Il paesaggio è identità
da Teatro Naturale
Si dice – ed io sono d’accordo – che nei periodi di grande crisi la bellezza è la prima a essere maltrattata.
La crisi sistemica che viviamo lo sta dimostrando con un attacco crescente a questo straordinario valore, che c’è sottratto proprio nel momento in cui ne abbiamo più bisogno per viverlo, soprattutto come antidoto a un mondo che ci deprime con i suoi risultati sempre più negativi. Tanto più se questo valore, la bellezza, è un bene comune legato a quel patrimonio unico che è il territorio.
Parlo del paesaggio, cioè della rappresentazione del territorio che ha in sé la memoria del lavoro delle generazioni passate.
Penso a un piccolo borgo, con il suo campanile nella parte più alta e intorno le minute case perfettamente in armonia con il territorio; i campi coltivati, ma anche a quella parte che l’uomo ha salvaguardato non toccandola.
Alla bellezza di un paesaggio corrisponde di solito un territorio di qualità, quale insieme di valori e di risorse come la storia, la cultura, le attività agro-pastorali, la tradizione, questa fonte inesauribile della cultura dei luoghi, di una comunità!
Pensiamo alla tradizione in cucina quale espressione anche di bontà, cioè di qualità.
Non a caso la qualità è nell’origine, il territorio, l’elemento strutturale che il paesaggio permette di percepire con le identità dei luoghi.
Un lungo processo (memoria) di relazioni tra l’ambiente e l’uomo, un dialogo continuo che è venuto meno negli ultimi decenni, andando, così, a intaccare un altro patrimonio universale dell’umanità, essenziale per le nostre vite, la biodiversità.
Il territorio, negli ultimi dieci anni, ha perso oltre due milioni di ettari di superficie in confronto agli otto persi nei 90 anni precedenti e altri, purtroppo, ne perderà con le ultime scelte politiche che vanno sotto il nome di “Sblocca Italia”. Una parola d’ordine più che una necessità per un paese in ginocchio, che suona come un vero e proprio messaggio pubblicitario. Una pubblicità per chi vuole continuare a mangiare altro territorio di un Paese che ha il primato in Europa e nel mondo dei prodotti Dop, Igp come di quelli tradizionali, molti dei quali straordinari testimoni di territori conosciuti, noti in tutto il mondo; della biodiversità, soprattutto olivicola e viticola, dei paesaggi più belli, unici.
Primati che spiegano bene il successo che da anni la Toscana vive nel mondo con la cura della sua ruralità, l’attenzione per le sue tradizioni, la bellezza dei suoi paesaggi, la storia e la cultura, cioè l’insieme dei valori e delle risorse proprie del territorio.
Un patrimonio messo in discussione da un sistema, scoppiato nel 2008, che si tenta di rimettere in piedi pur sapendo che è fallito con la sua logica del consumismo e dello spreco, della ricerca di cogliere un solo obiettivo, il profitto. Un processo che è andato avanti senza grandi problemi e preoccupazioni fino a quando non ha intaccato gli equilibri naturali e messo in discussione l’intero pianeta, che, quest’anno, dal 19 di agosto non ha più niente da dare fino alla fine dell’anno. Come dire che quando questa data sarà il 30 di giugno, necessiteranno due pianeti per dare una risposta alla vita, anche la nostra.
Eppure non dovrebbe essere difficile capire che meno territorio vuol dire meno paesaggio, meno biodiversità, meno agricoltura, meno cibo (altro che nutrire il pianeta!), meno eccellenze, meno gastronomia di qualità, meno cultura, meno storia da raccontare, meno partecipazione, meno democrazia, e, anche, meno identità con la riduzione ai minimi termini e la loro conseguente sparizione della gran parte dei comuni e, con loro, delle tradizioni.
Ed io quando penso al paesaggio, mi viene in mente immediatamente l’agricoltura che lo caratterizza e il territorio che si identifica in questi due elementi così legati l’uno all’altro.
Penso alla bellezza diffusa in questo nostro Paese, soprattutto dei luoghi che mi circondano e fanno vivere la mia identità, ma anche che mi hanno ospitato per tanti anni e di quelli che ho avuto la fortuna di visitare.
Una ricchezza straordinaria, come dicevo diffusa, che, se utilizzata e ben spesa, fa credere a un’inversione di tendenza, alla possibilità di incamminarsi su una strada che scansa il baratro e porta lontano, oltre lo stesso paesaggio che hai sotto gli occhi, in pratica a sognare un futuro all’insegna della sobrietà, della bellezza, della bontà e della consapevolezza della propria identità, che solo la cura del territorio ti può dare.
La crisi sistemica che viviamo lo sta dimostrando con un attacco crescente a questo straordinario valore, che c’è sottratto proprio nel momento in cui ne abbiamo più bisogno per viverlo, soprattutto come antidoto a un mondo che ci deprime con i suoi risultati sempre più negativi. Tanto più se questo valore, la bellezza, è un bene comune legato a quel patrimonio unico che è il territorio.
Parlo del paesaggio, cioè della rappresentazione del territorio che ha in sé la memoria del lavoro delle generazioni passate.
Penso a un piccolo borgo, con il suo campanile nella parte più alta e intorno le minute case perfettamente in armonia con il territorio; i campi coltivati, ma anche a quella parte che l’uomo ha salvaguardato non toccandola.
Alla bellezza di un paesaggio corrisponde di solito un territorio di qualità, quale insieme di valori e di risorse come la storia, la cultura, le attività agro-pastorali, la tradizione, questa fonte inesauribile della cultura dei luoghi, di una comunità!
Pensiamo alla tradizione in cucina quale espressione anche di bontà, cioè di qualità.
Non a caso la qualità è nell’origine, il territorio, l’elemento strutturale che il paesaggio permette di percepire con le identità dei luoghi.
Un lungo processo (memoria) di relazioni tra l’ambiente e l’uomo, un dialogo continuo che è venuto meno negli ultimi decenni, andando, così, a intaccare un altro patrimonio universale dell’umanità, essenziale per le nostre vite, la biodiversità.
Il territorio, negli ultimi dieci anni, ha perso oltre due milioni di ettari di superficie in confronto agli otto persi nei 90 anni precedenti e altri, purtroppo, ne perderà con le ultime scelte politiche che vanno sotto il nome di “Sblocca Italia”. Una parola d’ordine più che una necessità per un paese in ginocchio, che suona come un vero e proprio messaggio pubblicitario. Una pubblicità per chi vuole continuare a mangiare altro territorio di un Paese che ha il primato in Europa e nel mondo dei prodotti Dop, Igp come di quelli tradizionali, molti dei quali straordinari testimoni di territori conosciuti, noti in tutto il mondo; della biodiversità, soprattutto olivicola e viticola, dei paesaggi più belli, unici.
Primati che spiegano bene il successo che da anni la Toscana vive nel mondo con la cura della sua ruralità, l’attenzione per le sue tradizioni, la bellezza dei suoi paesaggi, la storia e la cultura, cioè l’insieme dei valori e delle risorse proprie del territorio.
Un patrimonio messo in discussione da un sistema, scoppiato nel 2008, che si tenta di rimettere in piedi pur sapendo che è fallito con la sua logica del consumismo e dello spreco, della ricerca di cogliere un solo obiettivo, il profitto. Un processo che è andato avanti senza grandi problemi e preoccupazioni fino a quando non ha intaccato gli equilibri naturali e messo in discussione l’intero pianeta, che, quest’anno, dal 19 di agosto non ha più niente da dare fino alla fine dell’anno. Come dire che quando questa data sarà il 30 di giugno, necessiteranno due pianeti per dare una risposta alla vita, anche la nostra.
Eppure non dovrebbe essere difficile capire che meno territorio vuol dire meno paesaggio, meno biodiversità, meno agricoltura, meno cibo (altro che nutrire il pianeta!), meno eccellenze, meno gastronomia di qualità, meno cultura, meno storia da raccontare, meno partecipazione, meno democrazia, e, anche, meno identità con la riduzione ai minimi termini e la loro conseguente sparizione della gran parte dei comuni e, con loro, delle tradizioni.
Ed io quando penso al paesaggio, mi viene in mente immediatamente l’agricoltura che lo caratterizza e il territorio che si identifica in questi due elementi così legati l’uno all’altro.
Penso alla bellezza diffusa in questo nostro Paese, soprattutto dei luoghi che mi circondano e fanno vivere la mia identità, ma anche che mi hanno ospitato per tanti anni e di quelli che ho avuto la fortuna di visitare.
Una ricchezza straordinaria, come dicevo diffusa, che, se utilizzata e ben spesa, fa credere a un’inversione di tendenza, alla possibilità di incamminarsi su una strada che scansa il baratro e porta lontano, oltre lo stesso paesaggio che hai sotto gli occhi, in pratica a sognare un futuro all’insegna della sobrietà, della bellezza, della bontà e della consapevolezza della propria identità, che solo la cura del territorio ti può dare.
di Pasquale Di Lena
Teatro Naturale - pubblicato il 19 settembre 2014 in Pensieri e Parole > Editoriali
Teatro Naturale - pubblicato il 19 settembre 2014 in Pensieri e Parole > Editoriali
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