PAC: Vincenzo Vizioli di AIAB scrive agli europarlamentari italiani.

Ho ritenuto necessario l'inserimento sul blog di questa dichiarazione di un dirigente dell'Associazione (Aiab), alla quale mi onoro di appartenere, non solo perché lo condivido in ogni parola, ma soprattutto perché fa capire le ragioni delle difficoltà dell'agricoltura italiana, alcune vengono da lontano, ma altre sono derivazione dell'adesione al neoliberismo di quella parte politica, ancora chiamata "sinistra", e dell'intero schieramento delle rappresentanze del mondo contadino, le organizzazioni professionali. 

Dimostra anche la scarsa rappresentanza del Ministero dell'Agricoltura e di chi lo rappresenta. 

La Pac, cioè la politica agricola comune che impegna il 39% del bilancio dell'Unione europea, è, come si può leggere nelle mani di chi non vuole cambiare, proprio nel momento in cui ce n'è estremo bisogno, non solo per salvare quel poco che resta del settore - oggi più che mai primario - ma per la salvaguardia del territorio, la fertilità del suolo, i cambiamenti climatici, la biodiversità, la sostenibilità e altro, tant'altro ancora.

Il Covid a questi signori non ha insegnato nulla, visto che per loro vale ancora la normalità, non sapendo o facendo finta di non sapere, che essa è persa e per sempre. Cambiare è un obbligo, oltre che una urgente necessità. (PDL)


sede della Commissione agricoltura
Nessuna visione sul futuro, nessun ascolto dei cittadini. Solo la soddisfazione delle lobby. Sono Vincenzo Vizioli del direttivo di AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica) e presidente della FIRAB (Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica), associazioni che aderiscono alla Coalizione #CambiamoAgricoltura, che più volte vi ha scritto contattato, cercato, senza ottenere nessuna risposta. Vi scrivo per esprimere tutto il mio rammarico e rabbia per il risultato della votazione sulla nuova PAC, a cui i Parlamentari italiani hanno dato supporto anche per la pressione esercitata dal Governo. Quest’ultimo, tramite la Ministra Bellanova, ha sempre espresso posizioni di retroguardia sul Farm to Fork, rimanendo anche uno dei pochi Paesi che non ha avuto la capacità di scrivere il Piano strategico Nazionale. Non avendo idee su come utilizzare i fondi europei si è fatta dettare le posizioni dalle Associazioni di Categoria che se prima avevano la lungimiranza di guardare fino ai loro piedi, oggi si volgono a guardare il tacco delle loro scarpe. Con loro a guardare indietro c’è anche il Governo italiano. Questa riforma come tutte le precedenti, parte da documenti di ampio respiro con aperture al cambiamento, l’attenzione alla sostenibilità del modello agricolo e l’esigenza di contrastare i cambiamenti climatici, per poi cancellare tutto impegnando quasi il 32% del bilancio dell’UE per non cambiare nulla. Qui però la cosa è oltremodo più grave perché tutta la discussione era partita da una consultazione dei cittadini europei che avevano risposto in massa e, cosa nuova, con una partecipazione significativa dell’Italia che si posizionava numericamente dopo la Germania e quasi al pari della Francia. Questo mi fa supporre che ciò che hanno chiesto i cittadini europei voi lo sappiate molto bene. Peccato che avete votato l’esatto contrario. Come sempre a decidere sull’agricoltura, e quindi sull’utilizzo di un terzo del bilancio UE per definire quale cibo, quale ambiente, quale salute, quale biodiversità per il futuro, è un manipolo di lobby, mentre i cittadini europei che pagano con le proprie tasse il bilancio europeo, rimangono esclusi. Quasi nessuno di voi si è voluto confrontare con le posizioni delle associazioni del biologico e ambientaliste, quantomeno per capirne le ragioni. Probabilmente non avete nemmeno letto i documenti prodotti dalla coalizione “Cambiamo Agricoltura” e, se li avete letti, non vi siete degnati neanche di dare un cenno di riscontro, allargando, in questo modo, ancora di più il solco tra elettori ed eletti. La Ministra Bellanova da quando è in carica non si mai degnata di ricevere le associazioni del bio né l’intera Coalizione, partecipando però a tutte le iniziative che del cambiamento avevano e hanno estrema paura ma che probabilmente portano più voti di noi a un partito in grande affanno. Io e tanti agricoltori insieme a me che in assenza di politiche agricole favorevoli, ricerca, consulenza e scuola, hanno portato l’agricoltura biologica italiana ad essere la prima in Europa, cercando di affermarne i valori, ci sentiamo profondamente traditi. Anche perché i valori da noi espressi hanno trovato l’apprezzamento e riconoscimento da parte dei consumatori, cosa che ha portato a una crescita dei consumi del settore bio, inversamente proporzionale a quella del convenzionale, tanto da attirare l’interesse della GDO e dell’agroindustria, a cui quei valori interessano poco. Ci sentiamo traditi perché dai nostri europarlamentari di riferimento, rappresentanti del Paese leader nelle produzioni biologiche in Europa, ci saremmo aspettati finalmente un segnale positivo di svolta per frenare il declino ambientale e favorire il contrasto ai cambiamenti climatici. Invece scopriamo che la maggioranza ha scelto di bloccare il 60% dei fondi per gli aiuti diretti, cancellando gli obiettivi e i premi a risultato e le differenze tra modelli agricoli. Ancora una volta il tentativo è di far passare il messaggio che l’agricoltura è tutta uguale, ma non è per niente così. Usare pesticidi o non farlo non è la stessa cosa, così come fornire ai consumatori prodotti con o senza residui. Allevare al pascolo o concentrare gli animali in spazi angusti e ristretti non produce lo stesso benessere e non produce lo stesso risultato in termini di emissioni di gas serra. Se l’ISPRA continua a rilevare un preoccupante aumento dei pesticidi nelle acque profonde e superficiali, vuol dire che qualcuno non sta raccontando tutta la verità, e qualcun’altro non fa il suo dovere. E questo perché la politica ha rinunciato a indicare qualsiasi indirizzo innovativo. Ci rimane solo la speranza che la Commissione cancelli lo scempio fatto, visto che con la blindatura dei Governi è venuta meno la democrazia parlamentare. AIAB, che è anche membro del Coordinamento europeo di Via Campesina, comunque ringrazia quei pochi parlamentari che si sono distinti dai dictat di partito, mantenendo coerenza e attenzione per il necessario cambiamento dell’agricoltura.

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