I luoghi delle relazioni umane e culturali
di
Umberto Berardo
La
relazione è una realtà ineludibile e costitutiva della condizione umana perché
il nostro esistere è ontologicamente inscindibile da quello altrui;
diversamente sentiamo solitudine, vuoto e necessità di apertura mentale verso
altre esperienze di vita.
L'uscire
da se stessi e porsi in rapporto non ha ovviamente sempre connotazioni positive
e capaci di fondare il bene come ci dimostra ampiamente il corso della civiltà
umana.
L'esperienza
di relazione diventa significativa quando permette a ciascuno di affermarsi
come persona nei propri diritti e di maturare atteggiamenti di rispetto per
l'altro con grande apertura all'ascolto e al confronto.
I
luoghi d'incontro classici per conoscersi, esprimersi, annodare amicizie, far
nascere amori e confrontarsi sono stati sempre tanti e molto diversi.
Ci
si poteva vedere in piazza, incontrarsi in una passeggiata, al bar, in una
trattoria, in un qualsiasi luogo d'intrattenimento e lì la relazione era
personale, fisica, tenuta in un tempo dalle scansioni lunghe e in uno spazio
intimo e profondamente umano dove le frequentazioni non avevano mediazioni di
alcun tipo.
Lo
spazio del ritrovo non era funzionale all'affermazione del proprio ego, ma alla
necessità di proporre idee, di esprimere sentimenti, di stabilire confronti e
di allargare i propri orizzonti attraverso la ricchezza della personalità degli
altri.
Fino
a quando i luoghi delle relazioni sono stati quelli delle reti sociali sicure,
solide e condivise le difficoltà insorte non hanno avuto aspetti insuperabili.
Oggi
i canali istituzionali classici sono entrati in crisi e sofisticati strumenti
tecnologici stanno trasformando la vita di relazione ponendola in contesti
alquanto complessi nei quali non è facile trovare una dimensione accettabile.
Già
le corsie degli ipermercati sono luoghi alquanto anonimi con incontri fugaci o
saluti di circostanza appena accennati.
Il
mondo virtuale dei social e delle chat poi non solo sta sostituendo quello
degli incontri reali, ma questi ultimi ne diventano addirittura un'appendice
che serve magari per continuare i rapporti già iniziati o avuti in precedenza nelle
connessioni telematiche.
Si
vive così una vita relazionale fatta di post, di sms, di foto e immagini
scambiate in un mondo in cui il tempo ha un'accelerazione assurda e i legami
diventano certo sempre più numerosi, ma molto spesso fragili ed effimeri.
Zygmunt
Bauman ha sempre ammonito al riguardo che non conta la velocità dei rapporti e
delle relazioni, ma la loro solidità e durata.
Molti
giovani trovano forse nel web sentimenti di appartenenza, di libertà e di
confronto che la famiglia, la scuola e le altre agenzie educative non riescono
più a dare e a far vivere.
Se
i ragazzi cercano nuovi social come Snapchat che non ruotano intorno a
iscrizioni e profili riconoscibili ma ad immagini e storie liberamente
visualizzabili senza lasciare traccia ed autodistruggentisi qualche secondo
dopo, è evidente che si è alla ricerca di un effimero non controllabile e come
tale pericoloso.
L'idea
dell'inserimento in forma anonima, già in parte esistente in molti social, e
della erasability ovvero della cancellabilità dei post su Internet porrà
certamente tutta una serie di problemi relativi alla trasparenza e alla
verificabilità delle fonti.
Come
per la post-verità, c'è già chi parla della post-relazione come forma di
rapporto con l'altro non più fondata su incontri non mediati e dunque veri e
autentici, ma su quello che ciascuno vuol far sapere o vedere di sé su
Internet.
È
chiaro che l'ipocrisia la fa da padrone in un deserto di comunicazione emotiva
e affettiva.
Se
è vero, come sostiene il sociologo Nathan Jurgenson, che la realtà non è più
riducibile a quella fisica, ma va riletta come integrazione con la spazio
interconnesso che addirittura la amplifica, dev'essere chiaro allora che la
realtà virtuale non è demonizzabile, ma occorre in ogni caso lavorare sul piano
culturale per un uso consapevole e positivo degli strumenti tecnologici in
maniera tale che il web non sostituisca il reale, non lo banalizzi, ma lo
arricchisca di umanità, sollecitazioni, strumenti operativi e confronti
critici.
Le
relazioni interpersonali nell'era digitale hanno avuto trasformazioni complesse
che presentano ambiguità e lati alquanto oscuri in una mutazione antropologica
e culturale in cui sembrano prevalere scambi veloci, giudizi poco meditati e
linguaggi non solo grammaticalmente inaccettabili, ma in molti casi
irrispettosi e volgari nella terminologia.
Quando
la relazionalità è svuotata di senso e manca perfino di rispetto crediamo debba
interrogare chi si occupa o dovrebbe preoccuparsi dei processi educativi
soprattutto all'interno della famiglia e della scuola.
Il
dilagare di culture, tecnologie e paradigmi metodologici va sicuramente
analizzato per interrogarsi se risponda a criteri di scientificità e di
rispetto della dignità, dei diritti e della felicità degli esseri umani.
Certo
la cultura dei post rapidi e dei giudizi poco studiati e ponderati determina
talora relazioni di confronto davvero difficilmente apprezzabili.
Non
sappiamo se i rapporti umani e culturali debbano ancora immaginare le forme di
frequentazione amichevole che si sono costruite nelle famiglie aperte, nella
scuola e nelle tante forme di associazioni culturali e per il tempo libero, ma
ci sembra indubitabile come il confronto umano diretto non abbia eguali nel
costruire conoscenza, rapporti umani e spirito critico.
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