Biogas in arrivo, altro problema per l'agricoltura molisana
di Giorgio Scarlato
Non è l’agricoltura che guarda al biogas, ma quanti sperano di ricavare lauti profitti da questa fonte di energia che produce il “digestato”, per ora, considerato un rifiuto e, come tale, va trattato. Giorgio Scarlato, il coltivatore di Palata, dopo il suo intervento “L’agricoltura muore per mancanza di scelte politiche non di risorse”, che ha ricevuto particolare attenzione, torna, con le sue puntuali riflessioni, a mettere in evidenza un problema che riguarda l’agricoltura italiana non solo molisana.
Giorni addietro ho letto l’intervista fatta dal giornale telematico regionale “Termolionline” all’agronomo dott. Donato Occhionero : “ L’agricoltura guarda al biogas, in arrivo due impianti a Campomarino”.
Non è l’agricoltura che guarda al biogas, ma quanti sperano di ricavare lauti profitti da questa fonte di energia che produce il “digestato”, per ora, considerato un rifiuto e, come tale, va trattato. Giorgio Scarlato, il coltivatore di Palata, dopo il suo intervento “L’agricoltura muore per mancanza di scelte politiche non di risorse”, che ha ricevuto particolare attenzione, torna, con le sue puntuali riflessioni, a mettere in evidenza un problema che riguarda l’agricoltura italiana non solo molisana.
Giorni addietro ho letto l’intervista fatta dal giornale telematico regionale “Termolionline” all’agronomo dott. Donato Occhionero : “ L’agricoltura guarda al biogas, in arrivo due impianti a Campomarino”.
Il settore del biogas, da sempre, ha
acceso aspri dibattiti tra favorevoli e contrari ad una tecnica di produzione
di gas ed energia che, se non opportunamente regolamentata, può rivoltarsi
contro i suoi stessi principi di sostenibilità ambientale.
Come ogni attività produttiva che presta il fianco a
diventare la “gallina dalle uova d’oro” di turno, la produzione di biogas può
diventare un serio problema.
Il dott. Occhionero bene ha fatto quando ha tenuto
distinti gli impianti a biomasse da quelle a biogas; i primi peggiorativi
rispetto ai secondi.
Non mi soffermo sulle differenziazioni perché,
nell’intervista, sono state ben evidenziate. Nutro forti perplessità quando in merito agli impianti
a biogas afferma che “..sono dei capolavori di energia” o, sempre a suo dire,
“…volano per l’economia locale”.
Cercherò di essere sintetico parlando in particolar
modo del solo digestato, ossia “l’avanzo” di quanto servito per produrre
energia sia elettrica che termica da una centrale a biogas.
Il digestato, lo afferma la stessa Commissione Europea
nel suo sito, inquina; tant’è vero che ha presentato il progetto WAVALUE
(“Higth added value eco-fertilisers from anaerobic digestion effluent wastes”).
Un progetto di granulazione del digestato che punta a
produrre (a che costi e con quali sussidi?) un fertilizzante naturale.
Lo scopo, per caso, è quello di rimuovere “il collo di
bottiglia” e moltiplicare le centrali a biogas in tutta Europa?
Questo perché, oggi, malgrado i regolamenti vigenti,
il digestato viene sparso come fertilizzante sui campi agricoli possibilmente
vicini agli impianti dov’è prodotto (spostarlo oltre una certa distanza
risulterebbe oltremodo costoso) e ciò causa l’inquinamento del suolo e
dell’acqua: l’eutrofizzazione. O, peggio, potrebbe contenere batteri e sostanze
chimiche velenose.
Senza pensare alla insostenibilità economica di detta
produzione in mancanza di incentivi e certificati, all’uso dissennato dei
fertilizzanti e dei fitofarmaci, al consumo spropositato di acqua,
all’aumento della competizione alimentare.
Faccio riferimento ad un articolo del gennaio
2014 nel quale lo stesso Commissario UE dell’Ambiente Janez Poto>nik
rispondendo alla interrogazione dell’eurodeputato Andrea Zanoni, membro della
Commissione Envi, Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare al
Parlamento europeo, sui possibili gravi effetti del digestato sui terreni
agricoli, sugli animali di allevamento e quindi sulla salute dei cittadini ha
specificato che “…per biogas e digestati va applicata la normativa
dell’Unione europea sui rifiuti”.
Sostiene l’europarlamentare Zanoni: “Fino al momento
in cui non saranno a disposizione nuovi studi, il digestato va considerato come
un rifiuto e come tale va trattato. Le autorità italiane devono applicare le
disposizioni della normativa Ue sui rifiuti alla lettera”.
Anche il Cordis, il servizio comunitario di
informazione in materia di ricerca e sviluppo, rileva che il digestato
spesso viene sparso come fertilizzante sui campi agricoli vicino ai campi dove
è prodotto il biogas, arrivando alla medesima conclusione: l’eutrofizzazione.
Nel novembre 2014, sono state dettate nuove
regole per il digestato, approvato il decreto in Conferenza Stato-Regioni a cui
hanno preso parte le Regioni, i Ministeri dell’Ambiente e della Salute e le
Associazioni di categoria.
Lo schema di decreto prevede:
- la bipartizione del digestato in
agrozootecnico ed agroindustriale e condizioni di parificazione ai concimi di
origine chimica, attraverso una esecuzione di analisi chimiche del digestato in
uscita dagli impianti ed il calcolo dell’azoto tramite l’effettivo fabbisogno
delle colture, così da garantire il rispetto dell’ambiente.
- Il divieto di utilizzazione
agronomica del digestato in caso di immissione negli impianti di colture che
provengono dai siti di bonifica.
- La flessibilità della collocazione
temporale del periodo obbligatorio di 60 giorni di divieto di spandimento degli
effluenti.
- L’introduzione di una graduale limitazione
all’uso di colture no food alternative all’utilizzazione agricola dei terreni
coltivati.
E’ andato in vigore, o andrà? Quando?
Tutto quanto detto, comunque, porta a fare delle
riflessioni:
a) Questi impianti potrebbero “drenare” i finanziamenti
al vero mondo agricolo regionale?
b) Sarebbe giusto ed opportuno fare qualche convegno
sul tema in modo che il cittadino sia informato, prenda coscienza, su quanto
potrebbe accadere sul territorio in cui vive; sapere i pro ed i contro?
Parto dai sindaci che sono, per legge, la massima
autorità sanitaria del comune e quindi responsabili della salute dei loro
amministrati.
c) L’impianto, in un secondo momento potrebbe essere
“direzionato” in un normale inceneritore?
In conclusione ribadisco che bisogna partire dal tema
della salute pubblica: nulla viene prima; ed il Molise, come del resto l'intero Paese, penso, che abbia
sicuramente bisogno d’altro.
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