No Bolkenstein
di
Umberto Berardo
Mercoledì
28 settembre a Roma, in Piazza della Repubblica, c'è stata una manifestazione
davvero imponente che ha visto circa diecimila presenze di operatori nel
settore del turismo balneare e del commercio ambulante.
È
stata organizzata in modo spontaneo ed ha avuto una presenza massiccia
soprattutto da regioni come il Piemonte, la Toscana, la Lombardia, il Veneto,
la Campania e la Puglia.
Il
Molise era presente solo con trenta addetti nel commercio ambulante a dimostrazione
purtroppo ancora una volta della scarsa coscientizzazione politica e sociale
presente tra i cittadini della regione.
Gli
striscioni, le bandiere, le magliette ed i numerosi interventi di imprenditori,
di lavoratori e di uomini politici,
tutti di forze politiche all'opposizione, avevano come slogan "N0
Bolkenstein"
I
mezzi d'informazione hanno dato scarsissimo rilievo ad un'azione di protesta
che ha portato a Roma soprattutto tantissimi commercianti già messi in crisi
dalla grande distribuzione e dall'e-commerce ed ora minacciati da una normativa
che prevede la messa all'asta da parte dei Comuni delle loro concessioni.
La
Bolkestein, contro cui si è manifestato, è una direttiva europea emanata nel dicembre
del 2006 che, con la scusa della liberalizzazione dei servizi in Europa, in
realtà prevede per prestazioni di pubblica utilità non più la concessione del
suolo comunale o demaniale per dieci anni attraverso criteri rispettosi
dell'anzianità da parte di enti pubblici come i Comuni, ma delle vere e proprie
gare gestite da parte di società private di cui non è difficile immaginare la
possibile provenienza.
Tale
direttiva europea, ignorata sin qui nella sua applicazione dalla quasi totalità
degli Stati membri, è stata recepita dall'Italia con il decreto legislativo n.
59 del 26 marzo 2010.
Tutti
i piccoli imprenditori operanti su aree pubbliche sono ovviamente molto
preoccupati perché in tali atti legislativi vedono una deriva liberista già
presente anche nella sanità, nella scuola come in altri settori e mirante
sostanzialmente a privatizzare beni comuni finora gestiti a livello pubblico
dallo Stato o da Enti Locali sulla base di garanzia di equità piuttosto che di
profitti come sembra chiaro sia perseguibile attraverso le nuove normative.
Oggi
ad esempio le leggi regionali che regolamentano il commercio su aree pubbliche
prevedono che i Comuni disciplinino non solo la concessione del suolo comunale,
ma lo facciano nel rispetto dell'anzianità d'iscrizione alla Camera di Commercio
e di frequenza dei mercati, anche se purtroppo, soprattutto nel Mezzogiorno,
non recependo la normativa della richiesta del "durc", non si è
ancora riusciti ad eliminare abusivismo e concorrenza sleale.
Non
dando più tali garanzie, la Bolkestein porterebbe
nei settori economici interessati una precarietà davvero dannosa per le
categorie di operatori economici relativi ai servizi su aree pubbliche.
Il
mondo imprenditoriale delle oltre duecentomila piccole aziende che hanno
organizzato la protesta di Roma ha ottenuto unicamente un incontro informale
con qualche funzionario del governo che intanto ha chiesto quale fondamento di
natura giuridica avessero le sigle presenti alla manifestazione sostenendo poi
che le direttive varate sono irrevocabili; la piazza al contrario aveva chiesto
contestualmente deroghe ai provvedimenti ed emendamenti miranti ad escludere
dagli stessi tutti i servizi legati al commercio ambulante ed alle imprese
balneari.
Al
termine della kermesse è stato firmato dalle diverse associazioni presenti un disegno
di legge redatto dal gruppo di Torino.
Non
sappiamo se la protesta di Piazza Venezia avrà un seguito e se gli operatori
scesi in piazza sapranno trovare un coordinamento adeguato che mercoledì a Roma
è sembrato piuttosto aleatorio.
Una
cosa è certa: se lo Stato ha deciso di rendere precario il mondo del lavoro e
di privatizzare beni e servizi solo per fare cassa in maniera selvaggia ed
inconsistente, è necessario che i comparti interessati si oppongano in maniera sempre più larga e decisa ad un
simile progetto.
Ciò
che occorre affermare con chiarezza in primo luogo al governo e poi ai Comuni
che dovrebbero applicare tali direttive è che nulla sul piano legislativo è
inappellabile e che se ci sono progetti di legge anche già emanati, ma dannosi
per la popolazione, essi vanno abrogati o quantomeno emendati per il bene comune.
Le
associazioni di categoria, convocate a suo tempo dal governo, sono state per
certi aspetti conniventi sul decreto Bolkestein e sul suo recepimento da parte
del governo italiano, incapaci tra l'altro o riluttanti ad opporsi ad un tale
provvedimento.
Anche
gli operatori dei settori economici interessati hanno preso coscienza dei
rischi relativi con troppo ritardo.
Ora,
se si vuole contrastare la deriva neoliberista in atto in Europa ed il suo
avallo definitivo in Italia, occorre davvero non solo protestare, ma coordinare
il movimento di lotta verso forme di azione politica forte con soggetti però in
grado di elaborare le strategie necessarie di un'alternativa legislativa che
salvaguardi interessi e diritti delle migliaia di piccoli imprenditori.
È
questa l'unica direzione giusta
Al
contrario trattare, come stanno cercando di fare il governo Renzi o talune
associazioni di categoria, sulla durata del periodo transitorio di applicazione
della Bolkenstein o su eventuali indennizzi risarcitori sarebbe fuorviante ed
ingannevole per gli operatori economici interessati.
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