Larinum in due ricerche di dottorato

di Elisa Zentilini e Clara Stevanato Università Ca’ Foscari di Venezia
Il 12 dicembre mentre cercavo documentazione sulla città Larino, digitando nella stringa di ricerca di google “Larinum tesi di laurea” mi è capitato di finire nel portale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ove ho trovato due tesi di dottorato: Elisa Zentilini Larinum: sviluppo, produzioni e commerci di una città romana sulle sponde dell’adriatico Università Ca’ Foscari, Venezia 2017 http://dspace.unive.it/handle/10579/10352 - Clara Stevanato Senatori e memoria nell’epigrafia funeraria dell’Italia romana (I secolo a.C. – III secolo d.C.) Università Ca’ Foscari, Venezia 2019 Larinum pag: 64, 66, 70, 84, 85, 189, 444, XII. http://dspace.unive.it/handle/10579/14974 La tesi di dottorato di Elisa Zentilini mi ha incuriosito perché leggendo il suo curriculum vitae mi ha lasciato di che pensare, “Come mai una persona che è residente in provincia di Brescia che studia all’Università Ca’ Foscari di Venezia ha pensato di fare una ricerca riguardante Larinum?” Ci ho pensato un po’ prima di scriverle una mail anche perché un pensiero si affacciava nella mia mente, “Cosa penserà di me se le scrivo?” Come mi presento? Superai questo mio pensar, nel senso che avrebbe potuto anche non rispondere alla mia mail. Nella mail che le scrissi, spiegai come giunsi alla sua tesi di dottorato, dopodiché dopo una mia presentazione, origini larinesi, attività lavorativa nella Biblioteca Comunale di Pioltello (MI), interessato alla storia locale, passai alla richiesta con la seguente modalità: “La mia domanda o curiosità se posso permettermi: Qual’ è la motivazione che l’ha spinta ad approfondire la storia di Larino? C’è un rapporto tra lei e Larino? Un suggerimento dei docenti? Citazioni di Larino in altri testi e documenti che hanno interessato i suoi studi?” Ebbene alla riapertura della mia posta elettronica dopo mezz’ora trovai la risposta di Elisa alla mia curiosità: “La tesi nasce su consiglio dei miei professori, poi mi sono appassionata alla storia del suo paese”. Come si può notare dalle domande che le ho rivolto il suggerimento dei docenti era presente. Riporto alcuni passi della tesi di dottorando di Elisa Zentilini in quanto è importante comprendere le difficoltà che ha incontrato nello svolgimento della sua ricerca, come la passione le ha fatto superare i momenti di scoraggiamento e concludere una ricerca molto approfondita, in relazione all’argomento trattato, con una documentazione non indifferente. “Questo lavoro si propone dunque di riempire un vuoto di documentazione privilegiando un approccio di analisi incentrato sullo studio della ceramica “sulle piccole cose”, come dice Giannichedda, che possono offrire dati fondamentali per le datazioni le interpretazioni delle stratigrafie e per capire gli aspetti materiali e spirituali del mondo che le ha prodotte. Si entra, quindi, nella realtà di uomini e donne del passato, cercando di comprenderne i rapporti socio-economici. Dopo avere scelto, insieme alla Soprintendenza, i contesti da indagare (un’area del foro, un quar-tiere abitativo, l’anfiteatro e la necropoli, così da avere informazioni su diverse tipologie insediative) mi sono cimentata nello “scavo di magazzino” per trovare i reperti collegati agli scavi. L’impresa non è sempre stata facile: a volte mancava la documentazione e il passare degli anni aveva inevi-tabilmente portato alla degradazione di cartellini e sacchetti, causando la perdita di alcuni dati. La ceramica degli scavi dell’Anfiteatro e dell’Asilo, in particolare, doveva ancora essere lavata: ho svolto quest’attività nel parco archeologico dell’anfiteatro, all’ombra degli ulivi e al canto delle cicale che diveniva, in taluni momenti, assordante. Ritengo che non ci sia modo migliore di questo per approcciarsi allo studio dei materiali poiché, solo così, si manipolano e si osservano nel dettaglio. Ci sono stati anche momenti scoraggianti, le casse sembrava non finissero mai e, avendo a disposizione solo uno spazio aperto, ero in balia degli agenti atmosferici. Ogni tanto qualche visitatore dell’Anfiteatro si avvicinava circospetto al mio tavolo per chiedermi cosa stessi facendo. L’interesse che suscitava il mio lavoro e la visione dei cocci messi ad asciu-gare mi confortavano nei momenti di demoralizzazione11 che, credo, possano esistere in ogni la-voro. Esaurito il lavaggio dei cocci, questi sono stati tutti catalogati e divisi per classi ceramiche. Successivamente sono stati contati e fotografati. Gli esemplari considerati diagnostici sono stati, infine, disegnati”. In definitiva una ricerca che rivolgo all’attenzione dei larinesi desiderosi di scoprire le proprie origini attraverso la storia passata per comprendere il presente e progettare il futuro. In questo senso non è possibile lasciare i reperti archeologici abbandonati in casse a prendere polvere ma vanno resi, dopo opportuni trattamenti, fruibili in luoghi idonei, perché essi ci parlano, ci raccontano chi siamo, come eravamo, da dove veniamo, tradizioni, cultura, costumi, ci indicano la via per la comprensione del presente e la progettazione del futuro. A riguardo Tra il 1987 e il 1992 lo studio di architettura Antonicelli/Zaniboni di Milano doveva occuparsi di un progetto per l’allestimento del Museo Archeologico Nazionale Frentano con il riuso dell’ottocentesca Villa Zappone e la costruzione di nuovi edifici di servizio. E' stato realizzato il solo restauro dell’Anfiteatro. Committente Soprintendenza Archeologica e per i B.A.A.A.S. del Molise. https://www.antonicellizaniboni.com/progetto/anfiteatro-romano/ La seconda tesi di dottorando di Clara Stevanato a pag. 84-85 analizza il ritrovamento in via Raone di una lastra (incastonata dietro il campanile della cattedrale nella parte sinistra) facente parte di un monumento funerario che riproduce la scritta Didiae Barbi f(iliae) / Decumae / Oppianica et Bil/liena matri fec(erunt). Epigrafe descritta anche da Napoleone Stelluti a pag. 105, 106 e 363 nel suo libro “Epigrafi di Larino e della Bassa Frentana. 1 Repertorio, Campobasso 1997” Si tratta di un monumento sepolcrale dedicato alla madre Didia dalle due sue figlie. D’Ambrosio Nicola

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