Lo vogliono cancellare o lo vogliamo cancellare questo nostro Paese?

di Nicola Picchione
Perché ad essere onesti tutti diamo una mano al suo decadimento. Non alzino in tanti la mano a dire:io no. Parlo in generale. Questo è uno strano Paese nel quale in tanti singoli hanno grande valore di intelligenza e creatività ma messi insieme formano una collettività deludente che si avvia al declino. In particolare il Sud: gente di grande capacità individuale che forma una massa paludosa. I politici sono i figli di questo popolo: questa è la vera tragedia. Inutile illudersi di mandarli a casa e risolvere i problemi. Tra l'altro, riusciamo anche a fare il peggior uso della democrazia. Troppe volte si dà il voto con la speranza di ricevere un piacere che spesso è uno sgambetto agli altri. Non ci può essere un grande capo che mette tutto a posto. Renzino vuole la poltrona di capo: vuole i voti. Tutto ciò che fa ha questo scopo. Semina ottimismo (verbale) finge di fare la voce grossa con l' Europa per ricevere applausi, ogni tanto (berlusconianamente) urlicchia contro evasione e corruzione ma si guarda bene dal fare cose serie: perderebbe molti voti. Avendo i nostri politici la vista molto corta, non si rendono conto che rimettendo a posto la baracca creerebbero malumori ma alla lunga diventerebbero veri politici e riceverebbero gratitudine. Perché non siamo seri ma nemmeno scemi. Non siamo un vero popolo, non abbiamo idea del bene comune. Evasori e corrotti sono furbi, svelti, capaci. La maggior parte di chi non evade lo fa perché non può. Abbiamo navigato per decenni col vento favorevole ora bisognerebbe remare. Abbiamo ancora per un po' i resti del benessere: quelli della mia generazione, in tempo per godere sino alla fine di ciò che rimane. Poi saranno guai seri. Forse qualcuno invocherà l'uomo forte e allora finirà anche quel poco di libertà che ci consente di sfogarci con la parola.

Commenti

  1. Buongiorno Signor di Lena. Ho avuto il piacere di conoscerLa al raduno annuale AIFB di Rimini, lo scorso novembre. Mi trovo molto d'accordo con il Suo pensiero e, nonostante la mia relativamente giovane etá, sono giá molto sfiduciata nei confronti dei "capitani" di questa nave alla deriva. Sfiduciata verso coloro che da sempre elargiscono parole troppo grandi, troppo belle, troppo finte per essere vere. Io, come tanti, come tutti, soffro nel vivere questo declino. Sono consapevole di quanto in realtà tutto sia peggio di quanto vogliano farci credere. Non so più con quale cipiglio guardare negli occhi mia figlia, senza sentirmi co-colpevole per tutto questo. Sono nata nel 1970 ed ho vissuto, anno dopo anno, l'illusione di un popolo abbagliato da una ricchezza inesistente. Il prodotto di decenni di errori ripetuti, nella consapevolezza che avrebbero creato danni a lungo termine. Ma nessuno se n'è curato, nessuno ha pensato seriamente di correre ai ripari. Nessuno ha avuto il coraggio di cambiare le cose, con i fatti e non a parole. Perché noi Italiani siamo bravi a parlare, a scrivere, a metterci in cattedra. Ma quando si tratta di agire, arretriamo come codardi, spaventati dalla nostra stessa ombra. Siamo gli Italiani dei fallimenti ideologici, quelli che al bar, nei salotti televisivi e nei circoli perbene, sfagiolano inutili idee fini a se stesse.
    Siamo fondamentalmente poveri, di contenuti e di quella volontà di fare, che ha reso grandi i nostri nonni e bisnonni, che hanno combattuto per affermare la loro identità. Di uomini, di cittadini, di individui nati liberi.
    Il diritto, quello sacrosanto che ognuno di noi dovrebbe difendere, quello sancito dalla Carta Costituzionale, di cui i "politici" di oggi si fanno beffa: non esiste più. O meglio, è sancito e regolato, ma non interessa più a nessuno.
    Come potremmo mai pensare di tornare a costruire su rovine che si moltiplicano, alimentate da se stesse?
    Non lo so: il giorno in riusciremo a risolvere questo enorme equivoco, probabilmente non avremo più vita sufficiente per gioirne. Questa è la migliore delle ipotesi.
    Cari saluti.
    Giuliana

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