Sempre più bisogno di umiltà
di
Umberto Berardo
In
una società in cui non sono più affermati e soprattutto vissuti i valori
dell'uguaglianza, della fraternità, della condivisione e dell'amore è davvero
molto difficile che possa abitare l'umiltà.
Soprattutto
nella cultura neoliberista occidentale è sempre più raro che le diverse agenzie
educative dedichino un qualche impegno nel formare i giovani ad una tale virtù
che sembra ormai fuori dagli obiettivi istruttivi della famiglia, della scuola
e delle formazioni politiche; la preoccupazione piuttosto è quella di orientare
tutti verso il successo individuale, la competizione o l'agonismo esasperato
con la presunzione del raggiungimento della perfezione personale.
La
simbologia di tale orientamento culturale è rintracciabile facilmente nei talk
show in cui, quando non si riesce ad avere lo status di ospiti d'eccezione
senza contradditorio, l'atteggiamento prevalente raramente è il dialogo pacato mentre
sempre più si assiste alla voglia di prevaricazione.
Sui
social network poi l'egocentrismo e l'affermazione di sé spingono sempre più
verso forme di esibizionismo tenute molto spesso con un linguaggio irrispettoso
e talora addirittura offensivo nei confronti d'interlocutori critici.
Non
è generalizzabile, ma è molto abituale ritrovare il complesso di superiorità ed
il narcisismo soprattutto nelle persone istruite che talora si sentono " vestali
della cultura" e nell'arrivismo economico di quanti si sono arricchiti con
metodi molto discutibili e che si ritengono degli "arrivati" con un
senso di onnipotenza.
Domina
così la voglia palese di mostrare ed esibire le proprie conoscenze, il proprio
sapere o il particolare status sociale facendone un emblema di orgoglio
personale di chi vuole affermare agli altri di esistere, di essere importante e
superiore a chiunque.
È
chiaro che l'umiltà mal si concilia con un tale modo di pensare e di agire.
Più
che coltivare la modestia ed il rispetto per gli altri, oggi in generale si
preferisce sentirsi liberi, senza limiti, illusi di essere grandi, sapienti e
potenti, ma del tutto ignari sulla necessità di un'interconnessione con gli
altri e con la fragilità della natura umana cui apparteniamo.
L'umiltà
pertanto sembra desueta in una società che ci educa e ci spinge a prevalere
sugli altri facendoci dimenticare che un tale atteggiamento di orgoglio chiude
il dialogo ed il rapporto costruttivo con l'altro.
È
chiaro che un valore come l'umiltà è del tutto estraneo in una società in cui
nei singoli prevale l'abitudine ad operare per fini ed interessi che non sono
quelli della collettività, ma del tutto individuali ed egocentrici.
Per
ricostruire un rapporto diverso con la
comunità in cui si vive ed opera occorre allora sicuramente un cambiamento
culturale ed un diverso approccio alla vita che possono ottenersi solo in un
processo educativo completamente rivoluzionato.
Dev'essere
chiaro che una persona umile non è debole e neppure disponibile alla
sottomissione ed all'umiliazione; vive anzi con la certezza delle sue capacità
e delle doti acquisite, ma è conscio anche dei propri limiti e li accetta senza
esaltarsi, non dimostra sicurezze eccessive ed un orgoglio sconsiderato che
porta perfino a disprezzare gli altri fino ai casi estremi della xenofobia.
Abbiamo
anche bisogno della consapevolezza che l'umiltà, discrimine tra il complesso di
inferiorità ed il narcisismo, non è una virtù innata, ma si acquisisce
psicologicamente non solo con l'educazione, ma anche con l'emulazione di
soggetti che l'hanno praticata a livelli di forte autenticità; sono essi
infatti, più delle svariate definizioni sul lemma, a guidarci verso
l'acquisizione dei caratteri relativi ad un comportamento consono con tale
qualità trans personale.
I
giovani vanno guidati a riconoscere i caratteri dell'umiltà imparando a praticarla
per uscire da atteggiamenti di prevaricazione sugli altri e promuovere invece
gesti di collaborazione solidale per una crescita comune.
La
radice etimologica di umiltà è nel termine latino "humus" inteso come
terra da cui tutti traiamo origine.
Conservare
il nostro concetto di finitezza e d'interdipendenza con la natura e con gli
altri esseri viventi può aiutarci a capire che la virtù dell'umiltà è una
necessità biologica e psicologica prima ancora che etica e consiste nella consapevolezza
di non sentirsi autosufficienti in assoluto, ma limitati nella nostra
piccolezza in relazione alla complessità della vita, del sapere, della scienza
e della tecnica rispetto a cui tutte le competenze personali sono limitate e
dunque necessitano dell'integrazione con quelle altrui.
La
cultura cristiana in questa direzione ha offerto un contributo importante di
riflessione, di educazione e di testimonianza a partire dallo stesso Gesù
Cristo fino soggetti che ne sono stati il simbolo vivente come Francesco
d'Assisi, Gandhi, Martin Luther King o Madre Teresa di Calcutta solo per fare
qualche esempio.
Credenti
o meno occorre stabilire a nostro avviso una relazione rigenerante con tale
pensiero nella coscienza che l'umiltà, lungi da essere un sintomo di debolezza,
rappresenta al contrario un segno di maturità che può permetterci di acquisire
un abito mentale in grado di darci serenità, equilibrio e capacità di
relazionarci costruttivamente con gli altri.
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