Cominciano a togliere i primi pezzi per poi smontare del tutto il Molise e, subito dopo, il Paese
Riporto volentieri questa bella pagina dell'avv. Franco Cianci, ex consigliere regionale come me e, soprattutto, caro amico, per dire anch'io che quest'opera di smontaggio è "un'iniziativa demenziale" di chi ha già messo mano alla democrazia con la nomina di un governo nominato da Napolitano.
Un bel racconto che invita tutti a farsi sentire per non subire e far vincere la rassegnazione.
Un bel racconto che invita tutti a farsi sentire per non subire e far vincere la rassegnazione.
Quando
andavamo in Corte a Castel Capuano
(Dal
romanticismo delle trasferte partenopee,
al pragmatismo costituzionale di una Corte per ogni regione, al tramonto
dell’idea autonomista).
Quando
negli anni 50 e 60 eravamo costretti a recarci a Napoli per rendere giustizia
ai cittadini molisani, eravamo sorpresi da un misto di allegria e allo stesso
tempo di fastidio per la lunga e faticosa trasferta attraverso le vie disagevoli
del tempo .
Tutti
gli avvocati molisani - da quelli del capoluogo, ne ricordo alcuni: Francesco Colitto, Correra, Alessandro
De Gaglia, Mario Stanchi, De Oto, Carnevale, Testa; del circondario di Larino:
Colesanti, Antonino Carugno, Michele Quaranta, Michele Troiano, Guido Campopiano,
i fratelli Tommaso e Giuseppe Bucci, Mario D’Alessandro e altri; e quelli isernini, i quali ultimi erano, però,
in posizione più agevolata per la vicinanza di Isernia e Venafro al capoluogo
campano: Antonio Caranci, Mario Di
Nezza, Antonino Serafino, Scipione Marracino, per citare soltanto le meno giovani
generazioni forensi - erano costretti a lunghe trasferte dai loro
luoghi fino alla capitale meridionale.
E
non era un cosa facile.
Qualche
volta si era costretti a giungere a Napoli il giorno prima per trovarsi in tempo
alle udienze, che cominciavamo alle 10 del mattino.
Castel
Capuano era la sede, allora, non solo dei Tribunale, ma anche della Corte di Appello
che comprendeva l’intera regione molisana, peraltro, non ancor distaccato
dall’Abruzzo (avrebbe conseguito l’autonomia solo nel dicembre del 1963).
Era
il Castello più antico di Napoli, dopo il Castel dell’Ovo, ma il più possente e
il più fortificato perche era stato per secoli la residenza dei reali di
Napoli.
Esso
era sorto su una vecchia area romana destinata al Gimnasium, poi, trasformata in cimitero e molto spesso, quando nel
1903, Castel Capuano venne destinato a Palazzo di Giustizia, qualcuno celiando
diceva che il Palazzo era il cimitero della giustizia.
Quando
ci si aggirava all’interno, attraversando la enorme aula fitta di statue a
mezzo busto di tutti i personaggi importanti che si erano succeduti nel tempo
(giureconsulti, letterati, filosofi, politici, gente potente di vario genere
della Napoli capitale), dalle volte altissime (forse 10 metri ), si aveva un
senso di vago stupore, di alienazione istintiva, di estraneità soprattutto per
noi che venivamo dalla non vicina provincia.
Il
cortile antistante il palazzo, che dava, poi, inizio al decumano inferiore - ovvero quella strada antichissima di origine
romana, oggi chiamata Spaccanapoli o Via dei Tribunali, quella che raggiungeva
Via Roma, oggi Via Toledo, e in cui era vissuto e morto Benedetto Croce e
nell’interno della quale erano situate le famosissime Piazza San Gaetano e San
Gregorio Armeno (il luogo della esposizione dei presepi napoletani) - brulicava sempre di gente (postulanti,
questuanti, venditori delle cose più impensabili) e di persone interessate ai
vari processi civili e penali, e non era raro che qualcuno ti si avvicinasse,
capendo fulmineamente che si trattava di un avvocato - le borse a mano tradivano
la qualità professionale del soggetto - e ti dicesse sottovoce : “signorì avete bisogno di qualche
testimonianza?”, che qualche volta, i più privi di scrupolo, accettavano, con
esiti quasi sempre disastrosi; ma, così, era la Napoli di quei tempi ed il
palazzo di Giustizia, una antica fortezza reale, così trasformata da Pedro De
Toledo nel 1503.
Napoli
aveva già allora tutti i mali ancora presenti oggi : disordine, sporcizia (si ricordi “Napule è na carta sporca” di Pino Daniele), raccoglitori di cicche,
con uno speciale chiodo alla punta del bastone, per raccoglierle agevolmente
dall’alto, e, poi, in mezzo alla strada, sbriciolarle per ricavarne autentici
mucchi di tabacco che rivendevano ai passanti, pesandolo con un bilancino rudimentale,
chissà quanto fedele (!), con discreto
profitto.
E,
poi, c’era il meraviglioso orizzonte di
Via Caracciolo, con i suoi ristoranti come “ ‘z Teresa”, dove spesso andavamo,
dopo le udienze, a ristorarci, tutto sommato felici per la trasferta nella
terra del sole.
Ironico,
salace, battutista fulmineo, come del resto ci hanno dimostrato i grandi
personaggi della commedia napoletana, ma allo stesso tempo ottimista, positivo,
temprati dalla bella luce di Napoli e dal monumentale vulcano, spento da 70
anni, il popolo napoletano è uno dei più straordinari, e, in quel palazzo di Castel
Capuano formicolava tutto il genio partenopeo.
In
una di quelle tante trasferte a Napoli mi trovai sul famoso rettifilo, che
conduce da Piazza della Borsa alla stazione Garibaldi, a bordo di una lussuosa
macchina di un facoltoso cliente, che guidava trionfalmente la sua autovettura,
allorquando ci fermammo, per rispetto della legalità, che veniva, invece,
inosservata dalla maggior parte dei veicoli transitanti, ad un semaforo rosso; vicino
a noi si fermò una sgangherata automobile con due ragazze a bordo, evidente due
ragazze di vita, che volevano, nel breve tempo del rosso, agganciare l’autista
della lussuosa macchina, avendo capito che poteva trattarsi di un “cafone arricchito”, venuto da lontano, e,
quindi, abbordabile.
Una
di esse gli chiese : “ma vu site quill
che venne (vende) i giocattoli ?”
e lui di rimando “i venn (vendo) pupazzi” e prontamente la ragazza,
indicando me e un amico seduto nel sedile posteriore “e chiss
sonn i prime pupazzi ca vennite?”.
Questa
Napoli così bella e burlesca, ormi quasi non c’è più, si è sostituita la Napoli di Scampia, del
quartiere Sanità, dei quartieri Spagnoli, dove i palazzi sembra si chiudano su
se stessi e ti crollino addosso, strette come sono le vie che li separano; una Napoli
immersa nel caos del traffico, di difficile raggiungimento da parte di chi vi
approda.
Dopo
tanti anni di difficoltoso cammino da parte degli avvocati molisani, finalmente
nel 1970, con l’avvento del regionalismo, veniva istituita la Corte di Appello di
Campobasso, prima come sezione della Corte di Appello di Napoli e, poi, come Corte
di Appello autonoma.
A
tutti essendo consentito di partecipare alle udienze la mattina e fare ritorno
a casa nella stessa giornata.
La
istituzione della Corte nel Molise, prima come sezione distaccata di Napoli, e,
poi, come Corte autonoma, venne salutata da tutto il popolo molisano come una
autentica conquista, un traguardo liberatorio, rispetto alla penosa condizione
di doversi recare a Napoli per una udienza.
Ora,
dopo 45 anni di normale esercizio delle attività giudiziarie, ecco la notizia,
improvvisa, sconcertante, inaudita, non meditata, della possibile chiusura
della Corte di Appello di Campobasso e dello spostamento della Corte e, quindi,
di migliaia di cittadini, in altre Corti di Appello indicate come probabili o
possibili: l’Aquila, Pescara, Ancona, Bari.
La
notizia è sconcertante perche è come togliere il bisturi dalle mani del
chirurgo nel momento stesso in cui sta operando, con il pericolo che il malato
muoia sotto i ferri.
La
scusa è sempre la stessa: essa si
era già affacciata alla fine degli anni 80 con il Ministro della Giustizia
dell’epoca, Giuliano Vassalli (valoroso avvocato, oltre che forte giurista), ma
che si era, poi, ben guardato dal giungere alla decisione soppressiva .
Con
la stessa ipotesi della soppressione della Corte, che peraltro, non appariva nemmeno troppo chiara,
il Ministro, invece, era fermo nel proporre, con un apposito disegno di legge,
peraltro, già approvato da un ramo del Parlamento, la soppressione dei Tribunali
c.d. minori, ma, poi, saggiamente la proposta non venne portata a conclusione.
Vi
fu, in quella occasione, una vera e propria rivolta dei Tribunali minori, da
Alba, a Lanusei, a Lagonegro, Sant’Angelo dei Lombardi, Vasto, Lanciano,
Sulmona, Avezzano, Camerino e tanti altri, e Larino, il cui Consiglio
dell’Ordine fu particolarmente attivo nel convocare assemblee e riunioni a
livello nazionale, con speciali pubblicazioni, come quella che portava il
suggestivo titolo di “Tribunali Assediati”:
Dopo
quelle battaglie, la proposta sembrò ritirata.
Tutti
i governanti, da 26 anni ad oggi, pur prospettando ipotesi del genere, hanno,
poi, finito sempre con il recedere da esse e garantire livelli minimali di
giustizia, in una regione che, per quanto piccola, ha, però, gli stessi bisogni
delle regioni più grandi.
La
fretta, però, la sommarietà, l’arroganza del giovane toscano, improvvisamente
insediatosi a Palazzo Chigi -oltretutto senza essere stato eletto da una
consultazione elettorale - e dei suoi seguaci, stanno facendo strame dei
diritti civili assolutamente in contrasto con i principi costituzionali che esigono
che tutti i cittadini siano eguali di fronte alla legge e che (art.3, II comma
della Costituzione italiana) “è compito della Repubblica, rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo della persona
umana e l’effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. .
Non
si può dunque fare il conto delle teste insediate in un territorio per stabilire
la quantità di giustizia eroganda, tutti i cittadini hanno bisogno di
giustizia, quanto di liberta, di assistenza sanitaria, di scuola, di lavoro ecc.
E
allora è il momento della reazione, della protesta da parte della Regione, dei Comuni,
delle Associazioni a tutti i livelli, dei cittadini molisani tutti, in maniera
da fare sentire viva e forte la voce della nostra Regione.
Se
si vogliono conseguire dei risparmi, lo Stato sa come e dove colpire i molti privilegi
esistenti, eliminare la evasione fiscale, ridurre i costi della politica, combattere
e distruggere la corruzione, che da sola costa qualcosa come 60 miliardi di
euro l’anno, con un quarto del cui importo sarebbe possibile sostenere tutte le
Corti di Appello ed i Tribunali d’Italia.
E’,
dunque, una ingiustizia contro tutti noi molisani che abbiamo il diritto e soprattutto
il dovere, di combattere, a tutti i livelli, naturalmente ed innanzi tutto da
parte della Regione, dei Comuni, delle varie associazioni, in modo da evitare
gli effetti di una iniziativa, che, senza offendere nessuno, si potrebbe
definire demenziale.
Franco Cianci
Tanto è la mia tristezza rispetto a questi tentativi di sottrarre sempre più diritti ed opportunità ai cittadini Molisani e non, che a mala pena riesco a ricondurre il mio pensiero alla razionalità. Quando ero ragazzo non mi faceva paura immaginare battaglie, tanto non avevo nulla da perdere e se tutto fosse andato male avrei sempre avuto un pezzo di formaggio pascolando le capre. Adesso i miei figli hanno una laurea e una professionalità da difendere e forse, per questo, sono poco inclini alle "rivoluzioni". Poi ci sono "figli" che senza lauree né lavoro, hanno tutti gli sfizi, oppure gli basta una birra e qualche soldo da rischiare alle "macchinette" e la loro giornata è salva. Certo far chiudere tutte le sale da giuoco nemmeno i Sindaci ce la possono fare. Però una domanda mi sorge spontanea!!! Che differenza c'è tra chi si accontenta di giocare alle macchinette (anch'io non voglio offendere nessuno) e un sindaco che anziché vestire il tricolore e mettersi alla testa del proprio popolo per protestare contro chi toglie i diritti (tribunali, corte di appello, ospedali, servizio idrico, viabilità, scuola, reti telematiche, etc etc) passa il tempo in questo o quel salotto di partito, movimento o comitato per valutare la propria rielezione? FORSE LA NUOVA STRATEGIA DA INTRAPRENDERE è PROPRIO QUELLA DI ACCUSARE I SINDACI PER INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO E PER POCO RENDIMENTO LAVORATIVO O COMPORTAMENTO ANTIMERITOCRATICO
RispondiEliminaCarmineLucarelli
Carmine, è tutto vero quello che scrivi ed sono d'accordo con te sulla strategia da intraprendere per ridare un ruolo e una dignità a chi dovrebbe difendere il territorio con tutti i suoi valori e tutte le sue immense risorse.
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