Un grande imbroglio, la Pac di De Castro & Co.
di Famiano Crucianelli
Un grande imbroglio, questo si è consumato nelle aule del
Parlamento europeo. Nel silenzio e
nell’ignoranza dei cittadini europei le corporazioni e le lobbi dell’industria
dell’agro alimentare stanno per mettere le mani ancora una volta su 360
miliardi di euro in sette anni, ovvero più del 35% delle risorse spese dall’Unione Europea.
Questa è la nuova politica agricola europea ( PAC) nelle settimane passate
discussa e approvata a Bruxelles. Ieri
questa era un’appropriazione privata di un bene pubblico, grave perché
rappresentava una iniqua distribuzione delle risorse finanziarie nel mondo
agricolo. Grave perché questi finanziamenti andavano a sostenere un’agricoltura
chimica, gli allevamenti intensivi e le monoculture. Ieri era un errore grave,
oggi nella reiterazione è divenuto un
errore diabolico.
L’ex ministro, nonché europarlamentare De Castro sostiene per
legittimare questa nuova politica agricola comune (PAC) che la preoccupazione
del legislatore europeo è stata ancora una volta quella di sostenere il reddito
dei contadini, in coerenza con lo spirito dei trattati di Roma del 1957.
Di quali contadini De Castro parla, a chi si riferisce, a chi
vanno questi miliardi e miliardi di euro
che la comunità europea stanzia per il mondo contadino ? Non a quei milioni di
piccoli e medi contadini che producono gran parte del cibo che finisce sulle
nostre tavole, che garantiscono la diversificazione e la biodiversità delle
nostre coltivazioni. Non a quelle centinaia e centinaia di migliaia di piccole
aziende che nel corso degli anni hanno chiuso. Nè a quel mondo contadino che
abitava e viveva nelle zone interne del paese, il 17% dell’intero territorio
nazionale. Aree interne che sono state abbandonate, paesi e paesi ormai
desolatamente senza popolo e senza contadini. In realtà il nostro De Castro si
riferisce a quel 20% di grandi proprietari terrieri che si appropria da sempre dell’80% delle risorse stanziate per l’agricoltura
dall’Europa.
Tutte le persone di buon senso e senza particolari conflitti di interesse
hanno salutato con grande favore le proposte venute dalla Commissione europea,
quando si è parlato di “Green New Deal”,o quando la numero uno a Bruxelles , la
Ursula von der Leyen con il documento “ from farm to fork” ha affermato che in
Europa la superficie agricola coltivabile biologica deve triplicare sino ad
arrivare al 25%, che il 10% delle coltivazioni agricole deve essere destinato
alla biodiversità e che bisogna ridurre del 50% l’uso dei pesticidi. Tutte
affermazioni che ci hanno fatto sperare in una nuova consapevolezza nei sacrari
del potere europeo sulla necessità inderogabile di una nuova e sostenibile
politica nella produzione agricola. Finalmente, abbiamo pensato, si riconosce la centralità
dell’agricoltura in tutti i grandi cicli che regolano l’equilibrio ecologico
del pianeta dal ciclo dell’azoto a quello del fosforo, dal ciclo dell’acqua a
quello del carbonio. Oggi alla luce dei fatti dobbiamo riconoscere di essere
stati ingenui e di aver sottovalutato la potenza delle lobbi dell’agro –
industria e la sudditanza del potere politico ed istituzionale al potere
economico - finanziario. Nel Parlamento Europeo i vertici dei socialisti, dei
popolari, dei liberali hanno deciso di affossare il Green new deal in
agricoltura e le idee innovative della Von der Leyen. Hanno bocciato gli
emendamenti della Commissione Ambiente del Parlamento che chiedevano il taglio
dei sussidi agli allevamenti intensivi e misure di sostegno alla qualità degli
ecosistemi. Hanno approvato norme equivoche che ,come è accaduto nel
recente passato e come ha dichiarato la
stessa Corte dei Conti europei, non hanno avuto e non hanno alcun effetto positivo sugli squilibri
ambientali. In questa opera di demolizione della strategia ambientalista ancora
una volta si è distinta la nostra ministra dell’Agricoltura Bellanova. Il suo
comunicato di commento al testo sulla nuova
PAC ha almeno il merito della chiarezza : il 20% dice la Ministra (non il 30% come afferma De Castro), delle
risorse destinate al sostegno di scelte ambientaliste della nuova PAC può essere anche utilizzato in attività
squisitamente economiche; le flessibilità nazionali debbono essere utilizzate
per ridurre le rigidità ecologiche della Commissione. Parole e intenzioni chiarissime: sotto la retorica
della sostenibilità si ripropongono le politiche di sempre che sono all’origine
degli squilibri ambientali, della crisi climatica e delle iniquità nel mondo
dell’agricoltura. Abbiamo perso la prima battaglia di un contenzioso politico –
istituzionale che sarà ancora lungo. Il testo del Parlamento europeo dovrà
essere discusso e vagliato per diversi mesi da un “ trilogo” formato dai Governi
nazionali, dalla Commissione e dallo
stesso Parlamento europeo. Vi è quindi il tempo e anche le forze per riprendere
un percorso ecologicamente virtuoso. Vi è in Europa una moltitudine di organizzazioni della società civile che
insieme a grandi associazioni come Slow food, WWF, Greanpeace hanno espresso il loro radicale dissenso. Vi è
il 38% dei deputati europei che ha rifiutato il dictat dei vertici dei grandi
partiti. Infine lo stesso vicepresidente della Commissione Timmermans ha
dichiarato tutta la sua delusione per le scelte del Parlamento europeo ed è
pronto a bloccare lo stesso documento PAC.
La partita è ancora aperta e come si affermava nel Maggio del 68
francese “ Ce n’est qu’un début, continuos le combat”.
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