La sera di San Lorenzo a Guardialfiera

di Vincenzo Di Sabato Nella sera di San Lorenzo le stelle cadenti non sono state espressioni di “pianto del concavo cielo”, ma scìe occhieggianti sul lago o posate sulla mirabile piccola Guarda, avvolta ieri sera dalla magìa della Luce”, allietata dal suono a festa di tutte le campane. Un concerto armonioso e maestoso, per l’inaugurazione del “giubileo della Luce” e della nuova Campana donata da Vittorio Feltri che si aggiunge a quella storica del 1598, fusa dai “Sovrani del bronzo” di Agnone. Essa è ritenuta dallo storico D’Onorio dell’Archivio benedettino di Monte Cassino, la più antica del mondo uscita dal Molise, perché in funzione ancora adesso, seppur festosamente azionata dal tele battente fisso. La sua voce argentina non è azzittita, ma ampliata col il ritmare d’accompagnamento, alle altre campane, in un melodico accordo di tonalità; dalla nota più alta al suono più grave.. Raccolta e solenne la concelebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Gianfranco De Luca che, nell’omelia con parole di cielo, ha presentato realtà di mondo, sviluppate poi anche nella tavola rotonda allestita all’esterno del tempio e alla quale oltre al Sindaco Vincenzo Tozzi, hann partecipato gli Assessore Regionali Niro e Cavaliere. Dettagliati e chiarimenti sulle armonie e i programmi sonori della campane, sono stati offerti da Armando Marinelli, titolare della Pontificia Fonderia e da Pasquale Patullo dell’”Automazione Campane”. Brillante la esposizione, da parte dell’architetto progettista Raffaello Gàspari, sulla ideazione tecnica e artistica dell’impianto luminoso; còlta e disinvolta la narrazione da parte di Elisabetta Ricci, sulla trama storica e architettonica della Cattedrale. Poi l’esperienza emotiva indefinibile al momento dell’accensione e della progressiva rivelazione di sorprese e di segreti nascosti nella maestosità muraria della chiesa, degli edifici significativi, del monumento a Jovine e della fontana storica del 1886. E mi son reso conto ieri sera sulla sublimità soprattutto della Cattedrale. Pensavo: sfortunato colui che vede appena pietre sovrapposte, ma niente più. Fortunato invece chi ha saputo vedere le innumerevoli braccia che hanno scavato, trasportato, posato quelle pietre; le mani che hanno disegnato quelle linee, le dita che hanno scolpiti grappoli e spighe e prelati sui conci; e le voci che hanno pregato e cantato, sussurrato e taciuto. E chissà, le infinite persone che lì hanno partecipato alle liturgie, che si sono assiepate e hanno posato i piedi dove ora li poggiamo noi, respirando la stessa aria e riempendosi gli occhi della stessa magnificenza. Loro erano già noi, anche se non ci pensavano. Noi siamo loro senza pensarci, perché la Cattedrale è storia, storia della fede, storia della bellezza, storia di popoli e i popoli non possono vivere senza storia. Dentro e fuori la Cattedrale la storia è pietra, ma non è fredda. Ha bisogno di chi sappia elogiarla e dirle grazie.

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