I costi della pandemia
di Umberto Berardo
I danni che la
diffusione del Coronavirus sta provocando sono tanti e di diversa natura.
Stiamo pagando
costi umani, sociali, culturali ed economici che sono già davanti a noi in
tutta la loro tragicità e dei quali tuttavia non sempre abbiamo piena
consapevolezza, la quale sembra mancare soprattutto quando si ascoltano le
dichiarazioni assurde dei cosiddetti NoVax.
Il fenomeno,
ormai diffuso in quasi tutto il mondo, ha la sua massima diffusione soprattutto
in nord America e in Europa.
Mentre scriviamo
i decessi nel mondo stanno avvicinandosi ad un milione e mezzo con picchi molto
elevati negli Stati Uniti, in India e Brasile mentre in Italia sono oltre
50.000 .
Le dipartite
riguardano soprattutto la popolazione anziana che nelle case di riposo, nei
reparti di malattie infettive, nelle terapie intensive o nelle proprie
abitazioni non riesce a superare i problemi che pone il virus e che si associano
spesso ad altre patologie.
La tragedia è
che queste persone se ne vanno pressoché abbandonate, spesso mancanti delle
cure più elementari, quasi sempre private della vicinanza e dell’affetto dei
propri cari e addirittura senza esequie e il saluto di parenti ed amici.
Non sono
sicuramente solo le condizioni precarie dell’età che accelerano i rischi di
morte degli anziani per coronavirus, ma anche le situazioni di vita non certo
ottimali in cui questa società ha deciso di far loro vivere gli anni della
vecchiaia.
Il minimo da
fare quanto prima è istituire una giornata del ricordo dei morti per Covid.
Nella pandemia
si sono disarticolati inoltre i paradigmi della nostra esperienza di vita e il
sistema nervoso rischia di entrare in uno stato di tensione perché ci sentiamo
impotenti di fronte ad un evento che ci minaccia senza che noi riusciamo ad
avere una qualche capacità di controllo per attivare una possibile tenuta
rispetto alle difficoltà.
Può svilupparsi
così un forte disturbo psicologico da stress causato da lutti, malattia,
precarietà economica ed incertezza sul futuro.
Un’azione di
sostegno a tale disagio può venire da pratiche di resilienza collettiva di
natura psicologica e sociale messe in atto, come ad esempio stanno facendo le
associazioni di volontariato, soprattutto per avviare empatia e creare
solidarietà sul piano umano ed economico.
Molto possono
fare in merito i media e il Web attivando pratiche di vicinanza verso chi vive
situazioni di disagio e sviluppando una visione dei rapporti più inclusiva e
solidale davanti a questa condizione difficile che viviamo.
Sul piano
sanitario l’Italia sta pagando gli errori macroscopici, scellerati e purtroppo
convintamente voluti dai governi degli ultimi trent’anni che hanno iniziato
ridimensionando e poi alla fine in certe realtà addirittura distruggendo
qualsiasi forma di sanità pubblica ed orientando le scelte verso il settore
privato al quale si è affidato in alcuni territori addirittura il 40% dei
servizi.
Le difficoltà di
personale come di strutture adeguate per garantire servizi territoriali ed
ospedalieri sono oggi sotto gli occhi di tutti e speriamo ci interroghino su
come ridare forza ad una sanità pubblica che anche in tempo di pandemia
dev’essere il pilastro per la protezione dei cittadini come sta testimoniando
oggi la Germania.
I danni
culturali che il Covid sta arrecando sono davvero gravissimi e riguardano
anzitutto l’attività di ricerca, di educazione e d’istruzione che con le scuole
quasi ovunque chiuse sta rallentando e non di poco l’attività pedagogica e
didattica.
Ciò che si
riesce a fare con il surrogato dell’insegnamento on line è lodevole per
l’impegno di docenti ed allievi, ma è davvero riduttivo per metodologia, per il
monte ore ridotto e per l’impossibilità di raggiungere tutti a causa di una
banda larga che non copre tante parti del territorio.
Per ridurre i
danni ad una generazione di ragazzi fortemente penalizzati sarà necessario, a
livello ministeriale e nei diversi istituti scolastici, mettere in atto tutta
una serie di strategie in grado di venire incontro alle esigenze di un
apprendimento quanto più efficace soprattutto per chi è più in difficoltà.
Ridurre il
numero di giorni di vacanza, prevedere nuove prestazioni per il sostegno anche pomeridiano
agli alunni, istituire un servizio di medicina scolastica, sottoporre a tampone
gli alunni, migliorare nel frattempo il sistema dei trasporti e l’efficienza
delle strutture per riaprire appena
possibile nella sicurezza l’attività didattica in presenza ci sembrano alcune
delle cose possibili da fare subito per garantire un’istruzione e un’educazione
degna e razionale.
Ovviamente, con le
garanzie possibili di tranquillità per tutti, è altrettanto necessario studiare
i sistemi per una riapertura di teatri, cinema, musei, mostre ed attività
culturali in generale.
C’è ancora lo
shock derivante dalla crisi economica che non possiamo ovviamente considerare soltanto
osservando genericamente il netto calo del PIL.
Sappiamo bene
che la pandemia ha avuto effetti molto diversificati tra la popolazione in
relazione alla forma di attività svolta.
Così resta
abbastanza tranquillo chi vive di reddito fisso, mentre vivono in grande
precarietà quelli che dipendono da lavoro autonomo ma soprattutto dipendente o
peggio ancora in nero.
Non possiamo
ignorare che la pandemia ha allargato le diseguaglianze permettendo alle
strutture economiche neoliberiste di continuare a far arricchire molti con il
sistema finanziario-speculativo di tipo borsistico, sempre scandalosamente
aperto anche nei periodi più critici della diffusione del virus, e attraverso
quello dell’e-commerce con profitti cresciuti del 79% da giugno a fine ottobre
2020.
Anche ai colossi
della grande distribuzione è stato consentito di continuare la loro attività,
mentre con i vari lockdown in Italia hanno chiuso fin qui circa
quarantacinquemila commercianti al dettaglio.
In questi mesi
di pandemia insomma c’è chi riesce a fare grandi profitti, spesso senza pagare
tasse in Italia, come i grandi investitori istituzionali in Borsa o i colossi
nelle vendite on line e chi al contrario si impoverisce dovendo chiudere la
propria attività o perdendo il posto di lavoro perché licenziato.
Se abbiamo il
buonsenso allora di venire incontro alle categorie sociali più vulnerabili,
occorre che i cosiddetti ristori da parte del Governo e gli aiuti delle Regioni
non siano orientati ad una distribuzione di soldi a pioggia, ma vengano
attribuiti, eliminando forme discriminatorie, come ad esempio quelle del click
day, destinandoli al contrario in maniera egalitaria ed equanime per proteggere
davvero tutti, ma in particolare chi ha più bisogno.
Non è
auspicabile in ogni caso fare ancora a debito le politiche sociali, come
purtroppo sta avvenendo, né solo aspettando gli aiuti al momento inceppati del
Recovery Fund, ma finalmente immaginando, come già stanno facendo Portogallo,
Spagna e Belgio, un sistema di tassazione sui grandi patrimoni, sui colossi del
Web e soprattutto su redditi derivanti da scandalosi privilegi.
Sarà solo così
che potremo pensare di potenziare il digitale, di migliorare l’ambiente ed il
futuro della nostra economia in cui avremo bisogno d’investimenti considerevoli
per rilanciare la produzione e il commercio.
Al fine di
trovare poi le strade che possano portarci fuori dalla pandemia è necessario,
aspettando eventualmente il vaccino, che il governo, senza trascinare le scelte
nell’incertezza, smetta d’inseguire il virus, ma sia capace, uscendo da
limitazioni piuttosto insignificanti in talune aree del Paese, di porre in
essere azioni di contenimento decise del fenomeno e soprattutto di dotare tutte
le regioni di strutture sanitarie adeguate.
Si deve
assolutamente evitare la circolazione dell’idea che il fenomeno della diffusione
del virus sia controllato perché il tracciamento è per
molti versi saltato e possiamo recuperarlo solo riducendo di molto i contagi
senza le fughe in avanti di chi già pensa ad un “liberi tutti” per le festività
natalizie.
In ogni caso è indispensabile
incidere fortemente nei comportamenti della popolazione perché prevalga in
tutti il più grande senso di responsabilità.
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