Il National Geographic celebra le transumanze di Nunzio Marcelli e dei Colantuono


da QualFormaggio




Una delle più prestigiose riviste internazionali di turismo, il National Geographic – forse la più famosa al mondo, con una storia importante e un seguito di milioni di lettori – ha da poco dedicato un articolo alla transumanza. Il pezzo, firmato da Alexis Marie Adams e corredato dalle belle foto del molisano Giuseppe Nucci, sarà in edicola nel numero di maggio ma è già disponibile – da giovedì scorso 23 aprile – nell’anteprima web della testata statunitense.
L’articolo – intitolato “What you can learn by following the herd in Italy” (traduzione: “Cosa puoi imparare seguendo la mandria in Italia”) – accompagna il lettore nella comprensione delle pratiche pastorali odierne, in parte rimaste invariate dagli albori dell’umanità – mai muterà la ricerca dell’erba da parte dell’animale, e sempre si terrà conto della stagione, del clima, del meteo, da cui dipendendo maturazione e quantità del foraggio fresco – e in parte adattatesi alle necessità, a qualche minimo comfort e alle esigenze di una società che nel corso del tempo si è “evoluta”.

L’apertura dell’articolo, come si presenta sul National geographic online. L’articolo uscirà sul numero di maggio del mensile

La realtà che Adams descrive meglio e più da vicino è quella fondata nel 1977 da Nunzio Marcelli e Manuela Cozzi ad Anversa degli Abruzzi – La Porta dei Parchi – in cui ai titolari si sono affiancati i due figli Viola (34) e Jacopo (32), esempio di continuità generazionale a cui, si spera, altre aziende e altri giovani vorranno ispirarsi. Il percorso della migrazione stagionale dell’azienda abruzzese interessa 1.300 pecore e si protrae per 30 miglia (48 chilometri circa) e tre giornate di cammino, in cui il gregge bruca quelli che il giornalista definisce “mari di fiori selvatici”, “centinaia di specie di erbe e fiori che crescono in una vertiginosa profusione”.
In una migrazione come questa, ci si trova fuori dal tempo e letteralmente lontani dalla cosiddetta civiltà, dalle modernità e da tante consuetudini a cui quasi tutti non sappiamo quasi più fare a meno (“i cellulari non funzionano”), e pensare che Roma è a 100 miglia (160 chilometri) di distanza. Ma il paradosso dei paradossi qui – momentaneamente azzerato dal Coronavirus – è che la transumanza di Nunzio Marcelli e dei suoi ha attratto, da oltre venti anni e in maniera crescente, anno dopo anno, un pubblico composto più da stranieri che da italiani. Una questione che nelle prospettive future (lo sviluppo di un turismo di prossimità e le innovazioni che ci si attende dal mondo della ristorazione) potrebbe capovolgersi, a vantaggio della consapevolezza dei consumatori italiani più curiosi e intraprendenti.
Inutile negarlo: via via che la quarantena inizierà a sciogliersi, che le maglie delle restrizioni tenderanno ad allargarsi, è auspicabile che si creino le condizioni per vedere una parte dei consumatori cercare non solo di evadere, ma anche di cercare storie, di capire realtà autentiche, a cominciare da quelle maggiormente conosciute, grazie a prodotti sempre più apprezzati e agli e-commerce aziendali che, grazie anche alla quarantena, hanno cominciato ad essere utilizzati meglio e più di prima.
Ma torniamo all’articolo, che oltre a raccontare alcune delle realtà più autentiche (l’altra citata è quella della famiglia di Carmelina Colantuono, che a giorni muoverà a cavallo con le sue 300 vacche podoliche dal Gargano alla sede aziendale, in Molise), spiega molto della transumanza: dalle origini del nome (dal latino trans per “attraverso” e humus per “terra”), alla sua storia (domesticazione animale, Monti Zagros in Mesopotamia 7mila a.C., migrazioni verso occidente, testimonianze da scavi archeologici in Europa), alle varie forme di movimentazione stagionali negli altri Continenti: dall’Africa al Nord America, alle transumanze di yak, bufali e suini in varie parti del mondo.
Adams si sofferma poi sulla realtà greca, avendo vissuto lì per diverso tempo a partire dagli Anni ‘70, narrando di transumanze che intere famiglie affrontavano, coinvolgendo anche un sacerdote e un insegnante, ma anche di quelle oramai vicine a scomparire, dei formaggi più autentici, ormai quasi introvabili, della loro importanza per vivere durante migrazioni stagionali estremamente difficili.
L’articolo sottolinea inoltre i valori ecologici della migrazione stagionale degli animali da reddito: dalla conservazione delle biodiversità alla creazione di veri e propri corridoi migratori per la fauna selvatica. Una pratica, quella della transumanza, che – grazie al conseguimento del titolo di patrimonio immateriale dell’umanità – si auspica possa ottenere maggiori sostegni economici rispetto ad un allevamento intensivo che troppe evidenze scientifiche mettono sul banco dei principali imputati per molte zoonosi.
Il pezzo chiude con alcune interessanti considerazioni di Viola Marcelli, “che ha studiato pittura e design del prodotto a Firenze, è lo chef del ristorante dell’agriturismo e guida la cooperativa regionale di ovini”. In poche ed efficaci battute Viola traccia la situazione della pastorizia in Abruzzo, motivi e valori della transumanza, attaccamento a questo lavoro, sfide quotidiane da affrontare, senso sociale e identitario di un lavoro che – c’è da scommetterci – nessuno in casa Marcelli cambierebbe con null’altro al mondo. 
27 aprile 2020
lo dico io: la Transummanza con i suoi tratturi ( trac=andare e tur=tornare) una delle tante risorse che apre al futuro del Molise

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