UN'AGRICOLTURA DA MACELLERIA SOCIALE
di Giorgio Scarlato (imprenditore agricolo o, anche, coltivatore diretto, agricoltore di Palata)
Si può ben dire che l'agricoltura si
è industrializzata in maniera tale da abbassare i costi di produzione,
aumentando la produzione.
Certo, è così. E pur vero però che
con gli anni si sono verificati significativi sbilanciamenti: aumenti sconsiderati dei costi di produzione a
partire dai trattori, attrezzature, concimi, fitofarmaci, per finire al
gasolio e, di contro, solo lievi aumenti dei
prezzi per le derrate agricole.
A proposito di concimi, un esempio
comparabile; ma potrebbe essere anche per i trattori e altro
ancora.
Anno 1984. Un quintale di concime minerale
binario 18/46 (azoto e fosforo) costava £ 39.000. Un quintale di grano duro ne
costava £ 45.000
Oggi. Il medesimo concime costa €
55,00-57,00. Il grano, a dicembre 2015, costa, a dir bene, € 25,00
(..vedremo quanto potrà
costare a gennaio 2016 quando "entreranno" in Italia 250.000 tonnellate di grano
canadese, forse "seccato" al glifosato!).
E' DAVVERO O NO UN'AGRICOLTURA DA MACELLERIA
SOCIALE?
Si
servono di materie prime importate a prezzi globalizzati per il made in Italy e
poi acquistarne quelle nazionali a prezzi "concorrenziali" da Terzo Mondo perché
questa è la neoliberista globalizzazione a cui dobbiamo sottostare. Prendere o
lasciare.
Controlli ferrei, sacrosanti, delle
materie prime nazionali a tutela della salubrità alimentare; blandi, sicuramente
per gli arrivi massicci, per quelle importate; dimenticandosi poi del.. km 0,
del tempo impiegato per il trasporto transcontinentale, dell'inquinamento a
causa del combustibile consumato, dello sfruttamento bracciantile ( anche se si
sta sviluppando, sfortunatamente, anche nel nostro Paese per .... restare
"nella competitività"), dei fitofarmaci usati, delle stive dove vengono
immagazzinate, etc.
NON E'
QUESTO IL "MODUS OPERANDI" PER TUTELARE CHI PRODUCE IN MODO CORRETTO,
CONTROLLATO E RISPETTOSO DELLE LEGGI ISTITUZIONALI, DELLA BIODIVERSITA' E IL
CONSUMATORE CHE POI ACQUISTA!
Ora, con i Piani di Sviluppo Rurale
(PSR) regionali, "chi conta" ribadisce che possono rappresentare, anche o
soprattutto con il ricambio generazionale, una grande opportunità di rilancio
per il settore.
Che sia davvero così ce lo si augura
di tutto cuore ma è opportuno fare una riflessione.
Non si illudano i tanti giovani che,
visto il momento di crisi lavorativa nazionale, alla ricerca spasmodica di un
lavoro, si "affacciano" al mondo agricolo solo per... apparenza o convenienza,
visti i danari che potrebbero essere attinti dalle misure del PSR (se poi
corrisponderà al vero nel concreto, ma questa è un'altra storia, è ancora tutto
da verificare).
Un solo appunto sul PSR in merito
alla misura "Green Economy".
Potrebbe nascondere un "mondo
oscuro" di nuovi affari extra-agricoli che, "sfiorano" solamente il mondo
agricolo, lo usano ma non lo "beneficiano", anzi lo potrebbero
affossare.
Conclusione.
Ci si augura che dopo i "burlati"in
agricoltura, dai 40 anni di età in poi, non vengano anche burlate le nuove
generazioni a causa di questa "anomalia globalizzata" dovuta a regole del gioco
di un mercato agricolo non certo libero, governato da multinazionali dell'
agribusiness, dal biotech e dalle potenti lobby che squilibrano in modo
speculativo la distribuzione del reddito, ingabbiando soprattutto poi, come
sempre, il produttore della materia prima, di qualunque parte del globo
appartenga.
E,
attenti al TTIP ( Trattato transatlantico sul commercio e gli
investimenti).
Potrebbe
essere il braccio operativo di una gigantesca strategia globale, forse poco o
per nulla direzionato all'interesse pubblico.
Il
nostro governo non sia sottomesso, tanto meno la Comunità Europea.
Malauguratamente, la sorte degli agricoltori è segnata non restando loro che la
strada obbligata del vendere o svendere l'azienda agricola a chi può disporre di
soldi per... investire (?) e far si che la nostra
regione diventi, dopo, uno dei territori "al bisogno", per discariche,
emissioni inquinanti, depositi non convenzionali, etc.
No
all'accaparramento delle terre! No allo spettro del land grabbing come sta già
succedendo in altre parti del Mondo sfruttato e pure in Europa. Da un rapporto
di qualche anno fa emerge un dato insospettabile: in Europa il 3% dei
proprietari di terreni agricoli detiene il 50% di tutte le superfici agrarie;
una situazione paragonabile a quanto avviene attualmente in paesi come Brasile,
Colombia e le Filippine.
Chi
i possibili acquirenti? I colossi attivi nell'agribusiness, i fondi speculativi
(hedge found), le aziende cinesi in espansione, gli oligarchi russi, gli
investitori di danaro da ripulire o i tanti "prenditori" del momento e non certo
imprenditori.
E' tempo
che si faccia realmente qualcosa, prima che succeda
l'irreparabile.
Un invito.
IMPEGNAMOCI INSIEME in modo
responsabile secondo i propri ruoli di responsabilità ricoperti nella società
civile affinché questo mondo vero non scompaia e con esso il
territorio.
Non può morire così.
Per il bene di tutti, produttori e
consumatori.
Termoli,
28 dicembre 2015
La riflessione di Giorgio Scarlato, saggia e puntuale e, come le altre, piena di amarezza per l'incapacità di chi ha in mano il potere, a tutti i livelli, di non voler fare niente per salvare questo settore. Oggi più che mai centrale per un diverso sviluppo economico e per la salvaguardia del bene più prezioso, il territorio, mi ha riportato alla mente un mio articolo del febbraio 2012, pubblicato da Teatro Naturale. Lo pongo all'attenzione di chi ha voglia di leggere e di sapere dell'agricoltura e del territorio, soprattutto molisani.
La riflessione di Giorgio Scarlato, saggia e puntuale e, come le altre, piena di amarezza per l'incapacità di chi ha in mano il potere, a tutti i livelli, di non voler fare niente per salvare questo settore. Oggi più che mai centrale per un diverso sviluppo economico e per la salvaguardia del bene più prezioso, il territorio, mi ha riportato alla mente un mio articolo del febbraio 2012, pubblicato da Teatro Naturale. Lo pongo all'attenzione di chi ha voglia di leggere e di sapere dell'agricoltura e del territorio, soprattutto molisani.
PENSARE AL FUTURO
DELL’AGRICOLTURA MOLISANA
Sapere che “sotto la neve c’è
sempre il pane” ci rende più tranquilli. Se lo è per noi, lo è, ancor di più,
per un coltivatore. Questo per dire che non era la neve il pensiero che ha assillato
in questi giorni i produttori, ma lo stato di totale abbandono che, nel corso
di alcuni decenni, ormai, li ha resi ombre di una società che ha posto ai
margini dello sviluppo l’agricoltura e la sostenibilità.
Una crisi, quella
dell’agricoltura, che ha già tolto il fiato ai suoi protagonisti, soprattutto
se anziani o i soli rimasti in azienda, e, che il Paese oggi paga a caro
prezzo.
La sensazione, per chi come me
osserva dall’esterno la realtà dell’agricoltura e non solo molisana, è di un
mondo paralizzato dalla paura e dalla solitudine, sfiduciato anche da chi non
riesce a fargli capire come uscire da una situazione che ogni giorno che passa
diventa sempre più insostenibile.
Domina, da troppo tempo ormai, il
silenzio e rimbomba il vuoto d' idee, progetti, proposte da discutere insieme,
proprio nel momento in cui esse servono per trovare la via di uscita da questo
stato di paralisi e di forte sensazione di soffocamento, in modo da tornare a
respirare il domani.
Le poche idee per l’agricoltura
messe in atto in questi anni, spesso con grande clamore e forte dose di
comunicazione, hanno mostrato di essere palliativi funzionali al sistema e allo
strapotere della finanza e delle multinazionali, della speculazione edilizia,
con il risultato che, invece di risolvere i problemi, hanno aggravato la
situazione nelle campagne e reso ancor più fragile il territorio di cui
l’agricoltura è parte fondamentale, struttura.
Un’azione di semplice difesa che
ha portato all’esaurimento delle residue forze e, come prima dicevo, ha ridotto
al silenzio il mondo dell’agricoltura e reso residuale questo settore che, per
me, resta primario.
Il piccolo Molise, che ha
nell’agricoltura il suo primato a livello nazionale, ne è la dimostrazione e si
può capire, non tanto dallo stato di disagio che i produttori riescono a
mascherare bene con la dignità, ma dal fallimento delle strutture di
trasformazione che, con le dovute eccezioni, invece di portare valore aggiunto
all’azienda coltivatrice, sono diventate macchine che divorano soldi pubblici
anche quando sono state chiuse o stanno, purtroppo, per chiudere.
Proprio nel momento in cui
l’agricoltura molisana avrebbe più bisogno di esse e, insieme, di un forte
associazionismo dei produttori perché essi possano diventare, soprattutto
attraverso l’organizzazione di filiere, protagonisti e non schiavi del mercato.
La cosa più insopportabile è che
si continua a ripetere gli errori sotto una coltre pesante di silenzio generale,
che dà più il senso della complicità che della disattenzione. La scesa in campo
di frange chiassose e ribelli e la lotta tutta impostata sulla rabbia e
l'improvvisazione ne sono la dimostrazione.
Personalmente capisco le ragioni
di questi produttori e le trovo legittime, ma non servono, soprattutto in
questo momento, fuochi di paglia che bruciano senza riscaldare. Rischiano di aggravare
la situazione e di diventare boomerang pericolosi per il mondo dell’agricoltura,
nel momento in cui ha bisogno di partecipazione e dialogo, di forte unità e di una
strategia per affrontare la situazione pesante, difficile, grave della nostra
agricoltura.
Una strategia fondata su una
visione condivisa e partecipata del futuro, capace di svegliare la politica e
le istituzioni, il mondo della cultura e dell’informazione, soprattutto per
farseli alleati. E così rivendicare insieme e con più forza la centralità
dell’agricoltura, il suo fondamentale ruolo di fonte del cibo, salvaguardia e
tutela dei paesaggi e della biodiversità e di tutti gli altri valori del
territorio.
In questo momento, più che mai, c’è
bisogno di verità e, soprattutto, di sogni per ridare all’agricoltura il suo
ruolo di volano dell’economia e della crescita di cui tanto si parla. E questo
più che mai in una regione come il Molise che ha nell’agricoltura e nel suo
territorio la possibilità di vivere il suo domani. Una Regione che, per le
dimensioni e le sue diversità, le peculiarità del territorio, può diventare uno
straordinario laboratorio capace di sperimentare ogni situazione e di rendere i
risultati possibili esempi per altre realtà e altre regioni.
Torna il vecchio sogno di qualche
anno fa, poi interrotto: rendere il Molise la risposta più concreta alla nuova
Pac, con l’esempio di un’agricoltura che, con la sua trasformazione in Parco
Agricolo, va oltre la produzione di cibo, esaltando ancor di più la centralità
del suo ruolo primario.
Un Parco Agricolo incastrato in
tanti parchi naturali, penso al Matese, capace di esaltare l’ambiente e il
paesaggio; la biodiversità; la ruralità con i suoi ritmi ed i suoi valori; i
colori, in particolare il “verde molise”; i profumi ed i sapori di una terra.
Questi ultimi sulla base di una ricerca della qualità dell’origine; la
diffusione sull’intero territorio regionale delle colture biologiche, per
evitare l’uso di prodotti chimici e ogni tipo di veleno, in pratica tutto ciò
che contrasta con i processi naturali; la presentazione di una cucina molisana
ricca dei suoi prodotti e delle sue ricette per richiamare il turista e
prenderlo per la gola.
Penso ai tartufi, soprattutto al
primato che il Molise ha con quello più pregiato, più ricercato e più pagato,
il bianco. Penso anche alla Tintilia e ai grandi vini; alla Gentile di Larino e
gli altri grandi oli; ai latticini ed ai formaggi, in particolare la
schiacciata e la treccia, il caciocavallo; ai salumi ed agli insaccati, con le
salsicce e le soppressate, la miticaVentricina, il salume che si scava e non si
taglia e la Signora di Conca Casale, un pugno di sapori. Penso a altre bontà
che sono peculiarità del Molise, come la pezzata di Capracotta, il brodetto
alla termolese, la pampanella di S. Martino in Pensilis o la polenta di
Macchiagodena e di Roccamandolfi.
Un Parco Agricolo disegnato
insieme dalla natura e dall’uomo, che, con il respiro di aria pulita e il
controllo del tempo, questo bene prezioso messo da parte dall’uomo che corre
senza sapere dove va, e, ancora, con le piante e gli animali, non con il
cemento, esprime la speranza del domani del Molise con la giusta combinazione
agricoltura e ambiente.
Il Parco come uno straordinario
giardino, facile da immaginare, fatto di campi seminati e di orti, vigne e
olivi, fichi e querce, meli e mandorli, noci e pere, nespoli e melograni; aie
chiassose di genti e di animali. Un giardino ricercato e vissuto, soprattutto
dai bambini e dai ragazzi che, nel tempo, diventa un' immensa fattoria
didattica che sfrutta e vive delle proprie energie.
Una visione del futuro
dell’agricoltura molisana che segna, come dicevo, anche il domani del Molise e,
nel momento in cui riesce a essere laboratorio, funziona da esempio per altre regioni.
Volendo si potrebbero anticipare
i tempi lanciando un messaggio ai produttori di fare a meno da subito di
prodotti chimici quasi a darsi un anno sabbatico necessario non solo per vedere
come abbassare i costi di produzione, ma soprattutto per riflettere su questo e
altri sogni che servono a rilanciare l’agricoltura molisana e ad attirare
soprattutto i giovani per ridare a essa l’entusiasmo e la creatività delle
nuove generazioni.
pasqualedilena@gmail.com
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