No all'agricoltura industrializzata, un modello fallito che hprodotto solo disastri
Dedichiamo questo scritto, sempre attento e puntuale, di Giorgio Scarlato al 20 Marzo, la giornata mondiale della felicità voluta dall'Onu
Oggi,
ma già da diverso tempo, esiste un preciso programma che con pressioni
economiche o militari, un gruppo ristretto di potenti agisce nei confronti dei
popoli di tanti Paesi deboli obbligandoli a distruggere il proprio sistema di
produzione alimentare che per millenni ha funzionato con un modello di
"agricoltura scellerata" basato su grandi aziende agricole industrializzate
produttrici di derrate globalizzate nel sapore e salubrità, sull'uso di semi
ibridi, di semi geneticamente modificati (OGM), sugli agrofarmaci delle
multinazionali; quest'ultimi, peggio, strettamente correlati all'aumento
dell'incidenza sull'essere umano, di cancro, morbo di Parkinson, Alzheimer, SLA
(sclerosi laterale amiotrofica), autismo, malattie respiratorie, diabete,
infertilità, malformazioni fetali, disfunzioni metaboliche, danni neurologici,
ecc., ecc.
E' il cosiddetto agribusiness dell'industria alimentare che
è riuscita, con l'aiuto di tanti "cavallini di Troia", a smantellare le sane
agricolture di molti Paesi extraeuropei e da qualche tempo anche in alcuni Paesi
europei dove, unita alla "concorrenza sleale legalizzata" da trattati
internazionali stanno stremando contadini e le loro famiglie.
Quell'agricoltura industriale che vuole, esige, sempre meno
attori ma sempre più concentrazioni, cioè sempre più aziende di grandi
dimensioni per aumentare la produttività ( a mio parere fittizia visto poi il
dare-avere) a prezzi sempre più bassi. Sono le cosiddette aziende-fabbrica che
producono cibo che spesso ha nulla a che vedere con la qualità.
Sfortunatamente,
strettamente correlata, c'è la vita dell'essere umano che distaccandosi dalla
natura e attaccandosi a tutti i costi al progresso perde il punto nodale della
stessa vita, direzionata, improntata più "sull'avere e far vedere" che
sull'essere solidali, uniti, o alla tutela della stessa salute.
Un progresso fallimentare che sta distruggendo suolo, acqua,
aria, boschi, la vita stessa, visto il tutto e solamente nell'ottica del
profitto e della supremazia o della personale soddisfazione nel mero
perseguimento del benessere economico sull'altro di turno, chiunque esso
sia.
E'
il dominio globale dei pochi oligarchi che ha portato alla debacle del vivere
umano ed
hanno
avuto la capacità di globalizzare la povertà.
Il vivere in simile maniera può chiamarsi ancora vivere;
può garantire un futuro vivibile alle prossime
generazioni?
Oggi, quindi, siamo ad un crocevia. E' arrivato il momento
di scegliere, di decidere se continuare a proseguire su un processo di
distruzione o scegliere un futuro sostenibile per produrre cibo sano e difendere
la sempre più compromessa sovranità alimentare dei popoli e dei loro territori;
perché quando si parla di Agricoltura si parla
non solo di cibo ma di futuro, di democrazia e soprattutto di
libertà.
L'Agricoltura del futuro deve rispettare la tutela del bene
comune, la terra, la stessa vita.
Quanto su scritto non è che una scarna analisi del percorso
che stiamo in un modo per certi versi inconsapevolmente tracciando e che se non
poniamo la dovuta attenzione ci porterà alla distruzione. Siamo ancora in tempo per cambiare direzione e dobbiamo
farlo.
Concludo con due concetti esposti, il primo, sul progresso,
di Ed Begley jr, attore americano ed ambientalista convinto; il secondo, più
articolato, ancora attuale, sull'inadeguatezza del PIL come indicatore del
benessere delle nazioni economicamente sviluppate, di Robert Kennedy, politico
americano, nel discorso del 18 marzo 1968.
Il Primo.
"Non capisco perché quando distruggiamo qualcosa creata
dall'uomo lo chiamiamo vandalismo ma quando distruggiamo qualcosa creata dalla
natura lo chiamiamo progresso".
Il
Secondo.
"
Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione
nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni
terreni.
Non
possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né nei
successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.
Il
PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e
le autoambulanze per sgomberare le nostre autostrade dalle carneficine dei
fine-settimana.
Il
PIL mette in conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le
prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che
valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini.
Cresce
con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la
ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con
gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte e non fa che
aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi
popolari.
Il
PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro
educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza
della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del
nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né
della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti tra di
noi.
Il
PIL non misura la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza,
né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione per il nostro
paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di
essere vissuta.
Può
dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere
americani".
Termoli,
18 marzo 2019
Commenti
Posta un commento