Corruzione senza fine?
di
Umberto Berardo
La
violazione delle norme nelle gare o negli appalti da parte di un pubblico
ufficiale può riguardare la corruzione, la concussione, l'abuso d'ufficio o il
rifiuto e l'omissione di atti d'ufficio, l'induzione indebita
a dare o promettere utilità, ma è sicuramente un fenomeno deplorevole non
solo perché viola i canoni dell'onestà
comportamentale, ma anche in quanto reca danni di natura economica alla
collettività ed incancrenisce la trasgressione delle regole condivise.
Il
fenomeno è disciplinato dal Codice Penale soprattutto agli articoli 318 e 319
Nel
1992 con l'inchiesta Mani Pulite del pool di Milano si scoperchiò in maniera
plateale la corruzione allora dilagante e si ebbe la sensazione di poterla
eliminare o quantomeno ridimensionare.
Sono
passati gli anni, ma il fenomeno ha continuato a diffondersi coinvolgendo
pubblici ufficiali, imprenditori, il mondo della finanza e delle banche, la
politica ed in generale singoli individui tutti indirizzati verso l'idolatria
della ricchezza e del denaro conquistati tra l'altro con reati gravissimi e non
visti più in termini negativi, ma come una forma esistenziale condivisibile e
perfino da ammirare.
In
tale direzione si è sempre più ragionato in termini di convenienza piuttosto
che di onestà e di principi etici.
Senza
più idee forti alla base della convivenza abbiamo assistito appunto ad una
deriva etica che ha portato sul lastrico tanti piccoli risparmiatori con il
crack di alcuni istituti di credito.
La
legge Severino del 2012,
con i tentativi di misure di prevenzione, di riordino
della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità e trasparenza delle
pubbliche amministrazioni, di modifiche al
Codice Civile e Penale anche con aumenti di pena, e lo stesso Decreto legislativo 235/2012 con l'incandidabilità per i
condannati a pene superiori ai due anni di reclusione non hanno dato risultati
accettabili.
A
giudicare dagli eventi che continuano a presentarci ininterrottamente atti di
corruzione, il cui indice in Italia è il peggiore dei Paesi Ocse, anche l'Autorità
nazionale anticorruzione, pensata come organo di vigilanza nella trasparenza
degli atti della pubblica amministrazione, sembra non aver dato sin qui esiti
migliori.
Le
ordinanze di custodia cautelare e gli arresti che continuano senza interruzione
da anni testimoniano una situazione davvero inaccettabile.
Hanno
allora sicuramente ragione Nicola Gratteri e Antonio Nicaso ad affermare nel
loro saggio "Padrini e padroni" che "C'è una preoccupante correlazione tra criminalità, corruzione e
distorsione dei processi democratici" rispetto alla quale sembriamo
assuefatti e che purtroppo rappresenta il rischio più grande che sta
avvelenando l'economia e creando discriminazioni e disuguaglianze.
Le
indagini non mancano, ma sicuramente occorre prendere atto della necessità di
leggi più adeguate, di meccanismi più efficienti di accertamento dei reati, di
pene più severe capaci di fungere veramente da deterrenza, della
riconsiderazione del concetto di prescrizione ed anche di codici etici
all'interno delle forze politiche in grado di affidare la governance della
collettività a persone competenti e soprattutto eticamente responsabili.
Non
ci convince molto l'idea di chi vorrebbe diminuire le pena per il corruttore
nella speranza di averlo come delatore per il corrotto, perché davvero entrambe
le figure ci sembrano passibili di condanne molto severe.
Occorre
ancora cancellare intorno a noi quel modo di vivere che è disponibile a venire
a patti con la propria coscienza nella convinzione inaccettabile che
"tanto così fanno tutti".
Sono
deroghe da eliminate dalla collettività nella quale bisogna riconquistare i
principi morali dell'onestà e del rispetto delle regole condivise.
Le
pene per chi non rispetta le leggi sono utili, ma si deve lavorare a livello
educativo per trasmettere alle coscienze la necessità di rifuggire da
comportamenti malvagi che sono sempre la negazione della giustizia sociale e
quindi dei corretti rapporti umani di rispetto dei diritti altrui.
Questo
compito importante un tempo lo avevano le famiglie, la scuola, la Chiesa, i
partiti politici ed in generale le associazioni.
Oggi
è una funzione che sembra sgretolarsi rischiando di fare molti danni alla
società.
Si
chiama educazione civica e morale e noi tutti abbiamo il dovere di rifondarla
intorno a noi non solo con l'insegnamento, ma soprattutto con l'esempio di
vita.
Se
accettiamo che l'individualismo spinga verso il male, la protervia e
l'esclusione nella convinzione di rincorrere solo l'idolo della ricchezza, noi daremo alle
nuove generazioni una visione completamente distorta della vita e della gioia
di esistere e di condividere serenamente con gli altri ogni cosa.
Non
possiamo permetterci oltretutto di ovviare
alla costruzione di un pensiero critico, positivo e libero possibilmente
da illazioni negative che rischiano di rendere oscuro il futuro, ma anche buio
il presente in cui molti sembrano smarriti per mancanza di ancoraggi etici.
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