Oscuri presagi sul futuro dell'Unione Europea

di Umberto Berardo 

Il Manifesto di Ventotene, che è alla base della costruzione dell'Unione Europea, come le idee di Delors hanno fatto sognare politiche comuni capaci di realizzare certo un mercato unico, ma soprattutto istituzioni democratiche, convergenza nella garanzia dei diritti, sviluppo e solidarietà, condizioni accettabili di vita per tutti i cittadini e capacità d'integrazione politica.

In diverse occasioni abbiamo scritto che la sovranità decisionale dei popoli nelle istituzioni europee è davvero marginale rispetto ai poteri delle oligarchie finanziarie e dei governi nazionali dei Paesi più ricchi.

L'Europa dei popoli purtroppo è stata sostituita progressivamente da quella dei tecnocrati cui le istituzioni dell'Unione e quelle dei singoli Stati si sono piegate progressivamente assecondandone una visione della società distorta e funzionale ad un neoliberismo tra i più deleteri e disumani avuti nella storia al punto da portare la povertà assoluta a livelli inimmaginabili.

Abbiamo tollerato la globalizzazione dei profitti senza riuscire a costruire quella dei diritti.

Così l'austerity, i bilanci, la moneta, le banche, il profitto sconsiderato, la disuguaglianza come necessità strutturale dell'economia, l'amoralità delle speculazioni finanziarie sembrano diventate gli obiettivi centrali di un'Europa che pare aver perso l'entusiasmo con cui tanti hanno lavorato alla costruzione del bene comune tra i popoli.

Un'area di libero scambio ed una moneta unica sono davvero poca cosa rispetto alla necessità di un progetto indirizzato ad un'Unione con una comune politica culturale, economica, estera, di difesa e di reale integrazione.

La crisi economica che attanaglia il vecchio continente da molti anni, il terrorismo dilagante senza serie risposte d'intelligence, la xenofobia, le deportazioni ed i muri di filo spinato nei confronti degli immigrati, l'isolamento della Grecia, l'atteggiamento prevaricatore della Germania che assume il ruolo di padrona incontrastata della politica e dell'economia europea, gli egoismi nazionalistici di Stati che sembrano rifiutare le regole comuni e perfino il dialogo sulle stesse si aggiungono alle difficoltà sopra delineate creando davvero oscuri presagi.

La Brexit voluta da Farrace ha confermato l'allontanamento del Regno Unito dall'Unione Europea.

Ora il mandato del referendum viene interpretato dal primo ministro Theresa May nella maniera più hard possibile con l'uscita non solo dall'Unione Europea, ma anche dal mercato comune e forse perfino dall'unione doganale.

Non è soltanto la decisione finale di chi in Europa c'è stato solo per accedere all'utilità del mercato unico, rifiutando qualsiasi esperienza non utile di accoglienza e d'integrazione,  rituffandosi oggi in una politica economica di destra e collocandosi nell'asse privilegiato con Trump; si tratta piuttosto di voler collocare la competitività al centro dei rapporti internazionali negando così addirittura i principi fondamentali di quella convivenza tra i popoli che si è cercato di porre alla base della costruzione dell'Unione Europea.

Negli ultimi tempi si sta facendo strada l'idea della cosiddetta Europa a due velocità che qualche economista vede con favore, mentre a noi francamente appare oscura e perfino divisiva e pericolosa nel suo tentativo di eliminare una piena integrazione e rinfocolare gli egoismi statali.

Tra i falchi di un nazionalismo di destra in ascesa, i tentativi di far prevalere le logiche divisive del neoliberismo ed un neopopulismo inconcludente e del tutto nebuloso nelle prospettive di riorganizzazione dell'Unione, non si riesce francamente oggi ad individuare la strada da percorrere per ridare forza al concetto di convivenza solidale.  

Le idee espresse da Trump, il suo avvicinamento a Putin, il ruolo economico sempre più esteso della Cina, possibili ulteriori defezioni dall'Unione di altri Paesi, una eventuale vittoria della destra in Francia, il trattato di libero scambio da poco firmato tra Unione Europea e Stati Uniti ed il rafforzamento degli scambi commerciali tra Stati Uniti e Gran Bretagna potrebbero creare seri problemi ad un'Europa che non riesce a costruirsi un ruolo riconoscibile nel mondo globalizzato.

Noi siamo tra quelli che pensano ci sia bisogno di più europeismo, costruendo gli Stati Uniti d'Europa, ma l'obiettivo non si raggiunge senza un lavoro politico molto profondo.

La prima idea da affermare è quella del superamento dell'asse franco-tedesco e della volontà di creare un'Europa a due velocità.

Quest'ultima sarebbe una concezione da vassallaggio medioevale purtroppo già prospettata e che invece è necessario superare verso un rapporto paritario tra gli Stati aderenti.

Sicuramente nei prossimi anni occorrerà lavorare a riforme strutturali in senso democratico e rivedere le politiche monetarie e fiscali che oggi determinano diseguaglianze e povertà anche per le classi medie un tempo abbastanza benestanti.

Ci rendiamo conto che questa idea di un'Europa solidale, libera, egalitaria, pacifica e realmente democratica oggi segni il passo, ma non possiamo arrenderci al ritorno degli statalismi egoistici e nazionalisti i cui esiti disastrosi sul piano storico conosciamo fin troppo bene.

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