Una beatitudine di vita dall’innaturale tristezza di un Natale anomalo
di Vincenzo Di Sabato
In quest’ultimo scorcio del 2020, sperimentiamo incredibilmente la “beatitudo” della gioia, attraverso l’innaturale tristezza natalizia, alitando atmosfere romantiche a Guardialfiera, pur senza il suo Presepe Vivente alla 34^ figurazione e senza cianfrusaglie.
Natale agli arresti domiciliari! Tempo di ineludibile smarrimento, ma favorevole a farci scoprire il silenzio, ovattato nella muta Parola Divina, stillata dal cielo e scrosciata sulla Terra; un silenzio magico per scandagliare e degustare la purità della concreta venuta di Cristo.
Valicando epidemie e pandemie, Gesù torna a nascere nei cuori, distanziato dai negoziatori diplomatici e dalle conferenze stampa. Torna a rafforzare il Natale nel suo valore autentico, se appena ricordiamo a noi stessi cos’è Natale, svuotato di consumismo fatuo e di retorica sentimentale. Torna tra una folla di umili, di modeste speranze, per mettere a punto il mistero del vivere, che non è un indovinello, né un gioco d’azzardo organizzato dall’onnipotenza umana. Il Bambinello viene in ogni presepe a darci delle conferme e a proiettarci in avanti, a inquietarci di dinamismo nuovo, a cercare la sapienza, a mobilitare speranze operose.
E seppur il Covid ha imprigionato per questo anno il Presepe di “Piedicastello”, Cristo viene a scarcerare una certa fede imprigionata. Non c’è troppa frenesia qui. Si annusa in giro un’assillante cantilena di lagnanze e di futili paure, che potrebbero essere sconfitte da una moltiplicazione di gesti e di dolci operosità.
Né mancherà l’arrivo di Babbo Natale; sfiderà l’intimidazione dei contagi. Me l’ha garantito Fabrizio, il mio nipotino. “E’ immunizzato, ha fatto il vaccino anticovid, l’ho sentito dal Telegiornale!” Anche questo irresistibile desiderio di felicità deflagrato dal candore dei fanciulli, ci fa gridare <vieni!> ad alleggerire il peso che ci schiaccia e a rendere quest’ora della vita, in un momento di ritrovata gioia.
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