1° Maggio, anche per l'agricoltura una festa per pensare e sognare un nuovo domani
Il 15 marzo u.s. il mondo ha scioperato contro tutti quelli che continuano a sfruttare il pianeta terra senza tener conto del clima gravemente malato e con la febbre alta a causa delle emissioni nell’atmosfera di anidride carbonica che si accumula provocando l’effetto serra. La conseguenza è l’innalzamento della temperatura e lo sconvolgimento degli equilibri tanto da cominciare a non capire più le stagioni a cqusa dei nuovi fenomeni atmosferici fuori dalla normalità.
Ha scioperato contro i petrolieri che sono i principali inquinatori, i proprietari di miniere di carbone; i distruttori di foreste; i titolari di stalle superintensive; i proprietari di terreni che fanno agricoltura industriale; gli azionisti delle grandi industrie chimiche e farmaceutiche, che, con i loro concimi, pesticidi e antibiotici, continuano a distruggere terreno fertile e a inquinare falde acquifere, corsi d’acqua, mari e la stessa aria.
Uno sciopero fortemente partecipato da ragazze e ragazzi, giovani, che hanno dato proprio l’esempio e la parola d’ordine di Greta Thunberg, la sedicenne svedese che sta dedicando alla lotta per il clima la gran parte delle sue passioni. Una lotta- come sostiene Greta- che serve ad assicurare a lei e alla sua generazione il futuro.
Uno sciopero che ha toccato nello stesso giorno tutti i continenti, senza incidenti, con il globo visto, non più dagli occhi dei petrolieri e delle multinazionali, ma dagli occhii di chi si apre al domani e lo vuole non più mediato dal denaro, ma da un rapporto nuovo e diverso con il mondo naturale. Ritiene che ciò sia possibile riportando a galla un valore fondamentale, il rispetto, che il denaro, nel tempo del consumismo sfrenato, ha tenuto sommerso. Il rispetto per la terra, anche, e soprattutto, per non dare spazio a ulteriori processi di distruzione, che – secondo questi nuovi protagonisti - è distruzione del loro futuro.
Il rispetto, per ridurre e, possibilmente, azzerare lo spazio delle disuguaglianze, che è spazio di sopraffazione, ingiustizia, e, come, tale, spazio di non libertà, non democrazia.
Il 15 Marzo, l’inizio di una riscossa da parte di chi ha bisogno di un mondo nuovo, diverso da quello che si sta vivendo, per continuare a sognare e a sperare, ciò che è possibile se c’è spazio per tutti e non solo per alcuni; se torna a vivere, con il valore del rispetto, anche quello della solidarietà e della reciprocità; se l’amore torna ad essere un’emozione e non una merce da consumare; se l’uguaglianza diventa la regola e non il denaro; se torna il dialogo a far vivere il confronto, sapendo che non esiste un punto di vista ma diversi punti di vista, e, tutti importanti a definire e riconoscere l’oggetto che si guarda per quello che veramente è.
Il tempo passa e le cose cambiano. A volte definitivamente e a volte solo per un periodo di tempo, anche se non tornano, grazie agli aggiornamenti, mai come prima.
Scrivo queste riflessioni alla vigilia della grande festa del lavoro, il 1° Maggio, e penso al riscatto del lavoro quale riscatto ecologico e, dentro questo allargamento, il ruolo e la centralità, ancor più del passato, dell’agricoltura e delle attività ad esse collegate, come la forestazione e la zootecnia. L’insieme di quella fonte complessa di biodiversità, cibo, paesaggio, ambiente, tradizioni.
In pratica la fonte delle risorse e dei valori che esprime il territorio, il grande bene comune, negli ultimi cinquant’anni stravolto, insieme con il clima, , da un sistema che non sa fare altro che distruggere per avere solo quantità e, con essa, alimentare gli sprechi e la voglia di continuare a distruggere. Anche il tempo che ci resta e, con esso, distruggere i sogni, le speranze, il domani.
Una campagna non più animata da tante e diverse figure - braccianti, coloni, mezzadri, contadini coltivatori o agricoltori, e, al centro, il padrone, oggi sostituito dalle fredde e implacabili multinazionali – ma da giovani, che, insieme, nell’era della conoscenza, danno vita a un’agricoltura davvero moderna, all’insegna delle innovazioni e del rispetto della vita che il terreno ha ed esprime, per affermare la piena sovranità alimentare, premessa indispensabile per ottenere quella sicurezza alimentare di cui ha bisogno un mondo abitato, nel 2050, da 10 miliardi di persone, cioè 10 miliardi di bocche da alimentare.
Un’agricoltura capace di ridare al terreno ed alle piante le sostanze nutritive di cui hanno bisogno; utilizzare e non dissipare le risorse; contribuire, con il ritorno a metodi che esaltano e non distruggono la vita, quali sono le pratiche che fanno riferimento al biologico, all’agricoltura organica e rigenerativa. Pratiche che danno una risposta di salute e benessere a chi vive il territorio dove si sviluppa questa nuova agricoltura e, allo stesso territorio, con la possibilità di sostenere la sostenibilità necessaria per essere vissuto e goduto, anche e soprattutto da chi vive – penso al potere della grande distribuzione -l’omologazione e non la diversità che esso dà.
Una nuova agricoltura all’insegna, come dicevo, della conoscenza e dell’internazionalizzazione, quale ritorno al dialogo e alla reciprocità con la ricerca dell’altro e voglia di collaborare con il mondo intero.
E’ con la centralità di una nuova agricoltura che io continuo a vivere la grande festa del 1° Maggio, i risultati che essa ha dato, ma anche a pensare e sognare, con i giovanissimi del 15 Marzo , un domani davvero nuovo, dove la pratica dell’utilizzo annienti quella dell’abuso; la sobrietà prende tutto lo spazio dello spreco; l’agricoltura torna ad essere il perno di uno sviluppo che apre e non chiude al futuro.
Abbiamo tutti la nostra macchina del tempo. Per me è quella che mi riporta indietro e si chiama lotta e valori, l’altra, che spinge questi giovani a fare un passo in avanti, è quella dei sogni e della voglia di futuro.
Ha scioperato contro i petrolieri che sono i principali inquinatori, i proprietari di miniere di carbone; i distruttori di foreste; i titolari di stalle superintensive; i proprietari di terreni che fanno agricoltura industriale; gli azionisti delle grandi industrie chimiche e farmaceutiche, che, con i loro concimi, pesticidi e antibiotici, continuano a distruggere terreno fertile e a inquinare falde acquifere, corsi d’acqua, mari e la stessa aria.
Uno sciopero fortemente partecipato da ragazze e ragazzi, giovani, che hanno dato proprio l’esempio e la parola d’ordine di Greta Thunberg, la sedicenne svedese che sta dedicando alla lotta per il clima la gran parte delle sue passioni. Una lotta- come sostiene Greta- che serve ad assicurare a lei e alla sua generazione il futuro.
Uno sciopero che ha toccato nello stesso giorno tutti i continenti, senza incidenti, con il globo visto, non più dagli occhi dei petrolieri e delle multinazionali, ma dagli occhii di chi si apre al domani e lo vuole non più mediato dal denaro, ma da un rapporto nuovo e diverso con il mondo naturale. Ritiene che ciò sia possibile riportando a galla un valore fondamentale, il rispetto, che il denaro, nel tempo del consumismo sfrenato, ha tenuto sommerso. Il rispetto per la terra, anche, e soprattutto, per non dare spazio a ulteriori processi di distruzione, che – secondo questi nuovi protagonisti - è distruzione del loro futuro.
Il rispetto, per ridurre e, possibilmente, azzerare lo spazio delle disuguaglianze, che è spazio di sopraffazione, ingiustizia, e, come, tale, spazio di non libertà, non democrazia.
Il 15 Marzo, l’inizio di una riscossa da parte di chi ha bisogno di un mondo nuovo, diverso da quello che si sta vivendo, per continuare a sognare e a sperare, ciò che è possibile se c’è spazio per tutti e non solo per alcuni; se torna a vivere, con il valore del rispetto, anche quello della solidarietà e della reciprocità; se l’amore torna ad essere un’emozione e non una merce da consumare; se l’uguaglianza diventa la regola e non il denaro; se torna il dialogo a far vivere il confronto, sapendo che non esiste un punto di vista ma diversi punti di vista, e, tutti importanti a definire e riconoscere l’oggetto che si guarda per quello che veramente è.
Il tempo passa e le cose cambiano. A volte definitivamente e a volte solo per un periodo di tempo, anche se non tornano, grazie agli aggiornamenti, mai come prima.
Scrivo queste riflessioni alla vigilia della grande festa del lavoro, il 1° Maggio, e penso al riscatto del lavoro quale riscatto ecologico e, dentro questo allargamento, il ruolo e la centralità, ancor più del passato, dell’agricoltura e delle attività ad esse collegate, come la forestazione e la zootecnia. L’insieme di quella fonte complessa di biodiversità, cibo, paesaggio, ambiente, tradizioni.
In pratica la fonte delle risorse e dei valori che esprime il territorio, il grande bene comune, negli ultimi cinquant’anni stravolto, insieme con il clima, , da un sistema che non sa fare altro che distruggere per avere solo quantità e, con essa, alimentare gli sprechi e la voglia di continuare a distruggere. Anche il tempo che ci resta e, con esso, distruggere i sogni, le speranze, il domani.
Una campagna non più animata da tante e diverse figure - braccianti, coloni, mezzadri, contadini coltivatori o agricoltori, e, al centro, il padrone, oggi sostituito dalle fredde e implacabili multinazionali – ma da giovani, che, insieme, nell’era della conoscenza, danno vita a un’agricoltura davvero moderna, all’insegna delle innovazioni e del rispetto della vita che il terreno ha ed esprime, per affermare la piena sovranità alimentare, premessa indispensabile per ottenere quella sicurezza alimentare di cui ha bisogno un mondo abitato, nel 2050, da 10 miliardi di persone, cioè 10 miliardi di bocche da alimentare.
Un’agricoltura capace di ridare al terreno ed alle piante le sostanze nutritive di cui hanno bisogno; utilizzare e non dissipare le risorse; contribuire, con il ritorno a metodi che esaltano e non distruggono la vita, quali sono le pratiche che fanno riferimento al biologico, all’agricoltura organica e rigenerativa. Pratiche che danno una risposta di salute e benessere a chi vive il territorio dove si sviluppa questa nuova agricoltura e, allo stesso territorio, con la possibilità di sostenere la sostenibilità necessaria per essere vissuto e goduto, anche e soprattutto da chi vive – penso al potere della grande distribuzione -l’omologazione e non la diversità che esso dà.
Una nuova agricoltura all’insegna, come dicevo, della conoscenza e dell’internazionalizzazione, quale ritorno al dialogo e alla reciprocità con la ricerca dell’altro e voglia di collaborare con il mondo intero.
E’ con la centralità di una nuova agricoltura che io continuo a vivere la grande festa del 1° Maggio, i risultati che essa ha dato, ma anche a pensare e sognare, con i giovanissimi del 15 Marzo , un domani davvero nuovo, dove la pratica dell’utilizzo annienti quella dell’abuso; la sobrietà prende tutto lo spazio dello spreco; l’agricoltura torna ad essere il perno di uno sviluppo che apre e non chiude al futuro.
Abbiamo tutti la nostra macchina del tempo. Per me è quella che mi riporta indietro e si chiama lotta e valori, l’altra, che spinge questi giovani a fare un passo in avanti, è quella dei sogni e della voglia di futuro.
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