UNITI CONTRO LE SCELTE NEOLIBERISTE PER UN PIU' FORTE IMPEGNO CULTURALE, SOCIALE E POLITICO
di
Umberto Berardo
Siamo
a pochi mesi dalle elezioni della prossima primavera.
Abbiamo
già affrontato in parte il tema, ma occorre ora allargare la riflessione
tentando di muovere in qualche modo il confronto.
A
livello nazionale e regionale gli esponenti della cosiddetta sinistra non solo
non si sono adeguatamente opposti alle politiche neoliberiste del PD, ma nulla
hanno fatto per ricostruire un tessuto democratico sul piano elettorale, per
impedire il Jobs Act, la devastazione del territorio e dell'ambiente, la
privatizzazione strisciante in atto del sistema sanitario, la precarizzazione e
pauperizzazione del lavoro e la diffusione della disoccupazione soprattutto
giovanile.
Questioni
enormi come la programmazione di un'economia al passo con i tempi e le
migrazioni di masse enormi di popolazioni dal sud e dall'est del mondo sono
lasciate a tentativi di soluzione improvvisati, empirici, provvisori e casuali
che non aprono spazi a sistemi reali di integrazione.
La
sinistra, dunque, non solo non è stata capace da anni di dar vita a governi
credibili, ma anche l'opposizione messa in atto da una parte di essa ha fatto
ricorso a giochi di prestigio tendenti ad illudere o, peggio ancora, ad ingannare
l'elettorato.
Un
trasformismo equivoco e pericoloso poi è stato creato ed alimentato radicandosi
sul territorio per interessi personali e di gruppo che di fatto hanno
alimentato il voto di scambio riducendo al lumicino quello di opinione.
Soggetti
tinti di rosso per convenienza, radical chic, imbonitori, parolai incantatori
di serpenti e politici di professione senza più riferimenti all'elettorato
hanno continuato a galleggiare nelle acque di un mondo ideologico e politico
che non appartiene al loro stile di vita e nel quale prosperano per puro opportunismo
e ricollocazione in vista di possibili candidature.
La
stessa frammentazione, che pure è riuscita a trovare momentaneamente almeno
unità elettorale con l'esperienza dell'Ulivo, ha creato di recente divisioni
ancora più articolate, frutto di evidenti incompatibilità delle sue componenti
sulle visioni umane, sociali, economiche e politiche.
Tali
macerie non potevano non dare luogo alle forme di populismo e di astensionismo
che rischiano davvero di portare all'implosione del sistema democratico.
Stiamo
già assistendo a tentativi a nostro avviso ancora una volta verticistici e pseudo
democratici di affrontare e risolvere le questioni relative almeno ai possibili percorsi unitari a sinistra sul
piano elettorale.
Il
primo passo in questa direzione è prioritariamente definire o, se preferite,
ridefinire le basi culturali, ideologiche e ideali di un tale raggruppamento
politico.
Pur
nella contaminazione di principi e valori tra destra e sinistra e nella nascita
e sviluppo di movimenti trasversali che si definiscono a-ideologici e che
rendono sempre più difficile, per dirla con Giorgio Gaber, enunciare cosa
appartiene ad un campo concettuale, culturale e pragmatico o ad un altro, per
noi "sinistra" si associa anzitutto ai principi dell'Illuminismo relativi
alla libertà, all'uguaglianza ed alla fraternità coniugate nei diritti relativi
e nella condivisione dei beni fino a comprendere una struttura democratica e
partecipativa dello Stato.
A
questo la sinistra deve fare riferimento non tanto nelle idee, ma soprattutto
nello stile di vita per la costruzione di quel contesto di condizioni che
dovrebbero dare origine finalmente alla giustizia sociale che finora siamo
stati capaci di proclamare soltanto senza mai realizzarne se non qualche lieve
presupposto.
Chi
in questa direzione ha prodotto errori marchiani, non ha fatto registrare
impegni coerenti e si è occupato di altro dovrebbe fare autocritica avendo il
buon senso di togliere il disturbo e lasciare il campo ad un rinnovamento
totale del quadro politico.
Finora
la rincorsa alla candidatura, l'assenza di nuovi principi, metodologie
operative, regole chiare e dirimenti sul piano etico e qualche accenno
insufficiente di apertura larga al
rinnovamento ci convincono che al momento il nuovo all'orizzonte potrebbe
essere fondamentalmente il vecchio che avanza.
Lontani
allora da ogni logica di qualsiasi forma di settarismo, noi crediamo che si
debba lavorare in una piattaforma di base impegnando soprattutto i giovani ed
il mondo associativo operante sul territorio in un confronto capace anzitutto
di superare l'involuzione nel sistema democratico a qualsiasi livello
istituzionale, nei diritti fondamentali del cittadino e nella governance del
Paese.
È
necessario allora individuare una nuova classe dirigente competente, onesta e
responsabile che esiste e che occorre impegnare in incontri di studio e di
elaborazione di idee per una programmazione essenziale su aspetti politici di
livello nazionale e locale.
È
del tutto evidente che la presenza come attori in tale nuova forma di
organizzazione politica presenta discrimini derivanti da valori, principi,
metodologie operative e regole democratiche partecipate, ma soprattutto dalla
storia personale con cui ciascuno si è rapportato con l'impegno culturale,
sociale e politico.
Il
servizio pubblico nelle istituzioni di qualsiasi livello deve porsi
costantemente in un riferimento di confronto con l'elettorato e dunque lontano
da ogni forma di autoreferenzialità personale o di gruppo, dev'essere provvisorio
per non più di due mandati e senza privilegi di natura economica e dunque con
lo stesso compenso del lavoro di origine dell'eletto più le spese necessarie
all'espletamento delle funzioni elettive da fissare chiaramente in un tetto
massimo, ma deve anche fare riferimento a codici etici definiti e condivisi.
Per
ciò che riguarda il progetto politico pensiamo che, partendo dalla Costituzione
Italiana, si debba lavorare su alcuni punti essenziali per definire leggi
elettorali dove "uno vale uno" e disegnare forme nuove di
strutturazione istituzionale del territorio nel pieno rispetto delle autonomie
e delle identità culturali senza penalizzazioni di alcun genere per tutte le
aree incluse; occorre poi operare per il sostegno al diritto al lavoro per
tutti, per la difesa dell'ambiente e del territorio dando prospettive di
crescita ad un'agricoltura contadina che, fuori da schemi di
industrializzazione irrazionale, sia rispettosa del suolo e della salute; è
necessario altresì cancellare tutti i provvedimenti di logica neoliberista che
a livello locale e nazionale stanno privatizzando beni comuni come l'acqua,
l'energia, la salute, le comunicazioni, l'istruzione e la cultura tutelando al
contrario su questi versanti i diritti dei cittadini; è fondamentale ancora
ridefinire i rapporti all'interno dell'Unione Europea, le politiche monetarie
ed il rapporto interetnico, culturale ed umano.
Rispetto
alle disuguaglianze, alla povertà, al degrado culturale, alla globalizzazione
delle merci e non dei diritti, alle delocalizzazioni ed ai movimenti migratori,
funzionali talora ad interessi di parte e perfino alla precarizzazione
crescente del lavoro, occorre davvero immaginare in economia nuove forme d'intervento
pubblico a garanzia del superamento dell'iniquità nelle retribuzioni e della
piena occupazione.
Sappiamo
che c'è chi a tali proposte di assoluto buonsenso avrà sussulti di diniego o le
leggerà come estremismi ideologici, ma davvero occorre invertire la tendenza
della legislazione negli stati nazionali e nelle organizzazioni internazionali
per impedire le disparità di trattamento degli esseri umani nel lavoro e nel
fisco realizzando quella giustizia sociale di cui la sinistra, se esiste
ancora, sembra essersi dimenticata.
Occuparsi
di politica in tal senso significa partire dai problemi esistenziali dei
cittadini, studiarne le soluzioni possibili ed eque e lavorare per costruire
una società dove la libertà, l'eguaglianza, la fraternità e la giustizia
sociale non siano solo il fumo negli occhi in dichiarazioni di circostanza, ma
principi realizzati nello stile di vita dei cittadini che deve connotare il
modo di essere di ciascuno e dell'intera società.
Un'eventuale
lista popolare e civica a sinistra che voglia essere sostenitrice degli
interessi del popolo piuttosto che di quelli del mondo finanziario e delle
multinazionali deve porsi a livello antagonistico non solo verso le destre, ma
anche nei confronti della pseudo sinistra e del populismo sempre più dilagante.
Sarà
l'unico modo per convincere gli elettori che nelle consultazioni locali e
nazionali oltre all'astensione, al voto di scambio, a quello imposto, utile o
relativo al meno peggio è necessario ridare finalmente spazio e libertà al suffragio
di opinione.
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