L'ATTESA
La bacchetta di olivo che ho trovato vicino al pilastro
della scala esterna de La Casa del Vento, quando nel 2001 ho acquistato il
rudere, quella che poi Flora ha piantato, è diventata albero ed è quello che ha
le olive più colorate di tutti gli altri, come a dimostrare che, anche in fatto
di invaiatura, vuole essere il primo e il più capace.
Ho sbagliato le previsioni quando ho parlato di una raccolta
anticipata. No, dimostra di essere leggermente ritardata ma con buone
prospettive di essere una raccolta ottima in quanto a qualità.
Se cammini, in questi giorni, tra i 616 olivi de La Casa del
Vento hai la sensazione di sentirli distratti, presi dal gran lavoro di mettere
nel frutto più olio possibile. Non a caso le olive hanno un riflesso
giallognolo come a far vedere questo lavoro di riempimento, goccia dopo goccia,
prima di prendere il colore dell’invaiatura che dà sul rossiccio e prim’ancora
di colorarsi di nero.
L’avvicinarsi della raccolta stimola la memoria e fa tornare
in mente quel profumo ancora chiuso dell’olio nuovo e, soprattutto, il sapore
di questo cibo divino che esalta una pizza bianca, ancora calda, o un piatto di
spaghetti appena scolati, una fetta di pane in attesa dei legumi che ben si
adattano all’autunno e ai primi freddi che scorrono come brividi in ogni parte
del corpo e non solo lungo la schiena.
Penso ai fagioli, soprattutto ai fagioli di Acquaviva d’Isernia
della cara amica Silga, con la loro acqua di cottura e lo spicchio d’aglio
ancora vestito, coperti di olio nuovo; i ceci biologici di Andrea Albino,
coltivati nei terreni della Guarenza, il Colle più alto di Larino (608 m s.l.m),
confinanti con Montorio nei Frentani e non lontano dalla grande quercia, che dà
l’ombra a una antica fontana, e da Gerione, l’accampamento di Annibale durante
la seconda guerra punica da dove partì per Canne, la grande battaglia; le lenticchie
di Capracotta, le fave e le cicerchie del
venditore che al mercato di giovedì arriva da San Paolo Cividale all’inizio della
vicina Puglia.
Sono già in fiore alcune erbe selvatiche e fra poco comincia
il periodo dei piatti a base di verdure spontanee che ti ridanno salute dopo qualche
eccesso mangereccio dell’estate.
Ho seminato tutte le varietà di rape e broccoli, e insieme,
il cavolo cappuccio e il cavolfiore, cioè crucifere che sono una fonte inesauribile
di sali minerali, vitamina C, antiossidanti con principi attivi anticancro, antiulcere.
Verdure che portano a pensare all’inverno e ai tanti piatti che sono in grado
di dare.
Ho raccolto poco fa dall’albero, che affianca il grande ciliegio, nato spontaneo, le noci con il loro mallo ancora verde; altre mele e le
giuggiole ormai appassite. Per chi non conosce le giuggiole raccomando di
avvicinarsi all’albero con grande cautela. I suoi rami hanno spine micidiali
che tagliano più di un bisturi. Spine che non hanno pietà, diversamente da
quelle di una rosa.
Il soffio del vento leggero che precede il vespro lascia
respirare gli olivi in attesa della luna con la sua grande gobba a levante, per
dire a tutti che è una luna calante, quella che invita alla raccolta.
pasqualedilena@gmail.com
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