San Giuseppe oltre la Festa del Papà, le tradizioni della nostra storia contadina

Un'antica tradizione molisana ci porta alle radici del Cristianesimo. Una festa legata al cibo e all’olio che sposa le varie pietanze e le lega per ben 13 volte, quant’è il numero delle portate per la Festa di San Giuseppe

Non in tutti i paesi del Molise, ma in una gran parte dei 136 che la piccola e più giovane regione conta, con alcuni davvero piccoli per numero di abitanti, ma grandi per queste ed altre tradizioni, senso di comunità e di appartenenza ad un territorio, l’elemento principe della identità.
Piccoli paesi, sempre più spopolati dalla cosiddetto progresso, che sono ancora la fonte della ruralità con i valori veri della solidarietà e della reciprocità; la voglia di comunicare e stare insieme, soprattutto intorno alla tavola per consumare insieme il cibo e, insieme, bere un bicchiere di vino; il piacere di salutare l’ospite e di farlo entrare e sedere mettendo a disposizione tutto quello che uno ha raccolto in quella giornata o conservato, principalmente, sott’olio.

Quest’usanza millenaria, intaccata solo di striscio dalla modernità, è la rappresentazione della Dieta Mediterranea, patrimonio culturale dell’umanità, non solo nel suo significato di utilizzo dei prodotti fondamentali per un’alimentazione sana, corretta (l’olio, i cereali, il vino, le verdure, e, cosa magnifica, l’insieme dei legumi i veri protagonisti con l’olio), ma soprattutto, nel senso di stile di vita che la modernità ha cancellato a scapito, purtroppo, dell’uomo e del pianeta.

Scrivo questa nota nel giorno dell’antivigilia, mentre fervono i preparativi con l’ultima fase della raccolta dei prodotti che servono a riempire le pignate da allineare intorno al focolare, a preparare il pane, ad allestire la tavola per la mostra degli stessi ai visitatori della casa che, per due giorni, è nota con il nome di “cappella”. Il baccalà è già a mollo da qualche giorno, c’è da mettere insieme la frutta conservata, i sott’oli e, qualcuno, si deve muovere, anche se sta piovendo, per andare a cogliere gli asparagi nei boschi rimasi o nelle fratte e mettere in bella vista al centro della tavola imbandita.

Domani è un giorno di visita della cappella e bisogna essere pronti ad accogliere gli ospiti con le scarpelle, pasta fritta nell’olio bollente e zuccherata ben calda, e altri dolci da offrire insieme con un assaggio di pezzenta, insieme di legumi cotti con abbondante olio o, anche, chicchi di granturco lessati e conditi con olio.

La tavola è parte dei miei ricordi di bambino ancora affamato dalla guerra che era terminata da qualche anno. Con i miei compagni si correva da una cappella a un’altra per vedere e ammirare quel ben di Dio, ma soprattutto per assaggiare quello che ti veniva dato con grande trasporto dalla padrona di casa o da qualcuno dei suoi famigliari.

Dopodomani, il giorno della festa, la tavola riservata ai 13 invitati con le donne pronte a servire le 13 portate, con variazioni degli ingredienti e della sequenza, a seconda delle cappelle e dei diversi paesi.
Gli antipasti danno inizio al ritualità con la giardiniera e le arance rosse affettate condite con olio e zucchero in evidenza, ma anche pere tagliate a pezzetti, carote rosse e le acciughe.

Un primo a base di Spaghetti, al tonno o con le alici e noci e mollica di pane sfritta o , anche, Vermicelli con sugo di baccalà e noci triturate sarà la seconda portata e a seguire il riso che può essere solo lessato e condito con olio da olive o bollito nel latte con zucchero, limone o vaniglia.

La quarta portata sarà tutta dedicata al baccalà, lesso con solo olio e prezzemolo o cotto al forno con tanto origano (origanato o racanato) e patate o cavolfiori in alternativa oppure baccalà in umido con cipolline fritte. Baccalà fritto con la pastella costituirà la quinta portata e poi, la sesta, tutta dedicata a cavolfiori e broccoli, lessi o fritti o maritati con acciughe o aringhe.

Un lungo respiro prima di affrontare le polpette di magro (mollica di pane e uova) se non c’è chi aggiunge del tonno.

L’arrivo dei legumi è previsto con l’ottava portata. Tutti i tipi di legumi affogati nell’olio di oliva. Ancora legumi nella nona con la famosa pezzenta. A seguire - sarà la decima volta che la padrona di casa serve i suoi ospiti - peperoni sottoaceto ripieni di mollica di pane, uva passa, alici e noci. L’agrodolce il protagonista dell’undicesima portata con noci, mandorle tostate, nocciole e vincotto con varie essenze, mentre, prima di chiudere con la frutta, i dolci fatti in casa, tra i quali spicca il calzone (cauciune), una mezzaluna di pasta fritta ripiena di un impasto di ceci e miele aromatizzato. E, insieme le già citate “scarpelle”, come a ricordare Natale.

Vale la regola del silenzio a tavola fino al saluto finale quando Maria, Giuseppe e il Bambin Gesù vengono riaccompagnati a casa dai padroni di casa con le ceste piene di pani e di pietanze rimaste.
Una festa che, se non ci fosse, bisognerebbe inventarla perché rappresentativa di quel bene comune che è il territorio e che rappresenta la nostra identità.San Giuseppe oltre la Festa del Papà, le tradizioni della nostra storia contadina

N.B. ringrazio Enzo Nocera, editore e scrittore, per il suo libro “ il “Convito” e la “Devozione” di San Giuseppe nella tradizione molisana, 1998, pubblicato con una mia presentazione per conto dell’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio
di Pasquale Di Lena
Teatro Naturale -pubblicato il 17 marzo 2016 in Tracce > Gastronomia

Commenti

Post popolari in questo blog

La Biodiversità, valore e risorsa da preservare