La scelta del cambiamento


In uscita sul n° 029 di OINOS viveredivino




Milioni di ragazze e ragazzi, giovani, lavoratori di 185 Paesi hanno manifestato nella settimana che ha chiuso il mese di Settembre. Con Greta hanno riempito le piazze di 2500 città e gridato la necessità di un cambiamento subito per affrontare i cambiamenti climatici ed avere assicurato un futuro.  

Ricordo la foto di un anno fa, la prima che ho visto, quella di una ragazzina seduta sul lato sinistro del portone del Palazzo del Parlamento svedese con un cartello davanti e la scritta “FridayForFuture“, che tradotto in italiano vuol dire “Venerdì per il Futuro”. A significare un giorno della settimana che Greta, non andando a scuola ma sostando davanti al Palazzo dove si producono le leggi, dedicava al domani nostro e dell’umanità.
Presto diventata parola  d’ordine patrimonio di milioni di giovani di ogni parte del mondo, che hanno cominciato a usare la parola futuro e a pensare al loro futuro. Da quest’iniziativa personale e singolare di Greta, il 15 Marzo di quest’anno, il primo grande raduno mondiale. A Maggio la grande manifestazione a Roma, preceduta dall’incontro di Greta con il Papa della “LaudatoSì” e i parlamentari italiani al Senato.
E’ passato solo un anno e questa minuta ragazzina, oggi di sedici anni, è il punto di riferimento della nuova generazione e delle altre che verranno con la grande voglia  di cambiare la pesante, terribile situazione che vive il clima, e non solo, le cause che hanno portato ai sempre più ricorrenti cambiamenti climatici con il rischio, ogni giorno che passa, di arrivare al punto di non ritorno, cioè che la situazione diventi irreversibile. 
Una situazione che ha messo in luce le gravi responsabilità dell’uomo con le sue scelte. L’uomo che, in un tempo di  diecimila anni, è riuscito, con la sua intelligenza, le sue mani, le sue passioni, e, un’agricoltura che lo vedeva protagonista, ad ascoltare e seguire il ritmo delle stagioni, a donare Biodiversità, Cibo, Paesaggio, Ambiente, Tradizioni, Cultura e a scrivere la Storia, quella della civiltà contadina, e non solo. 
L’uomo che, negli ultimi cinquant’anni di consumismo esasperato, strapotere del denaro, agricoltura industrializzata, ha messo in luce, e mostra, la sua mania di accaparramento delle risorse messe a disposizione della terra come l’aria, l’acqua, i boschi, le foreste, la fertilità dei terreni. Ancora peggio la sua mania di distruzione con guerre disseminate su ogni parte del globo; incendi e taglio di foreste; avvelenamento e morte di insetti e piante, con conseguenze tragiche per la biodiversità e i cambiamenti climatici. 
Con la perdita di valori come il dialogo, la solidarietà, e, ancor più, il rispetto, che il sistema trita  e cancella ogni giorno che passa, non avendo più il senso del limite, del finito.  Tant’è che si continua a fare e, ciò che è peggio, ad accelerare i processi che hanno potato la Terra, a fine luglio, a dire “per quest’anno ho dato tutto quello che avevo, non ho più niente, finito”. Come dire che c’è, già oggi, bisogno di un altro pezzo (più della metà) della Terra che abitiamo e ci dona la vita.
Greta, con la settimana di fine settembre per il futuro “WeekForFuture, che ha visto milioni e milioni di giovani di 185 Paesi del mondo che hanno animato manifestazioni in 2500 importanti città, e il suo discorso  all’Onu,  ha detto che siamo solo all’inizio del cambiamento, piaccia o no, per un futuro sicuro che spetta alle nuove generazioni.
Per chi segue la grande questione del clima sa, nonostante i Trump, i Bolsonaro e altri che si ostinano a remare contro un processo che parla della vita, il futuro dell’umanità, che questo cambiamento è già iniziato e coinvolge milioni di consumatori che cercano prodotti sicuri per la loro salute. Consumatori che non vogliono essere più schiavi della plastica e sentono la necessità di non buttare ma di riciclare, facendo capire che è giunto il tempo della sostenibilità, cioè di non pensare solo all’oggi ma anche al domani. In pratica di passare dall’attuale economia lineare a quella circolare.
Un processo di adattamento, il più veloce possibile, da parte di chi legifera e di chi produce. 
Penso all’agricoltura e alla necessità di riprendere il filo del discorso - interrotto nella seconda metà del secolo scorso con lo sviluppo e il sostegno all’agricoltura industriale - con l’agricoltura segnata da diecimila anni di esperienza, quella organica e rigenerativa dei nostri padri e non della chimica, della meccanica, della farmaceutica, che ha mostrato tutto il suo fallimento, con le piccole aziende costrette a chiudere per essere state costrette a seguire un esempio sbagliato. 
La rinascita dell’agricoltura, che vede l’uomo protagonista e non la macchina o la chimica, è una necessità per l’intera economia, nel momento in cui quest’ultima torna ad avere un asse intorno al quale poter girare e una prospettiva nuova alla quale lavorare.  
Qui, come in altri campi di attività, il bisogno di cambiamento è una necessità e un’urgenza insieme, sapendo che il ritorno al passato, con le innovazioni dell’oggi, fa dell’agricoltura e degli allevamenti famigliari un freno possente ai cambiamenti climatici. 
Sappiamo bene che non basta a risolvere il problema se non si pone mano alla chiusura dei pozzi petroliferi e alle miniere di carbone. Se non si pone freno allo spreco che ognuno di noi alimenta sulla spinta del consumismo e si passa alla sobrietà. 
Ed è proprio la sobrietà delle azioni e delle parole che rende Greta la grande protagonista del tempo che viviamo. Il tempo, grazie a Greta e ai milioni di giovani che condividono il suo messaggio, di profondo cambiamento per riprendere il discorso con il futuro.
Pasquale Di Lena 



del cambiamento
 



OINOS · rubriche


La scelta del cambiamento














SPAzIO LIBERO
di pasquale di lena



Milioni di ragazze e ragazzi, giovani, lavoratori di 185 Paesi hanno manifestato nella settimana che ha chiuso il mese di settembre. Con Greta hanno riempito le piazze di 2500 città e gridato la necessità di un cambiamento subito per affrontare i rivolgimenti climatici e avere assicurato un futuro.

Ricordo la foto di un anno fa, la prima
che  ho  visto,  quella  di  una  ragazzina
seduta   sul   lato   sinistro   del   portone
del  palazzo  del  Parlamento  svedese
con   un   cartello   davanti   e   la   scritta
“FridayForFuture“, che tradotto in ita-
liano  vuol  dire  “venerdì  per  il  futuro”.
A significare un giorno della settimana
che   Greta,   non   andando   a   scuola,
ma  sostando  davanti  al  palazzo  do-
ve  si  producono  le  leggi,  dedicava  al
domani  nostro  e  dell’umanità.  Presto
diventata   parola   d’ordine,   patrimo-
nio  di  milioni  di  giovani  d’ogni  parte
del   mondo,   che   hanno   cominciato
a  usare  la  parola  futuro  e  a  pensa-
re   al   loro   futuro.   Da   quest’iniziativa
personale  e  singolare  di  Greta,  il  15
marzo di quest’anno, il primo grande
raduno mondiale. A maggio la grande
manifestazione   a   Roma,   preceduta
dall’incontro  di  Greta  col  Papa  della
“LaudatoSì”   e   i   parlamentari   italiani
al  Senato.  E’  passato  solo  un  anno
e   questa   minuta   ragazzina,   oggi   d
16  anni,  è  il  punto  di  riferimento  del-
la   nuova   generazione   e   delle   altre
che  verranno  con  una  gran  voglia  di
cambiare la pesante, terribile situazio-
ne  che  vive  il  clima,  e  non  solo,  e  le
cause  che  hanno  portato  ai  sempre
più ricorrenti cambiamenti climatici col
rischio, ogni giorno che passa, d’arri-
vare al punto di non ritorno, cioè che
la  situazione  diventi  irreversibile.  Una
situazione  che  ha  messo  in  luce  le
gravi  responsabilità  dell’uomo  con  le
sue  scelte.  L’uomo  che,  in  un  tempo
di  10mila  anni,  è  riuscito,  con  la  sua
intelligenza,  le  sue  mani,  le  sue  pas-
sioni  e  un’agricoltura  che  lo  vedeva
protagonista,  ad  ascoltare  e  seguire
il  ritmo  delle  stagioni,  a  donare  bio-
diversità,  cibo,  paesaggio,  ambiente,
tradizioni, cultura e a scrivere la storia,
quella della civiltà contadina, e non so-
lo. L’uomo che, negli ultimi 50 anni di
consumismo   esasperato,   strapotere
del  denaro,  agricoltura  industrializza-
ta, ha messo in luce, e mostra, la sua
mania d’accaparramento delle risorse
messe a disposizione della terra come
l’aria,  l’acqua,  i  boschi,  le  foreste,  la
fertilità dei terreni. Ancor peggio la sua
mania di distruzione con guerre disse-
minate su ogni parte del globo; incen-
di  e  taglio  di  foreste;  avvelenamento
e morte d’insetti e piante con conse-
guenze tragiche per la biodiversità e i
cambiamenti  climatici.  Con  la  perdita
di valori come il dialogo, la solidarietà
e,  ancor  più,  il  rispetto  che  il  sistema
trita e cancella ogni giorno che passa,
non avendo più il senso del limite, del
finito.  Tant’è  che  si  continua  a  fare
e,  ciò  che  è  peggio,  ad  accelerare  i
processi  che  hanno  potato  la  terra,
a  fine  luglio,  a  dire  “per  quest’anno
ho  dato  tutto  quello  che  avevo,  non
ho  più  niente,  finito”.  Come  dire  che
c’è,   già   oggi,   bisogno   di   un   altro
pezzo (più della metà) della Terra che
abitiamo e ci dona la vita. Greta, con
la  settimana  di  fine  settembre  per  il
futuro  “WeekForFuture,  che  ha  visto
milioni e milioni di giovani di 185 Paesi
del mondo che hanno animato mani-
festazioni  in  2.500  importanti  città,  e
il  suo  discorso  all’Onu,  ha  detto  che
siamo solo all’inizio del cambiamento,
piaccia o no, per un futuro sicuro che
spetta alle nuove generazioni. Per chi
segue  la  grande  questione  del  clima
sa, nonostante i Trump, i Bolsonaro e
altri  che  si  ostinano  a  remare  contro
un processo che parla della vita, il fu-
turo dell’umanità, che questo cambia-
mento è già iniziato e coinvolge milioni
di  consumatori  che  cercano  prodotti
sicuri  per  la  loro  salute.  Consumatori 
che  non  vogliono  essere  più  schiavi
della  plastica  e  sentono  la  necessità
di  non  buttare  ma  di  riciclare,  facen-
do  capire  che  è  giunto  il  tempo  della
sostenibilità, cioè di non pensare solo
all’oggi ma anche al domani. In pratica
di passare dall’attuale economia linea-
re a quella circolare. Un processo d’a-
dattamento, il più veloce possibile, da
parte di chi legifera e produce. Penso
all’agricoltura e alla necessità di ripren-
dere il filo del discorso - interrotto nella
seconda metà del secolo scorso con
lo sviluppo e il sostegno all’agricoltura
industriale  -  con  l’agricoltura  segnata
da  10mila  anni  d’esperienza,  quella
organica e rigenerativa dei nostri padri
e non della chimica, della meccanica,
della  farmaceutica,  che  ha  mostrato
tutto  il  suo  fallimento,  con  le  piccole
aziende costrette a chiudere per esser
state  costrette  a  seguire  un  esempio
sbagliato. La rinascita dell’agricoltura,
che vede l’uomo protagonista e non la
macchina o la chimica, è una necessi- 
 per l’intera economia, nel momento
in   cui   quest’ultima   torna   ad   avere
un  asse  intorno  al  quale  poter  girare
e   una   prospettiva   nuova   alla   quale
lavorare.   Qui,   come   in   altri   campi
d’attività, il bisogno di cambiamento è
una  necessità  e  un’urgenza  insieme,
sapendo che il ritorno al passato, con
le   innovazioni   dell’oggi,   fa   dell’agri-
coltura  e  degli  allevamenti  famigliari
un   freno   possente   ai   cambiamenti
climatici.   Sappiamo   bene   che   non
basta  a  risolvere  il  problema  se  non
si  pone  mano  alla  chiusura  dei  pozzi
petroliferi  e  delle  miniere  di  carbone.
Se non si pone freno allo spreco che
ognuno di noi alimenta sulla spinta del
consumismo e si passa alla sobrietà.
Ed è proprio la sobrietà delle azioni e
delle parole che rende Greta la grande
protagonista  del  tempo  che  viviamo.
Un  tempo,  grazie  a  Greta  e  ai  milioni
di giovani che condividono il suo mes-
saggio, di profondo cambiamento per
riprendere il discorso col futuro.

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