Significato e valore del silenzio
di
Umberto Berardo
Il
silenzio è una parola con diverse accezioni, tanti valori e conseguentemente
con svariate sfumature linguistiche.
Sommesso,
imposto, voluto, commemorativo, pauroso, abissale, misterioso, perfino l'ossimoro
assordante sono tra le tante aggettivazioni di questo sostantivo.
Il
termine, dal latino "silere"
ovvero "tacere, non far rumore", non è solo la condizione che si verifica in un
ambiente con l'assenza di frastuoni, voci, suoni, ma, in senso figurato, la
pratica psicologica di ridurre l'attività convulsa della mente per uscire da
una vita frenetica, conformistica e anonima rientrando nella propria
interiorità per riappropriarsi del fondamento della vita e della realtà in un
orizzonte di senso capace di andare oltre la banalità dell'apparenza di una
società tutta imperniata su una logica mercantilistica che riesce a togliere
perfino il senso autentico a parole inflazionate, a gesti consuetudinari, a
sentimenti ipocriti e ad affetti apparenti se non addirittura finti.
Le
grandi religioni e in particolare quelle orientali vanno oltre e considerano la
pratica del silenzio come una disciplina spirituale in grado di introdurci nel
migliore dei modi alla ricerca del vero e del bene.
Già
i grandi retori latini sostenevano che un oratore deve avere la capacità di
saper parlare, ma anche opportunamente di tacere, perché anche il silenzio può
esprimere sentimenti, riflessioni e messaggi, mentre Sant'Agostino suggeriva di
riservare spazio alla meditazione e al silenzio per cogliere e intendere la
verità; Edmund Husserl e Martin Heidegger poi hanno messo in guardia dal
pericolo del conformismo e riflettuto sulle modalità di un progetto di vita
autentica e personale.
Il
sociologo Franco Ferrarotti è addirittura convinto che stiamo correndo il
rischio di perdere la libertà di pensiero e di scelta rispetto a una società
nella quale i mass-media "in - formano" nel senso che non trasmettono
informazione aperta e plurale, ma danno forma in maniera subdola alla nostra
coscienza facendoci diventare schiavi del sistema.
Il
silenzio non è ancora solo capacità di introspezione, ma lo strumento che
l'essere umano ha di uscire dalla banalità e dall'egocentrismo per disporsi all'ascolto,
alla comprensione e all'accoglienza dell'altro oltre che a saper cogliere il
fondamento dell'esistenza e della realtà.
È
probabilmente questo che aveva intuito Giacomo Leopardi nel canto
"L'Infinito" quando scriveva, sottolineando con la maiuscola alcuni
termini profondamente allegorici, " Ma
sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi e
profondissima quiete io nel pensier mi fingo" .
Può
esistere indubbiamente anche un silenzio di chiusura alla realtà e alla
relazione, come un altro che a tanti fa paura perché associato inconsciamente
all'idea della morte, ma una serenità autentica nella persona è sicuramente
premessa di riflessione, di capacità razionale, di ascolto paritario e non
subalterno, ma soprattutto di reciprocità costruttiva.
In
un mondo in cui molti cercano il piacere nell'apparenza, nella provvisorietà,
nella banalità, nel rumore e negli idoli, il silenzio può avere una forza
kenotica adeguata a spogliare ciascuno dalle troppe sicurezze, una capacità
ontologica in grado di portare ai fondamenti dell'esistenza e dell'essere, un
vigore mistico utile per aprire al mistero e all'esperienza del divino
soprattutto nella preghiera come dialogo raccolto, ma aperto con Dio.
È
per questo che David Le Breton, sociologo e antropologo francese, nel suo
recente saggio "Sul silenzio", rispetto a un'epoca inquinata da
troppo rumore e da un eloquio sempre più triviale e sguaiato, invita a riconquistare la quiete come forma di
resistenza al frastuono da cui bisogna disconnettersi per sentire il valore
profondo di ciò che può dare senso e significato alla nostra esistenza.
Al
di là del senso, del valore o della funzione che ognuno di noi può dargli, è
indubbio che il silenzio matura l'attitudine alla riflessione, la sensibilità,
il rispetto, la sapienza, la libertà di pensiero, la capacità di comunicazione
fondata sull'ascolto oltre che sulla parola e sui segni, la forza di
osservazione della realtà e dell'universo, come l'energia per coglierne il
mistero e la bellezza.
È
così importante che lo abbiamo previsto nella comunicazione scritta con i segni
d'interpunzione, nella musica con le pause o nell'arte con la contemplazione.
Dunque
di fronte ad un sistema esistenziale votato alla ricerca stressante del rumore
e perfino del bombardamento confuso e caotico di un'informazione nella quale
diventa sempre più difficile difendersi dalla banalità e dalle fake news, è
quanto mai opportuno, mentre viene sempre più minacciato, coltivare il silenzio
e abitarlo soprattutto nei momenti di più intensa vitalità esistenziale come
possono essere la lettura, il godimento della bellezza nell'arte, la ricerca
dell'allargamento creativo del pensiero, il confronto tra le idee,
l'espressione della libertà nello spirito critico o il dialogo con Dio per chi
è credente.
Il
filosofo e teologo Vito Mancuso in un saggio dello scorso anno "Il bisogno
di Pensare", edito da Garzanti, sostiene giustamente che il silenzio non
guida ad "avere pensieri", ma ad "essere pensanti" e noi
aggiungiamo che sicuramente ci aiuta a comprendere e amare piuttosto che a
prendere e possedere i beni e perfino l'altro.
A
pagina 157 dello stesso volume Mancuso individua forse il fine più grande del
silenzio quando scrive: " Che cosa
si ottiene quindi facendo silenzio? La mia risposta è che si ottengono
soprattutto due cose:una purificazione della mente e una purificazione del
pensiero che ne procede per una più matura visione di noi stessi e del
mondo".
Come ha scritto Charlie Chaplin, "Il silenzio è un dono universale che pochi
sanno apprezzare: forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano
rumore. L’animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo
a chi lo cerca."
Noi crediamo fondamentalmente che il
silenzio, inteso nel senso che abbiamo cercato di illustrare, può avere la
grande funzione di farci uscire dalla presunzione dell'ego per aprirci alla
comprensione e alla relazione con il noi.
Nella Bibbia in Proverbi 17,27 troviamo
scritto "Chi
è parco di parole possiede la scienza e chi è di spirito calmo è un uomo
prudente".
È profondamente vero se pensiamo che le
grandi verità scientifiche ma anche le creazioni poetiche, artistiche e
musicali sono tutte figlie del silenzio.
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