Report e l’integralismo cattolico
di Umberto Berardo
Ieri sera, lunedì 20 aprile, la trasmissione Report condotta da Sigfrido Ranucci, visibile ancora su Rai Play e sabato 25 aprile su Rai 3 alle ore 15,30, si è occupata di quanto avviene tra alcune pieghe del variegato mondo cattolico.
Ieri sera, lunedì 20 aprile, la trasmissione Report condotta da Sigfrido Ranucci, visibile ancora su Rai Play e sabato 25 aprile su Rai 3 alle ore 15,30, si è occupata di quanto avviene tra alcune pieghe del variegato mondo cattolico.
Per la verità
già Riccardo Iacona aveva messo in luce gli attacchi a papa Francesco, ma
Ranucci e la sua squadra di giornalisti sono entrati con grande analisi
investigativa dentro le componenti di un cattolicesimo fondamentalista
costituito da alti prelati, poteri forti del mondo finanziario, sette religiose
diffuse in tutto il mondo e gruppi politici di estrema destra.
Prima di
scrivere queste note ho provato a dare uno sguardo alle rassegne stampa, ma ho
notato pochissima attenzione sul tema e francamente non me ne meraviglio.
Mentre
seguivo la puntata di Report ho postato su Facebook “Sto guardando Report e
comprendo il perché papa Francesco chieda così spesso di pregare per lui”.
Questa
continua insistenza del papa mi lasciava interdetto anzitutto perché mi
appariva paradossale che Francesco potesse chiedere a tanti credenti indegni
come me di raccomandare il suo pontificato a Dio.
I risvolti di
questa opposizione perfida e per tanti aspetti interessata mi hanno illuminato
anche sul volto del papa che da un po’ seguo nelle celebrazioni eucaristiche
del mattino a Santa Marta e che certo mi appare sereno ma poco aperto al
sorriso.
Il mio post su
FB è diventato virale perché ancora si susseguono centinaia di like e di
commenti su diversi gruppi del Social Network a testimonianza dell’interesse
che il tema sollevato suscita non solo tra i credenti ma anche tra i tanti che
si dichiarano apertamente agnostici o atei, ma che hanno voluto testimoniare la
loro profonda solidarietà ad un papa che
si sforza con grande fede e profonda umiltà di testimoniare il Vangelo e
comunicarne i principi.
È chiaro che
il mondo dei credenti ed in generale quello laico fossero già perfettamente
coscienti di quanto anche nella Chiesa cattolica le divisioni esistessero e
talora edificassero muri insormontabili, ma talune rivelazioni sugli intrecci
di potere che si muovono tra porporati, poteri massonici, politici e perfino
mafiosi risultano francamente sconcertanti e addirittura inquietanti.
Conforta
certamente il sostegno deciso e davvero massiccio di credenti e laici che sto
leggendo sul Web mentre scrivo di solidarietà e di affetto per papa Francesco.
Diffuso è da
parte di tutti l’invito alla preghiera per lui, ma io francamente penso che
essa sia solo una parte dell’impegno di chi crede per essere vicini a
quest’uomo che, pur in mezzo alle mille difficoltà costituite da parte di una
Curia che non sa uscire dalle logiche del potere e della ricchezza fine a se
stessa, si sforza ogni giorno di affermare con la parola e la vita i valori del
Vangelo.
Penso francamente
che quanti si dicono credenti devono sforzarsi di essere impegnati affinché,
dando seguito alle indicazioni del Concilio Vaticano II e dei suoi documenti,
questa Chiesa nella quale ci riconoscono possa uscire finalmente dalle logiche
di un’istituzione ancora troppo verticistica e diventare finalmente popolo di
Dio.
C’è già chi,
in dialogo con il mio post, propone azioni di contrattacco verso chi, pur
ricoprendo incarichi di primo piano nella Chiesa, cerca di destabilizzare in
maniera indegna il pontificato di papa Francesco.
Questa
mattina, 21 aprile, durante la messa a Santa Marta io credo di aver colto nelle
parole del papa le soluzioni al fango che impropriamente e talora in maniera
malvagia e interessata si diffonde su chi come Francesco cerca di guidare la
Chiesa verso l’amore per gli altri ed in particolare per quelli che lui chiama gli scarti.
Durante
l’omelia, commentando il passo degli Atti degli Apostoli (At 4, 32-37) che descrive
la vita dei membri delle prime comunità cristiane in cui regnava l’armonia
perché avevano un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua
proprietà quello che gli apparteneva, ma lo vendeva per venire incontro alle
necessità degli altri e fra loro tutto era comune, e nessuno era bisognoso, il
papa ha invitato a guardare a tali comunità come un modello, un ideale, un
segno di quanto possano fare i credenti se sono docili alle indicazioni che lo
Spirito di Dio ci suggerisce.
Ha detto che
purtroppo tale armonia tante volte si incrina, creando problemi e divisioni.
Ha poi così
continuato: “Vedendo quali sono le cose
che hanno diviso le prime comunità cristiane, io ne trovo tre: prima, i soldi.
Quando l’apostolo Giacomo dice questo, di non avere favoritismi personali, dà
un esempio perché “se nella vostra chiesa, nella vostra assemblea entra uno con
l’anello d’oro, subito lo portate avanti, e il povero lo lasciate da parte”. I
soldi. Lo stesso Paolo dice lo stesso: “I ricchi portano da mangiare e
mangiano, loro, e i poveri, in piedi”, li lasciamo lì come a dire loro:
«Arrangiati come puoi»”. I soldi dividono, l’amore dei soldi divide la
comunità, divide la Chiesa.
Tante volte, nella storia della Chiesa, dove
ci sono deviazioni dottrinali – non sempre, però tante volte – dietro ci sono
dei soldi: i soldi del potere, sia potere politico, sia soldi in contanti, ma
sono soldi. I soldi dividono la comunità. Per questo, la povertà è la madre della
comunità, la povertà è il muro che custodisce la comunità. I soldi dividono,
l’interesse personale. Anche nelle famiglie: quante famiglie sono finite divise
per un’eredità? Quante famiglie? E non si parlarono più … Quante famiglie …
Un’eredità … Dividono: i soldi dividono.
Un’altra cosa che divide una comunità è la
vanità, quella voglia di sentirsi migliore degli altri. “Ti ringrazio, Signore,
perché io non sono come gli altri”, la preghiera del fariseo. La vanità,
sentirmi che … E anche la vanità nel farmi vedere, la vanità nelle abitudini,
nel vestirsi: quante volte – non sempre ma quante volte – la celebrazione di un
sacramento è un esempio di vanità, chi va con i vestiti migliori, chi fa quello
e l’altro … La vanità … la festa più grande … Anche lì entra la vanità. E la
vanità divide. Perché la vanità ti porta a fare il pavone e dove c’è il pavone,
c’è divisione, sempre.
Una terza cosa che divide una comunità è il
chiacchiericcio: non è la prima volta che lo dico, ma è la realtà. E la realtà.
Quella cosa che il diavolo mette in noi, come un bisogno di sparlare degli
altri. “Ma che buona persona è quella …” – “Sì, sì, ma però …”: subito il “ma”:
quello è una pietra per squalificare l’altro e subito qualche cosa che ho
sentito la dico e così l’altro lo abbasso un po’.
Ma lo Spirito viene sempre con la sua forza
per salvarci da questa mondanità dei soldi, della vanità e del chiacchiericcio,
perché lo Spirito non è il mondo: è contro il mondo. È capace di fare questi
miracoli, queste grandi cose.
Chiediamo al Signore questa docilità allo
Spirito perché Lui e trasformi noi le nostre comunità, le nostre comunità
parrocchiali, diocesane, religiose: le trasformi, per andare sempre avanti
nell’armonia che Gesù vuole per la comunità cristiana.”
Mi sbaglierò,
ma io in questa omelia ho visto un papa che affronta con una saggezza
illuminante perfino gli attacchi e le denigrazioni di chi agita i simboli, i
riti e perfino il Vangelo per tracciare strade al proprio prestigio o potere
piuttosto che testimoniarne il kerigma perché trionfi il modello di vita
proposto da Gesù Cristo.
Spero davvero
che presto, uscendo da questo lockdown, si possa pensare insieme a forme
concrete di sostegno al pontificato di Francesco che sicuramente merita tutto
l’apprezzamento di quanti hanno cuore una società fondata sulla giustizia
sociale che egli sogna e prova a realizzare.
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