Tecnologia e società digitale
Da anni ormai i progressi della tecnologia hanno cambiato e addirittura sconvolto per tanti aspetti il nostro modo di vivere.
L'informazione,
la cultura, l'economia, la comunicazione e tanti altri aspetti della vita
sembrano uscire dalla comunità reale per viaggiare in quella società digitale dove
sempre più persone sentono la loro esistenza iperconnessa a un mondo che poi
finisce per essere limitato a quello che ci rappresentano grandi imprese, anche
difficilmente controllabili, quali sono ad esempio Google, Facebook, Twitter,
Instagram, Amazon e altre ancora.
Tale
mondo ci sta allontanando sempre più dalle modalità esistenziali nelle quali ci
riconoscevamo fino all'avvento del
computer e del web.
Le
nuove tecnologie offrono sistemi veloci d'interazione, nuove modalità di
fruizione dei servizi e forme innovative di partecipazione alla vita politica e
sociale in particolar modo per persone diversamente abili che in tal modo
possono liberarsi dalla solitudine e dall'isolamento.
Usiamo
la rete telematica per informarci, per esprimerci, per comunicare, per
relazionarci, per fare acquisti di natura finanziaria o commerciale e pensiamo persino,
con le attuali condizioni, di utilizzarla come strumento di attuazione della
democrazia diretta.
Questa
rivoluzione, che oggi sembra avere una nuova frontiera nei collegamenti in 5G, va
a nostro avviso analizzata con grande cautela per individuarne gli aspetti
positivi, costituiti dal miglioramento nell'uso dello spettro radio-elettrico, ma
anche taluni limiti come l'aumento dei rischi per la privacy, la salute e forme
di colonizzazione geo-politica.
Intanto
nella società digitale vanno considerati effetti importanti di ordine
antropologico.
Nonostante
la convinzione generalizzata è difficile mantenere la libertà personale
rispetto al sistema delle connessioni e alla monopolizzazione del flusso di
dati e informazioni sempre più concentrati negli algoritmi definiti da
pochissime società.
È
molto alto il pericolo che i nostri comportamenti non siano più frutto di
regole, costumi ed usanze democraticamente accettate, ma magari di reality e
talent show che cercano di omologare il modo di agire assopendo lo spirito
critico.
Il
rischio è quello di assolutizzare determinati punti di vista con fake news o
con un bombardamento continuo e ripetitivo di affermazioni a loro sostegno.
Tutto
questo, in una sorta di logica del pensiero unico, favorito anche da profili
anonimi, manifestazione di un'anomalia della libertà espressiva ma anche della
responsabilità personale, genera intolleranza e contrapposizioni sostenute da
un linguaggio in cui dilaga il turpiloquio e la mancanza di rispetto per le
idee altrui.
La
limitazione del proprio pensiero può avvenire anche dall'ossessiva ricerca di
relazione unicamente con quanti condividono le stesse nostre convinzioni.
Soprattutto
agli studenti andrebbe ricordato poi di rifuggire dalle ricerche e dalle
consultazioni veloci, ma anche dalla tecnica del "copia e incolla" perché in tal modo si rischia di atrofizzare
le abilità di ragionamento, di elaborazione e di approfondimento rinunciando al
confronto e allo spirito critico.
Il
pericolo di stravolgere i dati o travisare la realtà diventa in tal modo sempre
più concreto e pericoloso perché si pretende di presentare per verità ciò che è
soltanto un convincimento.
Quale
cognizione abbiamo ad esempio sulla metodologia operativa posta in essere nei
sondaggi o sulle tecniche adoperate dalla pubblicità per omologare le scelte
nella direzione utilitaristica voluta?
Esiste
ancora sul web una mancanza di protezione dei dati personali che ci espone
sempre più ad una rinuncia alla privacy.
Pur
difendendosi con le password e il blocco di messaggi indesiderati, siamo in
ogni caso soggetti a intromissioni indesiderate sulle nostre mail o sui profili
nei social.
È
legittimo chiedersi allora, come già fanno molti esperti, se siamo noi a servici della tecnologia o non
sono le grandi lobbies ad usarci attraverso di essa senza rispetto alcuno per
la nostra libertà.
Rendere
libero il web significa anzitutto dargli sicurezza, impedirne il controllo a
pochi gruppi e allargarne una regolamentazione che oggi è molto contenuta.
Un
pericolo gravissimo è costituito anche dalla violenza incontrollata che
attraversa in vario modo la rete internet e dalla quale occorre difendere
soprattutto i bambini.
Molti
sono convinti che il web possa essere lo strumento o il veicolo della
democrazia diretta.
In
Italia soprattutto il M5S ha costruito la cosiddetta "piattaforma
Rousseau" che continua, anche se con modalità alquanto affievolite ed
ultimamente smorzate, a presentare come il congegno tecnologico che dovrebbe
diminuire la delega e allargare la democrazia partecipata.
Spesso
si ricorre a tali sistemi di consultazione della base dando la sensazione di
una costante relazione con gli iscritti.
In
realtà, come abbiamo già sostenuto più di una volta, senza la certificazione
del voto da parte di una società terza e un controllo pubblico, in una
piattaforma come la "Rousseau" nessuno può garantire che non ci siano
manipolazioni nei risultati.
Oltretutto
per assicurare un'espressione autenticamente democratica del pensiero dei
cittadini su questioni di ordine sociale e politico è indispensabile rendere il
voto sempre più allargato, libero, informato e soprattutto non controllato.
Questo
non può assolutamente realizzarsi con quesiti talora capziosi e attraverso
piattaforme private non controllabili sul piano dello scrutinio dei risultati
delle votazioni on line.
Sono
sistemi adatti a fondare forme di tecnocrazia, ma di certo non utili a
garantire processi di autentica democrazia.
Lo
stesso telelavoro da casa o la didattica a distanza possono avere un senso in
un periodo di pandemia come quello che stiamo vivendo, ma devono essere
valutati nei tanti aspetti problematici di natura psicologica, pedagogica, sociologica
e relazionale.
Non
possiamo certo rinunciare alla rivoluzione digitale perché sicuramente ci
garantisce strumenti efficaci per la comunicazione, ma occorre servirsene
ricordando di non confonderla con gli elementi della vita reale nella quale
abbiamo ancora le radici profonde ed essenziali della nostra esistenza.
La
tecnologia non è mai neutra e, se abbiamo la possibilità di delegare ad essa risoluzioni
algoritmiche perché calcolabili, non possiamo fare la stessa cosa per scelte di
carattere umano che richiedono riflessione, confronto, giudizio e saggezza.
Per
tale ragione ogni innovazione non va utilizzata acriticamente, ma governata,
regolamentata e orientata perché sia sempre indirizzata al rispetto della
dignità della persona e al bene dell’umanità che pensiamo non possa
corrispondere, come molti vorrebbero, al consumismo sfrenato e alla ricerca del
superfluo.
Occorre
allora una profonda educazione all'utilizzo delle nuove tecnologie e del web
che impedisca l'omologazione del pensiero e conservi alla nostra mente
soprattutto la libertà, la creatività, la forza elaborativa e l'interazione
critica nei confronti della molteplicità dei dati, delle notizie e delle
opinioni che ci giungono attraverso i complessi canali informativi.
Gli
stessi sistemi d'intelligenza artificiale hanno la necessità etica e politica
di essere indirizzati al benessere comune di tutti gli individui e della
società, alla distribuzione equa di costi e benefici evitando in ogni caso
alterazioni manipolative dell'identità dell'essere umano.
Se,
come sostiene la psicanalisi, oggi molti giovani attraversano stati di alienazione
che impediscono sempre più la distinzione tra il bene e il male, è il processo educativo
che deve superare stati di rischio con un dialogo funzionale alla
determinazione di chiarimenti cognitivi capaci di evitare il plagio o il
conformismo asettici e acritici e di orientare la consapevolezza sui criteri
esistenziali più adeguati in grado d'impedire che la tecnica imponga stili di
vita discutibili o peggio pericolosi al punto da determinare la stessa fine
dell'umanesimo.
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