Un Protocollo d’Intesa che rende ancora più protagoniste le Città del Vino e le Città dell’Olio
di Pasquale Di Lena
Un atto importante, quello firmato, l’altro giorno, dai due presidenti delle su citate associazioni, Enrico Lupi e Floriano Zambon, a Carpino, la bella Città dell’Olio che domina il lago di Varano e apre al Parco del Gargano. Un Protocollo d’intesa che porta a nuove responsabilità e a nuovi impegni le due Associazioni nate grazie L’Ente Mostra Vini – Enoteca di Siena.
Un Ente, con la sua struttura operativa, grande ed assoluto protagonista negli anni ‘80/90 e primi anni del terzo millennio, che ha dato molto alla crescita dell’immagine dei nostri grandi vini, in Italia e nel mondo, e, solo da qualche mese, dopo quasi un secolo di vita, chiuso. Annullato proprio nel momento in cui il Paese ne avrebbe forte bisogno e non solo per il vino e per l’olio, ma per l‘insieme del cibo italiano, che al mondo piace più di ogni altro. Tutto per colpa di un vuoto politico e culturale, la mancanza di una programmazione e delle dovute strategie, soprattutto quella del marketing, necessarie per il successo che serve al domani dei comparti della nostra agricoltura e dei suoi territori.
Penso alla Francia ed alla sua Sopexa; al sorpasso, non casuale, in Usa, che l’ha portata a vivere il primato dei prezzi che fino allo scorso anno detenevano i vini italiani. Penso, restando in Francia, al miracolo della Provenza, che, grazie a un’attenta azione di marketing, ha, in meno di dieci anni, registrato un aumento del suo export del 1.000% (negli Usa addirittura 4.000%) con i produttori che investono ogni 3 milioni di euro per la promozione e valorizzazione.
Penso, anche, all’attenzione crescente della Spagna per la promozione del suo olio e, mentre in Italia si dà spazio, alle sue varietà per impiantare oliveti superintensivi – scelte fuori luogo e fuori tempo – c’è chi in quel Paese, che ha il primato al mondo dell’olivicoltura, vuole le nostre varietà per diversificare di più le produzioni del proprio olio e dare ad esso, com’è già stato con i nostri più grandi stabilenti oleari, un tocco d’italianità, tutto per carpire la fama della qualità della nostra olivicoltura e dei nostri oli.
Le Città del Vino e le Città dell’Olio meritano un applauso per tutto quello che hanno realizzato, in questi ultimi decenni, contribuendo, soprattutto, a far vivere la cultura e l’immagine dei due testimoni più significativi e più rappresentativi dei mille e mille territori che caratterizzano il nostro Paese.
Ed è al territorio, la ragione che ha dato vita, prima all’Associazione Città del vino e poi a quella delle Città dell’Olio, che voglio fare riferimento, sottolineando la priorità delle priorità: il recupero e l’espansione della superficie olivicola – il bisogno di altri 800.000 ettari di olivi – per ridare vita alle nostre colline, arricchire di nuova bellezza il paesaggio e dare, con i suoi oli di qualità, più salute e più benessere a chi ne fa già uso e a chi, con le azioni di formazione e comunicazione, può e deve essere conquistato dall’olio extravergine di oliva. Una necessità per: 1. affrontare la grande questione CLIMA, con le virtù espresse e riconosciute all’albero degli alberi, l’olivo; 2. rapportare l’offerta alla domanda in forte e costante aumento, soprattutto per la qualità e la diversità degli olio, e ciò è possibile con una programmazione del comparto e un’attenta strategia di marketing, che ha tutto per essere vincente:
- Qualità dell’origine, il territorio, alla quale si abbina la maestria dei nostri olivicoltori e trasformatori. Due elementi che, da tempo, danno primati al nostro Paese con 523 vini (74 docg, 332 doc, 118 igt); 296 Ig (dop, igt) di cui 46 oli evo, più 3Stg, ai quali bisogna aggiungere una riserva di quasi 5.000 Prodotti Tradizionali, e, tutto questo, grazie alle peculiarità del territorio italiano con i suoi mille e mille territori ;
- Storia e Cultura, due straordinari valori aggiunti capaci di rendere affascinante il racconto della vite e dell’olivo, una coppia inseparabile, del vino e dell’olio;
- Ambiente, sempre più sano con la scelta obbligata della sostenibilità e la diffusione della coltivazione biologica;
- Bellezza dei paesaggi, carta d’identità di un dato territorio, espressione alta di un valore che non sempre, e non da tutti, viene preso nella sua dovuta considerazione, nonostante sia l’elemento primo e più convincente di attrazione turistica;
- Tradizioni, in primo luogo quelle legate alla coltivazione e alle sue vocazioni, ai caratteri propri dell’olivo, albero simbolo del mediterraneo, cioè adattamento da secoli, se non millenni, a dati ambienti, e, quindi, i più pronti e preparati ad affrontare i cambiamenti climatici e, non solo, a risolvere i problemi di questi cambiamenti, come frane, smottamenti, disastri;
- Biodiversità, cioè la diversità dei caratteri, sia dell’olivo che della vite, che dà all’Italia due prestigiosi primati mondiali, irraggiungibile con le sue 563 varietà di olivi e oltre 300 di viti, la gran parte testimoni di singoli territori. Un patrimonio enorme che è, e può diventare sempre più un passe par tout in grado di aprire tutte le porte di un mercato globale e vincere la competizione sempre più agguerrita.
E’ La biodiversità, unica e sola certezza di continuità, la grande speranza di futuro per la viticoltura e l’olivicoltura, i territori di questo nostro Paese.
Le due Associazioni, quella delle Città dell’olio e quella delle Città del vino, oggi unite da un Protocollo d’intesa, hanno dimostrato, con questo atto, di avere qualcosa in più da esprimere, comunque quanto serve per essere sempre più punto di riferimento delle politiche nazionali, europee e mediterranee. Sanno, in pratica, di avere la capacità e la forza di continuare a raccontare: un mondo fantastico di minuti territori e piccoli comuni, altrimenti dimenticati; la biodiversità, che è vita e gioco insieme, libertà di scelta del consumatore; il tempo, altro valore sprecato stupidamente dalla società dei consumi, degli olivi e delle viti secolari e di montagna; la generosità, il grande cuore, proprio dell’olivo e dell’olio, riferita ai terreni che lo ospitano e all’aria che si carica del suo ossigeno; il pianto degli olivi abbandonati, da trasformare in sorriso; la gioia, che dà un buon bicchiere di vino; la bontà dell’olio, quale filo conduttore di una cucina vincente, e quella del vino per abbinamenti perfetti; i miracoli dell’olio, confermati dalla ricerca scientifica, in fatto di salute e benessere, capacità di prevenire.
Pasquale Di Lena – ideatore e promotore delle Città dell’Olio – Presidente onorario
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