Ma in che termini vogliamo pensare al futuro del Molise ?
di
Umberto Berardo
Disconoscere
che esista un territorio chiamato Molise con una sua identità sotto diversi
profili è davvero difficile soprattutto dopo che esso per volontà dell'allora
classe dirigente si è voluto costituire in regione autonoma nel 1963.
A
parte il tormentone che in maniera enfatica attraversa da un po' le diverse
forme di comunicazione sulla sua esistenza, è indiscutibile che una serie di
connotazioni storiche, linguistiche, culturali, gastronomiche e perfino
folcloristiche facciano della popolazione di questa terra qualcosa di
riconoscibile sul piano della coesione identitaria.
Sulle
ipotesi di una sua confluenza in un'eventuale macroregione ci siamo più volte
espressi con chiarezza individuando la necessità che anche in un'eventuale tale
riorganizzazione istituzionale le singole regioni mantengano le autonomie
decisionali nei nuovi organi amministrativi e conservino i servizi essenziali
per le popolazioni.
I
problemi che il Molise vive oggi sono legati a bilanci pubblici che hanno
condotto ai dissesti che conosciamo e sui quali ancora non si è fatta
chiarezza, ma anche all'assenza da diverse consiliature della capacità di
difendere il tessuto produttivo e di programmarne il futuro.
Siamo
così giunti alla situazione attuale che ha visto in pochi anni l'abbandono del
territorio, la chiusura di molte aziende tessili ed agroalimentari, il degrado
e l'impraticabilità della rete stradale, la contrazione dei servizi pubblici,
le criticità dell'edilizia e della rete scolastica, la marginalità delle
iniziative culturali, ma soprattutto il ridimensionamento delle strutture per
la tutela della salute dei cittadini che non garantiscono pienamente i Livelli
Essenziali di Assistenza, ma stanno creando ormai una situazione davvero grave
e pericolosa soprattutto per le malattie tempo dipendenti.
Ci
dicono che il tutto sarebbe funzionale al rientro da debiti pregressi di cui
però nessuno riesce a dare spiegazioni plausibili nella loro formazione.
La
ministra della salute Giulia Grillo, dopo la morte di un quarantasettenne di
Larino, ha inviato una Task force di esperti del ministero per accertare quanto
sta accadendo nella rete di emergenza-urgenza in Molise, le inefficienze
soprattutto sul piano neurologico ed eventuali deficienze derivanti da una
cattiva programmazione nella politica sanitaria in regione.
Può
essere un primo passo, ma noi auspichiamo che la magistratura faccia piena luce
su quanto sta accadendo in termini di eventuali carenze nell'assistenza
sanitaria, che chi in passato dall'opposizione prometteva interpellanze
parlamentari ed oggi siede nel Consiglio dei Ministri manifesti un tantino di
coerenza rivedendo il Decreto Balduzzi e cancellando quell'avallo del Piano
sanitario Regionale che è stato fatto con legge dello Stato.
Di
fronte al deserto demografico e socio economico e alla ripresa del fenomeno
dell'emigrazione, in special modo dei giovani, la stragrande maggioranza della
popolazione sembra adeguarsi alle logiche neoliberiste di classi dirigenti che
paiono orientate alla privatizzazione dei servizi ed al mantenimento di feudi
clientelari adatti alla raccolta del consenso attraverso specchietti per le
allodole fatti per lo più di false promesse.
Dal
presidente della regione e dalla giunta giungono fin qui solo dichiarazioni
d'intenti che in nulla possono incidere nel quadro catastrofico in cui si trova
la popolazione.
Chi
un tempo si presentava come il paladino dei diritti civili e politici dei
cittadini oggi vive politicamente a livello di rappresentanza un'asfissia o
peggio ancora un'inesistenza che deve davvero preoccuparci.
Se
dunque in una regione la maggioranza non produce atti concreti di
programmazione e di finanziamento di lavori mentre la minoranza non incalza in
questa direzione, anche le speranze di cambiamento minimo danno solo seguito ad
un deserto politico che non può che portare il Molise alla marginalità da tutti
i punti di vista con il pericolo che ad un potere politico inefficace si
sostituisca quello della malavita organizzata.
Ovviamente
la responsabilità del degrado che stiamo vivendo è delle classi dirigenti che
da anni non riescono a gestire con razionalità i problemi regionali, ma nessuno
crediamo possa sfuggire alla corresponsabilità in merito almeno per omissione
d'impegno o almeno di stimolo all'operatività.
Taluni
sostengono che la crisi della politica trova radici soprattutto nell'assenza di
soggetti capaci di avere un ruolo di leadership riconoscibile all'interno delle
formazioni politiche.
Per
nostra formazione culturale e politica pensiamo che la funzione dell'equipe e
della collettività sia molto più importante ed utile nella gestione dei
problemi comuni e nello sviluppo della democrazia.
Se
questo è vero, come a noi appare, credo che quanti hanno a cuore le sorti del Molise
non possano più essere appagato d'indignarsi sul Web o di produrre comunicati
stampa, ma debbano muovere la riflessione comune a livello prima locale e poi
regionale tentando, come è stato fatto per la sanità nel maggio del 2016, di coscientizzare
i molisani sui problemi comuni e di portarli non a chiedere, ma a rivendicare
con fermezza i diritti essenziali come ad esempio quello al lavoro, alla
salute ed alla cultura che oggi, secondo
il nostro umilissimo punto di vista, sono in gran parte negati.
Solo
una forza d'urto e di produzione costante di idee può costringere forze
politiche e sindacali ad un impegno deciso in favore dei diritti sociali e
politici.
Nella
regione ci sono associazioni culturali, movimenti e singoli soggetti operanti
per il bene comune che fin qui forse hanno lavorato in maniera troppo
autoreferenziale.
È
giunto il momento di uscire dagli individualismi e di costruire sinergie se
vogliamo che i figli di questa terra possano continuare a viverci.
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