Le esperienze di senior co-housing
Le esperienze di alloggi per anziani in coabitazione
di
Umberto Berardo
La struttura del Vietri di Larino, abbandonata da politiche scellerate e privatizzazione della sanità |
Già
in uno studio dell'ottobre 1998 sui processi dell'invecchiamento e
sull'attenzione da dedicare alla qualità della vita degli anziani insieme al
dott. Cosimo Dentizzi ci siamo occupati degli aspetti legislativi e delle
proposte operative al riguardo.
Oltre
le case di riposo e le RSA, che purtroppo sembrano diventate le uniche
strutture di supporto alla terza e quarta età, in quel lavoro c'erano
suggerimenti per interventi capaci di andare al di là di forme di assistenza
segreganti in non luoghi sterili e isolati che estromettono dagli affetti,
dalle relazioni e dalla vita sociale.
All'epoca
si faceva riferimento soprattutto ad aiuti realizzati mediante una distribuzione
in rete di sostegni economici, servizi domiciliari, semi-residenziali o anche
residenziali ma il più possibile legati all'abitazione delle persone.
La
responsabilizzazione degli Enti Locali in merito in questi anni non ha fatto
passi accettabili su politiche sociali di natura solidaristica destinate agli
anziani.
La
famiglia per diverse ragioni non risulta più il fulcro della cura nelle forme
di assistenza sociale per cui l'anziano, sempre più solo e isolato, finisce per
essere accudito da badanti nella sua casa o ricoverato in una struttura
assistenziale.
Dopo
una certa attenzione da parte dei Comuni all'assistenza domiciliare o
semiresidenziale le case di riposo sembrano diventate il luogo prevalente per
tale cura.
Per
superare la sensazione di abbandono e di inutilità occorre continuare a dare
alle persone che hanno lasciato il lavoro interessi, autonomia e fiducia in se
stessi.
In
aggiunta a forme possibili di assistenza domiciliare pubblica gestite dai
Comuni, anche in forma associativa intercomunale, da cooperative o da organizzazioni non profit
che con Cosimo Dentizzi abbiamo prospettato inutilmente alle classi dirigenti
del nostro Paese già dal 1998, oggi si fa sempre più strada l'esperienza
interessante del senior co-housing, un modello di coresidenza in insediamenti
abitati costituiti da mini alloggi privati in proprietà o in affitto e da spazi
destinati a condividere servizi comuni.
L'idea
è nata nel 1964 ad opera dell'architetto danese Jan Gødmand Høyer e si è diffusa poi nei Paesi dell'Europa settentrionale, in Australia e
negli Stati Uniti in forme gestite da privati, da cooperative o in maniera
autonoma e intenzionale dai coresidenti.
Mancando
ancora in Italia normative giuridiche appropriate, su tali esperienze si può
fare riferimento finora solo a due proposte di legge in merito su iniziativa
della deputata Melandri nel 2010 e del
deputato Busto nel 2014 o alle normative di istituti giuridici affini quali
associazioni sociali, cooperative o fondazioni.
Tale
situazione ci dice con chiarezza che al riguardo da noi siamo allo stato
embrionale e che, mentre in Europa ormai esistono centinaia di esperienze di senior
co-housing con investimenti che secondo la società Nomisma arrivano ai 4,1
miliardi di euro, in Italia abbiamo appena un capitale investito di 129 milioni
di euro.
Nonostante
dunque una certa crescita d'interesse soprattutto in Trentino, Veneto, Lombardia
e Piemonte, mentre esistono anche esperienze di condomini solidali tra anziani
o di questi con studenti ospitati con fitti agevolati, non decolla ancora in
modo diffuso l'esperimento del senior co-housing in particolare perché si è legati
a modelli culturali di cura e assistenza di tipo familiare ma anche a forme di
proprietà abitativa privata dalle quali è difficile staccarsi.
Indubbiamente
la cura e il sostegno domiciliare hanno vantaggi indiscutibili legati alla
libertà e all'autonomia personale, ma, non essendo sempre praticabili, si
devono immaginare sistemi alternativi anche in considerazione del fatto che il
numero degli anziani aumenta sempre più, allungandosi per fortuna la durata
della vita, e la famiglia non è più in condizione di svolgere in ogni caso tale
ruolo assistenziale.
Nel
2045 la popolazione ultra sessantacinquenne in Italia sarà pari al 33,7% del
totale e dovremo necessariamente pensare a politiche sociali di sostegno agli
anziani trovando i sistemi più utili a rendere la loro vita sempre più
autosufficiente, attiva, interessata e qualitativamente degna di essere
vissuta.
Insieme
alle forme più intelligenti e ricche di assistenza domiciliare sicuramente le
idee della coabitazione autonoma o del senior co-housing rappresentano modelli
da studiare attentamente e da promuovere soprattutto se organizzati da
cooperative, ma gestiti con profili di autoselezione e autorganizzazione dei
partecipanti, con capacità di condivisione valoriale, immobiliare e relazionale
in una logica di multifunzionalità comunitaria e nella dimensione di equilibrio
tra intimità privata e spazi comuni di rapporto sociale.
Si
tratta di formule assistenziali che cercano di coniugare gli aspetti d'intimità
della casa privata con quelli sociali degli spazi comuni utili alla vita di
relazione e ad un nuovo welfare territoriale.
Le
coabitazioni con la salvaguardia della privacy rappresentano indubbiamente un
sistema accettabile di organizzazione della vita degli anziani.
Sono
esperienze da non lasciare al business privato, ma da organizzare in modo
autonomo dagli stessi anziani o dai loro familiari.
In
ogni caso sono idee da approfondire e sulle quali occorre di conseguenza impegnarsi
nello studio, nel confronto e nell'elaborazione di modelli strutturati.
In
Italia siamo in forte ritardo sia sullo studio dei problemi legati alla terza e
quarta età, ma anche nella capacità di formulare idee nuove in merito.
Affrontare
allora la discussione sui sistemi di coresidenza in strutture multifunzionali
come i senior co-housing, ma soprattutto promuoverne quantomeno sperimentazioni
diffuse con sostegni economici pubblici o contributi a supporto di chi vi è
ospitato può creare sicuramente prospettive nuove di soluzioni ai problemi
legati alla vita degli anziani.
Commenti
Posta un commento