a Larino
Interessante incontro quello di ieri sera con il Dr. Berardo Mastrogiuseppe, sociologo che ha lavorato, sin dalla sua istituzione, al Sert di Larino, studioso di Max Weber, e, nel tempo libero, cercatore di documenti che, se sono originali, raccontano la storia. Fra i tanti di quelli trovati, come i pezzi della storia della Loggia massonica, “G. Mazzini” , di Larino, fondata nel 1920 da 13 persone, tutte riportate in un elenco che, con altri, unici per la stessa massoneria nazionale, il Grande Oriente d’Italia. Documenti che Mastrogiuseppe ha trovato nel retro della vecchia stufa in terracotta nella storica Farmacia Emilio Ricci, posta a un lato della villa comunale. Un incontro organizzato dalla Auser (Autogestione Servizi), un’associazione nata per volontà del sindacato dei pensionati della CGIL, che opera nel campo del volontariato al servizio delle persone anziane, che a Larino, presieduta da Daniela Caradonio, è molto attiva. Un incontro partecipato con la saletta del Bar “Ma Ma- Baker house” (parola inglese non dialettale) affollata di larinesi, attenti e curiosi insieme. Una lunga esposizione di fatti legati alla loggia massonica e di nomi, alcuni dei quali personalità di livello nazionale e internazionale. Professionisti, imprenditori e dirigenti, che sono tanta parte della storia di Larino. L’antica capitale dei Frentani che, dopo l’unità d’Italia e fino alla fine del secolo scorso, ha svolto un ruolo centrale nel Molise con il suo ospedale nel centro storico; il suo premiato pastificio Colagiovanni; il molino Battista; i 20 e più frantoi; il Tribunale, con la Corte d’Assise; le scuole con il suo Liceo classico prima e i due istituti, Geometri e Agrario, dopo; il Carcere; la Diocesi , il Seminario e altri importanti uffici, con l’agricoltura perno di uno sviluppo e, di essa, l’estesa olivicoltura e il suo paesaggio. Per non parlare, poi, di quell’iniziativa fantastica, l’energia elettrica, promossa e realizzata, in un solo anno dalla decisione, da una madre di 11 figli, Carolina Colagiovanni sposata Battista. Un’iniziativa che dà luce a Larino due anni prima di Napoli. La Casina Frentana, storico sodalizio, noto come il “circolo dei signori”, quale linea di demarcazione tra chi possedeva e aveva nelle mani la cultura, e chi nel paese era impegnato in attività artigianali e commerciali o la sera tornava dalla campagna che, allora, assicurava il pane e il companatico, diversamente dagli operai e i braccianti che i grandi proprietari terrieri e le piccole e grandi imprese sfruttavano. La Larino punto di riferimento di un vasto territorio, noto con il nome di Circondario, punto d’incontro, fine primavera, con la sua “Festa di san Pardo” quando i pastori accompagnavano i loro animali a vivere i fiorenti pascoli delle montagne molisane e abruzzesi, e, inizio autunno, con la sua grande “Fiera di Ottobre”, quando pastori e greggi scendevano per svernare nelle Puglie assolate. L’età mi dà la possibilità di dire che molti dei nomi citati da un bravissimo Berardo - non da oggi ha tutta la mia ammirazione per questo suo impegno di cercatore-ricercatore che onora Larino – sono parte dei miei ricordi per averli conosciuti quand’ero ragazzo. In particolare don Emilio, il farmacista che nella parte opposta all’entrata del suo esercizio, coltivava il suo minuto orto di erbe officinali per ricavarne medicine particolari. Un lavoro premiato con medaglia d’oro in una importante mostra internazionale che c’è stata a Genova agli inizi del secolo scorso. Naturale, in alcuni dei presenti, la riflessione con la Larino che ogni giorno perde di ruolo e d’immagine; vede, con tutti gli altri paesi del Molise, partire il suo futuro, i giovani; non si ribella alla svendita del suo territorio più prezioso - quello vocato all’agricoltura di qualità - al cemento e asfalto e, ultimamente, ai pannelli solari a terra e a un parco eolico; disconosce la sua identità, l’olivo con le sue tre varietà “Gentile”, “Salegna” e “San Pardo”, che la rendono la città per eccellenza della biodiversità olivicola. Una realtà che peserà sulle future generazioni, costrette, non a coltivare una terra fertile ma a vedere dove e come smaltire materiale ingombrante e, per di più, inquinante, e, anche, dove trovare un pezzo di pane. “Una terra fertile che ancora fa pensare a un bosco di oltre un secolo fa, che, una volta tagliato - come mi parlava , quando capitava di fare insieme un giro con la cinquecento, il massone antifascista, medico stimato, Don Beppe Battista – è diventato il granaio di Larino”. Quel “granaio” che rischia di scomparire per dare posto alla miseria della stupidità e malvagità del dio denaro. Quello che depreda e distrugge grazie a un semplice invito a consumare il solo tesoro che uno ha, il territorio. Un grazie a Berardo.
Pasquale Di Lena
Che dire Pasquale bel racconto di una importante iniziativa alcuni nomi mi affiorano alla memoria: Ricci, Battista,Colagiovanni dove abitavano noi? Il frantoio che ragazzetti ci vedeva correre per passare le fette di pane sotto al torchio, quell'odore ancora nelle narici!
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