Riordinare il sistema educativo
di Umberto Berardo
Da poco si è chiuso in Italia un anno scolastico che per fortuna ha visto migliorare le condizioni del processo educativo dopo la pandemia con il ritorno alla scuola in presenza dopo i tantissimi mesi della didattica a distanza che ha reso davvero difficile l’apprendimento soprattutto per gli alunni privi di sussidi o di connessione per l’accesso alle lezioni on line.
La situazione del nostro sistema scolastico credo richieda la necessità di un suo adeguamento per innalzare il livello culturale dell’intera popolazione rendendo l’istruzione equa, democratica e universalistica.
Per ciò che riguarda i dati sulle abilità di lettura e comprensione e quelli sulle competenze in matematica siamo rispettivamente al settimo e all’undicesimo posto in Europa per la scuola primaria, ma le cose peggiorano nella scuola secondaria dove la percentuale di studenti con scarsi risultati in queste capacità raggiunge addirittura il 24% con punte del 60% in alcune regioni meridionali.
Perfino nell’uso delle lingue straniere i risultati sono alquanto insoddisfacenti.
Rispetto agli altri Paesi europei abbiamo oltretutto in Italia una bassa quota di diplomati ma soprattutto di laureati.
Tra gli Stati europei con il sistema scolastico più efficiente l’Italia non figura neppure tra i primi cinque mentre a livello mondiale saremmo al ventiquattresimo posto.
Le cause di una tale condizione dell’istruzione vanno addebitate ovviamente soprattutto alla marginalità degli investimenti nel campo della formazione.
Evidentemente dobbiamo allora riflettere su cosa non funziona adeguatamente nel nostro sistema educativo e su come renderlo più efficiente riorganizzando la durata dei cicli, l’offerta formativa, i contenuti educativi e la programmazione didattica.
Intanto una scuola è ottimale quando risulta equa e inclusiva evitando il più possibile disparità nelle condizioni di accesso e di frequenza ed eliminando assolutamente quella dispersione che spesso viene occultata dalle promozioni generalizzate e nel biennio delle superiori vede un tasso di abbandono del 13,5%.
Occorre allora investire saggiamente in una scuola pubblica efficiente e garantita a tutti come avviene ad esempio in Finlandia dove non esiste alcun sistema d’istruzione privato e dunque il governo è fortemente motivato a mantenere in quello statale un alto livello culturale dedicandovi il 12% del PIL contro il 4% dell’Italia.
Abbiamo quindi la necessità di avere un corpo docente altamente formato, specializzato e sistematicamente aggiornato cui chiedere un impegno di tipo frontale più accentuato e fortemente individualizzato ma anche adeguatamente retribuito.
Sostenere le scuole più svantaggiate e incentivare gli insegnati a lavorarvi di più può servire sicuramente a rendere il sistema scolastico più equo.
Esistono poi da noi problemi irrisolti che sono quelli della ristrutturazione dei cicli, della durata dell’anno scolastico, della redistribuzione delle vacanze e di nuove figure di personale educativo cui affidare le attività di sostegno e quelle aggiuntive all’interno e fuori del calendario scolastico.
Anzitutto abbiamo la necessità di avere docenti non solo con abilità specifiche di carattere disciplinare, ma con una preparazione molto accurata sul piano psicologico, pedagogico e didattico e impegnati sistematicamente in un aggiornamento in anni sabbatici a livello universitario.
Secondo molti pedagogisti occorre immaginare poi una struttura unitaria dell’istruzione di tipo generale unificando la scuola primaria e secondaria di primo grado con una ridefinizione dei programmi oggi troppo vasti e molto ripetitivi, una diversa organizzazione delle discipline, una differente articolazione del passaggio dall’apprendimento globale a quello disciplinare e una maggiore omogeneità metodologica.
In un tale ciclo di sette o otto anni dovrebbero essere previsti prima gli apprendimenti fondamentali
per passare poi agli approfondimenti con lo sviluppo delle capacità di problem solving, dell’attività di ricerca individuale e di gruppo, dello spirito d’iniziativa, dell’orientamento e della creatività.
Questo potrebbe comportare anche un anticipo a cinque anni dell’iscrizione alla formazione di base e una pianificazione meno rigida della scuola secondaria di secondo grado con un processo di orientamento alla prosecuzione degli studi in un percorso funzionale a rafforzare soprattutto le competenze linguistiche, logico-matematiche e critiche, ma utile a potenziare tutte le abilità personali.
Una tale svolta strutturale renderebbe a mio avviso il processo educativo più equo, inclusivo e qualitativamente elevato.
Finora su un tale progetto abbiamo avuto la contrarietà non solo di sindacati e partiti politici ma anche di buona parte della classe docente.
Al riguardo c’è solo da rilevare che una tale conformazione del ciclo della scuola obbligatoria a struttura unica è presente nel Belgio fiammingo, in Lettonia, Finlandia, Danimarca e Polonia ritenuti pressoché unanimemente tra gli Stati europei con il sistema d’istruzione più virtuoso e performante.
È del tutto evidente che un simile tipo di struttura educativa sarà davvero ottimale a condizione di avere una selezione molto accurata del personale con una sua retribuzione decisamente più dignitosa, una riorganizzazione dell’anno scolastico con vacanze più articolate e meno lunghe in estate, il rafforzamento dello studio delle lingue straniere e delle attività logico-matematiche fin dalla scuola di base, una strutturazione più flessibile in moduli dei piani di studio nella secondaria, un potenziamento delle attività di recupero e sostegno in centri di assistenza anche pomeridiani presso le singole comunità, la creazione di una scuola dell’infanzia resa obbligatoria che preceda quella primaria e alterni momenti ludici e di apprendimento di base, un’istruzione universitaria libera nelle iscrizioni a qualsiasi facoltà e completamente gratuita per i frequentanti in corso con gli esami, l’organizzazione di un sistema d’istruzione permanente per l’aggiornamento degli adulti.
Dovrebbe essere chiaro ancora che sul piano dell’istruzione non può più reggere un metodo d’insegnamento unicamente basato sulla lezione unidirezionale, ma occorre orientarsi su forme più articolate e sostenibili quali ad esempio quella di uno studio ragionato e aperto di regole, sistemi di pensiero, eventi e contenuti per guidare all’autonoma conquista di strategie nel problem solving o l’altra, definita “smart education”, sicuramente più vicine a studenti che certo utilizzano i libri, ma conducono anche ricerche su documenti in formato digitale.
Un metodo innovativo è anche quello che mette al centro la cooperazione piuttosto che la competizione generata quest’ultima soprattutto dall’antiquato sistema delle valutazioni degli allievi.
Il mio sogno a livello pedagogico e didattico è che la scuola diventi un centro di aggregazione sempre aperto non solo per gli studenti ma con strumenti e attività di formazione rivolti all’intera collettività.
La cosa che francamente mi auguro è che i venti miliardi destinati nel PNRR all’istruzione, che per la verità non sono poi molti, vengano indirizzati il più possibile nella direzione che ho indicato in queste proposte di riorganizzazione del sistema scolastico italiano e nella rete delle infrastrutture e dei servizi relativi dovendo necessariamente convincerci che i finanziamenti per la scuola non tolgono soldi al PIL, ma lo potenziano con la creazione di nuove e importanti figure professionali che, immesse nel processo produttivo, generano sicuramente maggiore ricchezza.
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