IN RICORDO DI UN MAESTRO


 L’ultima volta che sono andato a trovarlo nella sua casa di Asti (sono passati anni), sua moglie Stella, dopo che ci siamo salutati, mi ha detto “lo trovi su, dentro i suoi libri”. Su, nella mansarda strapiena di libri, nascosto a scrivere della Resistenza nelle campagne, un contributo al volume, uscito nel 1995, “Ambiente e campagne nella guerra di liberazione”., dove non manca il mio Molise con “le prime quattro battaglie, sul Biferno, sul Trigno, sul Sangro,sul Moro…La prima battaglia sul Biferno fu aperta nella notte tra il 2 e il 3 di ottobre da uno sbarco inglese a Termoli…la più notevole offensiva in questo settore fu dovuta al raggruppamento italiano all’Alba del 31 marzo (1943), per effetto di un attacco concentrico sferrato dal battaglione alpini Piemonte, lungo la cresta Colle Rotondo – Monte Morrone dove… con esigue perdite e mantenuta (nonostante i contrattacchi tedeschi) la cima di Monte Morrone”. E’ riportata la foto de “il Monumento ai caduti italiani di Monte Morrone con il particolare delle venti regioni che simboleggiano – con la guerra d Liberazione – dell’unità nazionale.
Ho conosciuto Oddino nella seconda metà degli anni ’70, quando eravamo entrambi impegnati, lui in Piemonte ed io in Toscana, alla costruzione della nuova organizzazione professionale, la Cic, Confederazione italiana coltivatori, oggi Cia, Confederazione Italiana Agricoltori. Poco tempo dopo ci siamo ritrovati a vivere insieme l’esperienza UNAV (Unione Nazionale delle Associazioni Vitivinicole) e lì avere subito la conferma di trovarmi di fronte al dirigente che più di altri sapeva di quel comparto fondamentale dell’agricoltura italiana, la vitivinicoltura, tanto più in Piemonte e in Toscana.
Un punto di riferimento per tutti - non solo per noi giovani impegnati nella costruzione delle associazioni dei produttori - per la sua esperienza di parlamentare impegnato per l’agricoltura e la sua vitivinicoltura, i suoi scritti, e, anche, la sua posizione di essere, in quel tempo, componente del Comitato Nazionale per la promozione e valorizzazione dei vini a d.o..
E’ il vino, con la sua attualità dovuta alla crisi che il comparto vitivinicolo viveva con i suoi 70 milioni di ettolitri e più di produzione e, ancor più, con la sua storia e la sua cultura, l’occasione della nostra frequentazione. Una crisi pesante con gran parte della produzione, purtroppo, che non trovava sbocco sul mercato e, così, non remunerava il viticoltore, soprattutto se associato in una cantina cooperativa, vittima com’era degli intermediari e dell’industria che, invece, facevano affari approfittando della situazione.
A Oddino la crisi faceva tornare alla memoria quella, ancor più pesante, degli inizi degli anni ’50 che, grazie a lui, avevo imparato a memoria per avermela raccontata più volte nel corso dei nostri frequenti incontri.
Succedeva quasi sempre in macchina quando mi portava a visitare l’Astigiano e il Monferrato per farmi incantare dalle sue vigne che l’autunno sapeva colorare di rossi e di gialli più che altrove. Erano i luoghi che lo portavano a riprendere il discorso sulle crisi del vino in Piemonte, il ruolo del mondo contadino e, in particolare, del Partito comunista italiano che aveva impegnato i suoi massimi dirigenti a essere presenti.
Seguivo sempre con grande attenzione il suo ragionamento e mi ci ritrovavo senza alcuna difficoltà nel ruolo di allievo che segue il maestro lungo i filari di viti di Barbera, Nebbiolo, Freisa, Dolcetto e tanti altri ancora del suo Piemonte, e non solo, anche, quelli di Sangiovese, Trebbiano, Ribolla, Montepulciano, Soave  Negroamaro, Schiava, Nero di Avola, Refosco, Aglianico, Uva di Troia, Moscati e Malvasie, Verdicchio, Greco e Gaglioppo, Falanghina e Fiano, Tintilia, solo per citare alcuni dei 350 e più vitigni che testimoniano la ricchezza della biodiversità viticola italiana.
Sentivo la sua stima e il piacere d’incontrarmi per farmi assaggiare la Barbera dello zio, annata ’74, che non ho mai dimenticato per la grande bontà; raccontarmi della sua riscoperta del Ruché, un vitigno ch’era dato per scomparso, oggi vino Doc “Ruché di Castagnole del Monferrato” dal colore rosso rubino  non troppo carico, odore intenso e persistente dal ricco fruttato e sapore secco, armonico, leggermente tannico.
Conservo ancora una delle prime bottiglie che Oddino mi ha gentilmente regalato.
Non solo il Ruché, una delle sue tante battaglie per i vini della sua terra.
Ricordo, quando eravamo insieme al Comitato (1989-94), la sua proposta e la sua determinazione per il riconoscimento della Doc “Loazzolo” (il nome del Comune in provincia di Asti) ottenute da minute vigne di Moscato bianco, con le uve  sottoposte a graduale appassimento per la produzione di un vino davvero delizioso, dal colore giallo dorato brillante, odore con sentori di muschio e vaniglia, frutti canditi e sapore dolce.
Ho in mente la sua grande soddisfazione e emozione al momento dell’approvazione, con applauso, del disciplinare. Una vittoria allo scadere della legislatura e poco prima del rinnovo dei componenti del comitato e la consegna della responsabilità del gruppo dei rappresentanti della Cia all’amico Pietro Palumbo.
La conferma della sua stima nei miei riguardi mi è arrivata nella primavera del 1982 con l’invito a partecipare a Marsala, nella veste di relatore, a un’importante convegno promosso, se non ricordo male, dalla commissione agraria del Pci. Il tema da lui suggerito “Vino e Turismo” che, data la novità, mi ha impegnato molto nella ricerca del un suo svolgimento.
Un tema fortunato “Vino e Turismo” per aver rappresentato l’inizio del rilancio dell’Enoteca Italiana di Siena, la struttura dell’Ente Mostra vini che Oddino onorava ogni anno con la presenza alla “Settimana dei Vini”, e, soprattutto,  per aver dato forza, con le iniziative che il tema ha prodotto, al Rinascimento del vino italiano che, per me, è da addebitare al riconoscimento delle prime quattro Docg “Barbaresco, Barolo, Brunello di Montalcino e Vino Nobile di Montepulciano”, non a caso due piemontesi e due toscani.
Qualche mese dopo, agosto 1982, quando divento segretario dell’Ente Mostra Vini, porto in dote “Vino e Turismo”, il binomio fatto proprio dall’allora presidente Luciano Mencaraglia che, poco dopo più di un anno  lo consegna, con una particolare raccomandazione, al suo successore Sen. Riccardo Margheriti. Un Presidente attento e fortemente impegnato, che ha dato ampio a questo e ad altri abbinamenti come “Vino, Sport e Alimentazione”, “Vino e Arte”, “Vino e Moda”, “Vino e Cultura”, cioè al coinvolgimento di mondi che avevano i titoli e le capacità di dare forza all’immagine del vino e al suo essere fonte di cultura prim’ancora che bevanda.

E l'Enoteca, con l'on. Flavio Tattarini presidente, nel corso della Settimana dei vini del 1999, assegna a Oddino il suo premio più prestigioso il "Torchio  d'Oro"- immagine DOC Paolo Desana.
Il riconoscimento della quattro Docg e, insieme, l’importante lavoro dell’altro astigiano Elio Archimede, l’ideatore delle Città del Vino, mio carissimo amico, allora impegnato in Regione con l’altro astigiano anch’egli dirigente del mondo contadino, l’assessore Bruno Ferraris, al riconoscimento delle Enoteche pubbliche e delle strade de vino, e gli inviti di Oddino, mi danno l’opportunità di arrivare in Piemonte e, con Siena,  in quella importante capitale del vino italiano che è Asti.
Sin dalla prima volta ospite della Casa di Stella, Gianfranco e Oddino, in via Pianigiani,nella mansarda strapiena di libri che circondavano un tavolo e Oddino alle prese con la macchina da scrivere, non ricordo se Olivetti 32.
Un tavolo che insieme alla macchina da scrivere raccoglieva i tanti pezzetti di carta che Oddino trasforma in documenti, storia, cultura. Quella storia e quella cultura che ho avuto la fortuna ed il piacere di ascoltare da un protagonista, prim’ancora di ritrovarle nei libri pubblicati.
In questi anni in cui la politica si è sciolta come neve al sole, con la cultura che, nella generalità dei casi è venuta meno e  non la sopporta come un tempo; la memoria fatica a trovare spazio e tutto tende a confondere e a annebbiare le menti, ho ripensato spesso a Oddino e agli altri grandi maestri che ho avuto la gioia di incontrare.
 Il mio pensiero costante ai tanti valori che loro hanno saputo trasmettermi e che una società dominata dal denaro e dal profitto usa tutti i mezzi a sua disposizione per cancellarli e, così, non darli alle nuove generazioni. E, nel momento in cui scrivo questa breve nota in ricordo del mio maestro Oddino, la paura di una nuova guerra che vuol dire morti innocenti, distruzione e, forse, anticipazione di quella fine che gli esperti hanno da tempo previsto se non si pone rimedio ai guasti prodotti al clima. Sta qui la grande attesa dell’incontro, domenica 29 p.v., di rappresentanti di quasi 200 governi, che devono decidere del Clima, cioè del nostro domani.
Il primo pensiero alla pace, quella pace che Oddino e gli altri maestri della mia vita che ho avuto la fortuna d’incontrare e ascoltare, avevano conquistato con la lotta e pensato, donandola alle nuove generazioni, di conquistarla  per sempre.
E poi, al territorio che ognuno si porta dentro con le sue radici, quali cultura, storia, tradizioni, ambienti, paesaggi. Un bene comune, che un sistema fallito dall’idea di una crescita senza fine, sta mettendo a rischio e, con esso, la biodiversità che è vita. Meno territorio, meno agricoltura contadina, meno cibo, meno domani.
Agricoltura contadina, quella che Oddino ha sempre difeso con i suoi protagonisti, e quei suoi valori che tornano di grande attualità, in primo luogo il rispetto e la sobrietà. 
pasqualedilena@gmail.it

 

 

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