un problema fondamentale: distinguere il vero e il falso.
Nicola Picchione commenta il mio articolo "I veri falsi", pubblicato tre giorni su questo bloge, e lo fa allegando la foto dello scimpanzè pensante. Una riflessione che merita di essere condivisa con voi lettori che avete la pazienza di leggere quello che pubblico.
Caro Pasquale, hai posto sul tuo blog un problema fondamenttale: distinguere il vero e il falso. Tu lo risolvi, riguardo a temi specifici e concreti, dando per scontati alcuni principi. Infatti è necessario partire dai principi per stabilire il vero e il falso, il giusto e l’ingiusto. Purtroppo sui principi non c’è accordo universale. I talebani muoiono per i loro principi che noi rifiutiamo; Hitler era certo che aveva un mandato divino per far emergere la razza migliore. Anche Putin forse è persuaso che svolge un ruolo giusto per il suo Paese. Dai principi adottati si giudicano le azioni. Hitler bombardava Londra uccidendo civili per raggiungere il suo “giusto” scopo; gli alleati distrussero Dresda in nome del loro scopo (far arrendere la Germania); Putin forse adotta la stessa strategia: distruggere le centrali elettriche e indurre col freddo il cedimento dell’Ucraina. Per gli uni e per gli altri, la morte di molti civili interessa poco. Ovviamente noi giudichiamo con i nostri principi che magari accomodiamo secondo la nostra fede (Putin è un criminale però gli USA e l’Occidente…).
Credo che i nostri principi derivino in buona parte dal cristianesimo. Anche quelli che riteniamo laici e figli dell’Illuminismo. La dignità dell’ultimo pari a quella del re, la condanna dello schiavismo, la solidarietà, l’avversione per la guerra ecc…Metto da parte le contraddizioni storiche della Chiesa. Penso (ovviamente da uomo della strada senza alcuna pretesa intellettualistica) che un limite del cristianesimo sia concentrare l’attenzione sul singolo più che sul molteplice: il rapporto uomo-uomo porta a trascurare il rapporto popolo-popolo che riguarda Cesare cioè la politica. Le conseguenze non sono trascurabili, ad esempio sul problema della migrazione che mi guardo bene dall’affrontare tanto mi sembra complesso e carico di contraddizioni. Voglio dire che se non possiamo avere dubbi nel condannare alcuni principi contrari ai nostri, dovremmo anche guardare alcuni limiti dei nostri principi soprattutto riguardo alla loro applicabilità nel mondo reale: questo mondo-questa società-queste possibilità.
Perché questa noiosa premessa? Ovviamente sono d’accordo con quanto tu scrivi: la critica al consumismo con le sue molteplici conseguenze; lo strabismo rispetto alle guerre con particolare attenzione verso alcune e distrazione verso le altre a seconda delle convenienze. Questo è un punto importante: quanto ci lasciamo guidare dalla ragione e quanto dal sentimento? Il punto, però, non è se dare ascolto alla ragione o al sentimento (due gambe necessarie per cercare di rimanere in piedi) ma sta nell’ ambiguità della parola sentimento. Molte parole della nostra lingua sono polisemiche: questo genera spesso incomprensioni. Sentimento è quello “buono” ma anche quello “cattivo” e non sempre sono nettamente separabili. Mi dirai che bisogna scegliere da che parte stare ed agire (e parlare, scrivere) di conseguenza. Scegliere è necessario ma senza rimanere nelle nuvole del sentimento: occorre scendere sulla terra e fare i conti con la realtà. Non solo, ma cercare anche di valutare senza dimenticare la storicità degli eventi. Condannare Cristoforo Colombo per aver scoperto l’America in nome del rispetto dei popoli oppure condannare Cesare come colonizzatore feroce e dittatore rischia di condannare la storia al totem dei sentimenti attuali (diversi da quelli di epoche passate). Gli esempi sono infiniti: ricordi Primavera silenziosa e la condanna degli antiparassitari? D’accordo ma non dimentichiamo i meriti del DDT con le zanzare e la malaria. Oppure: il capitalismo visto come origine di tanti mali ma non dimenticare le sue origini e i risultati iniziali. Credo che tutto ciò che è opera dell’uomo possa essere nocivo se portato alle estreme conseguenze. A cominciare dalla Scienza che tanto ci rende orgogliosi. Comunismo e capitalismo hanno mostrato i loro limiti soprattutto se applicati senza misura. Il realismo non è del sentimento ma della ragione e porta talvolta anche a relativizzare i principi per evitare danni peggiori. Ingoiare una medicina anche se è amara. In base ai principi dovremmo condannare la Turchia, la Cina, gli USA e tanto altro. Dove ci porterebbe? E’ vero quanto dici: tanta ipocrisia non aiuta a essere più buoni ma più cattivi tuttavia è la stessa realtà che non aiuta ed essa è una risultante storica che non si cambia all’improvviso. Un conto è stare- come sto ora io- al caldo davanti al PC e sentenziare col metro della morale un conto è decidere le sorti di una comunità.
Parlavo della morale cristiana (quella predicata da Gesù): è molto bella ma troppo teorica. Ama il prossimo tuo come te stesso: impossibile. Spiritosamente dico che l’amore per gli altri è inversamente proporzionale al quadrato della distanza; la stessa disgrazia mi coinvolge diversamente se riguarda me e casa mia oppure un amico oppure un paesano oppure un italiano o un cinese ecc…E’ nella natura umana che va accettata. Questa è la differenza tra teoria e realtà. Parliamo ogni giorno della guerra in Ucraina e quasi mai delle tante guerre africane con genocidi: non è bello ma è umano. Anche questo è l’uomo.
Ovviamente sottoscrivo ciò che hai scritto. Lo sai, sono per carattere provocatore. Per mia sfortuna sono anche relativista, non credo nei principi assoluti e nelle verità assolute. Tutto è soggetto ai tempi e ai luoghi. Se fossi nato islamico avrei qualche idea diversa. Senza andare lontano, mi porto dentro malgrado gli sforzi e i ragionamenti ancora qualche pregiudizio che mi ha inculcato la mia terra e l’educazione dei miei primi anni.
La tua battaglia è sacrosanta e ammirevole. Sono anche diventato piuttosto fatalista. Credo che si formi una corrente nella quale noi siamo trasportati come gocce d’acqua: possiamo anche andare controcorrente ma non riusciamo a modificarla. Come la frutta, i tempi debbono maturare. Anche le rivoluzioni servono a poco e generano spesso controrivoluzioni anche se gettano semi alcuni dei quali lentamente germogliano. Soprattutto falliscono se la società non è matura: esempi da Carlo Pisacane alla Russia staliniana.
Perché questo prolisso e noioso scritto? Perché mi pongo problemi e non trovo soluzioni prive di autocritica. Condannare Erdogan e spingerlo ancora più verso Russia e Cina? E lo stesso per l’Arabia? Condannare senz’altro il neoliberismo ma con quale proposta alternativa (e, soprattutto, fattibile)? Sino a che punto sono disposto a rinunciare a ciò che mi offre il consumismo (e lo dico non tanto per me, disposto a rinunciare a molto ma per chi è nato in questa società e crede che siano diritti anche il superfluo)? E così andando avanti con i miei interrogativi (per non parlare di uno fondamentale con tante domande e tante risposte non sempre concordanti: la migrazione che comunque andrà avanti in crescendo inevitabile e che cambierà l’aspetto dell’Europa).
Non ho il difetto dell’invidia ma se dovessi invidiare qualcuno sarebbe per chi ha una fede senza dubbi, religiosa o di altro tipo.
Forse, mi sto chiedendo, sto scrivendo solo per spirito polemico. Forse mi piace trastullarmi con i dubbi ma penso che essi servano per evidenziare i punti deboli delle idee e correggerli affinché esse non facciano una brutta fine. E’ lo stesso criterio che applico con chi la pensa diversamente da me: cercare in ogni caso di capire non per condividere ma per controbattere meglio.
Nicola
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