I cittadini e la legge di stabilità
di
Umberto Berardo
Zacc e Belina - Ro Marcenaro |
Di
recente ci siamo occupati del lavoro del cosiddetto governo giallo-verde nella
predisposizione del Def e, dopo aver rifiutato
un decisionismo incapace di qualsiasi confronto, abbiamo auspicato che successivamente,
nelle determinazioni sulle diverse voci della legge di bilancio, ci fosse un
orientamento di responsabilità nelle risoluzioni per il bene dell'Italia e dei
suoi abitanti.
Proviamo
ad analizzare cosa è successo al riguardo.
L'ipotesi
di legge di stabilità avanzata dal governo è stata chiaramente bocciata
dall'Unione Europea, dai mercati finanziari, dalle società di rating e dalla
quasi totalità degli economisti che ne hanno analizzato i dati.
Vorremmo
far riflettere sul fatto che l'andamento dello spread e del mercato borsistico
dice con chiarezza che gli investitori sono davvero preoccupati per la
situazione economica del Paese non solo perché si tenta di fare una manovra
economica in deficit in un momento di forte congiuntura economica in cui la
crescita è minima e relativa solo ad una parte del nostro territorio, ma
soprattutto per l'apertura di quello scontro con l'Europa che sembra prendere
corpo come processo di destabilizzazione intorno ad un sovranismo
nazionalistico ed in taluni casi perfino xenofobo, ma anche da parte di potenze
esterne all'Unione Europea.
Analizziamo
allora le ragioni per le quali le scelte di questo governo non appaiono
credibili.
Il
rapporto tra deficit e Pil, che era stato fissato al 2,4% per il prossimo
triennio, ora è stato abbassato per gli anni 2020 e 2021 al 2,1% ed al 1,8%
nella speranza di ridurre il tono di criticità che si respirava all'orizzonte.
Nella
stessa lettera di risposta alle critiche della Commissione Europea il ministro
Tria avrebbe dichiarato la disponibilità del governo ad intervenire in caso di
evidenti difficoltà.
Nonostante
ciò proprio mentre scriviamo giunge la notizia che Bruxelles ha respinto il
documento di programmazione economica dell'Italia invitando il governo a
produrre una nuova bozza entro tre settimane.
La
verità a nostro avviso è che il governo non dà alcuna garanzia agli investitori
sull'efficienza e sulla bontà della manovra economica in atto.
Intanto,
nonostante le ultime variabili prospettate, i mercati non credono che si possa
fare una legge di stabilità in deficit perché secondo gli economisti più
avveduti saremmo nel pieno di un ossimoro visto che il deficit strutturale
aumenterebbe indipendentemente dalla crescita.
Come
poi mette opportunamente in evidenza la giornalista Roberta Carlini, non si può
solo fissare la percentuale del rapporto con il Pil senza fare alcuna
previsione di quale sarà quest'ultimo nei prossimi tre anni, visto che il
valore di una frazione dipende non solo dal numeratore, ma anche dal
denominatore.
Certo
le politiche di austerità dell'Europa determinate dalle regole del Fiscal
Compact non hanno assolutamente aiutato la crescita dell'economia ed un
benessere sempre più diffuso dei suoi abitanti al punto che il numero dei
disoccupati in alcuni paesi aumenta e sale soprattutto quello dei poveri; allo
stesso tempo non crediamo ci si possa illudere tuttavia che l'aumento del
deficit riesca a dare espansione agli investimenti ed allo sviluppo.
Intanto,
se abbassiamo i fondamentali di stabilità del bilancio dello Stato, nessuno può
garantirci che il nostro debito pubblico sarà acquistato così come il governo
spera ed in questa incertezza potremmo anche andare incontro al default.
In
quest'ultima ipotesi, che ovviamente nessuno degli italiani auspica, il conto
lo pagherebbero proprio i cittadini e tra essi i piccoli risparmiatori, visto
che i furbi si tutelano investendo i propri capitali all'estero o evadendo le
imposte.
Che
le forme di condono previste, sulle quali tra l'altro abbiamo dovuto assistere
ad accuse reciproche grottesche tra ministri, la riduzione delle tasse ad una
fetta molto ridotta di contribuenti come i professionisti ed i piccoli
imprenditori a partita Iva, il reddito di cittadinanza o la revisione della
legge Fornero possano muovere di qualche decimale gli acquisti può anche
corrispondere in parte al vero, ma che tali provvedimenti possano creare nuova
occupazione e crescita dell'economia è davvero molto discutibile.
Un
Paese avrà nuovi occupati solo se riesce a prevedere nella legge di stabilità un
calo deciso della tassazione sul lavoro ed una parte consistente del bilancio
in investimenti per infrastrutture, istruzione, ricerca, innovazione
tecnologica e telematica insieme ad un'eccellenza dei prodotti sul mercato.
Nella
situazione che vive l'Italia ciò si può ottenere con una riduzione della spesa
pubblica, con una lotta serrata all'evasione fiscale o con una patrimoniale.
In
buona sostanza, come pare di capire dalle notizie molto aleatorie sulle cifre
che fin qui filtrano in relazione alle diverse misure della manovra, quando gran parte del budget a disposizione
va in provvedimenti assistenziali destinati a rinforzare bacini elettorali
delle forze politiche al governo piuttosto che su impieghi di natura produttiva
nei diversi settori dell'economia, è difficile immaginare che esso possa
contribuire alla crescita economica.
Non
si discute la bontà dell'idea di ridurre la povertà e la lunghezza della vita
lavorativa, ma tali obiettivi vanno raggiunti con la certezza delle coperture
economiche che tra l'altro vanno trasferite non su fondi di natura
assistenziale, ma sull'espansione dell'occupazione lavorativa che sola potrà
dare dignità e libertà alla persona.
Se
questo non si realizzerà, il prezzo più alto sarà pagato ancora una volta
soprattutto nel Mezzogiorno.
Occorre
pertanto smettere di parlare alla pancia del Paese e provare a rivitalizzare lo
sviluppo della capacità imprenditoriale e della cultura del lavoro produttivo
che sole possono dare vera ricchezza in un mondo globalizzato che immagina
invece di generarla sul piano finanziario con sistemi eticamente inaccettabili
a danno di una maggioranza di esclusi.
Non
crediamo che partiti populisti e sovranisti siano orientati verso una possibile
liberazione dal prezzo della povertà che una globalizzazione selvaggia ed il
neoliberismo ci propinano.
Non
riusciranno a raggiungere tale obiettivo neppure le forze di quella sinistra
che ha finito per appoggiare le posizioni dei centri finanziari accettandone le
politiche di austerità, le visioni assurde delle strutture economiche,
politiche e sociali e perfino il folle orientamento da un'economia produttiva
ad una fondata sul mercato del denaro.
Nonostante
la pretesa di definirsi talora movimenti, ci troviamo di fronte a gruppi
elitari che esercitano ancora il potere nella convinzione tra l'altro che esso
debba avere sempre meno controlli democratici ed articolati come abbiamo sentito ancora ripetere da Matteo
Salvini e da Beppe Grillo con messaggi nei confronti della Magistratura, dei
mass-media o del Presidente della Repubblica.
Se
le analisi sopra prospettate hanno un qualche fondamento e le forze di governo
nei sondaggi sembrano crescere nei consensi e godono dell'appoggio di vasti
strati della popolazione, o i loro messaggi hanno una qualche forza convincente
sul piano degli interessi individuali oppure nei cittadini potrebbe mancare un cosciente
spirito critico in grado di vedere le questioni socio-economiche con cognizione
di causa ed effetti.
La
via di uscita per tornare a fare politica in modo razionale e democratico è una
sola: rafforzare la conoscenza diffusa sui problemi sociali, allargare nel
Paese un dibattito al momento troppo limitato e
costruire in tempi accettabili un soggetto politico nuovo sul piano
della metodologia, della struttura, delle idee fondanti e della prassi
operativa.
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