LA TABELLA DEI CIBI E LE REGOLE DEL PIO LUOGO
Il “Pio luogo”, indicato nel documento che trova giusta
rilevanza nell’interessante, bellissimo Museo Diocesano sito nell’Episcopio a
fianco alla stupenda Cattedrale di Larino, è il Seminario di Larino, il primo
della cristianità, e la “Tabella dei cibi”, firmata nel 1871 dal Vescovo Francesco Giampaolo, precisamente il
10 di Settembre, è quella riferita al pranzo e alla cena consumati dagli
allievi e dai professori del pio luogo.
La cosa che sorprende è la carne che torna a pranzo e a cena
per ben tre giorni della settimana (Domenica, Martedì e Giovedì), come pure il
lunedì e il mercoledì, ma solo a pranzo.
La frutta non manca mai, sia il giorno sia la sera, ed il
vino è sempre presente, però solo a pranzo.
Il pesce o, quando non c’è, il baccalà, è presente il
venerdì e il sabato a pranzo e, al posto delle uova, anche alla cena dello
stesso giorno.
I legumi sono indicati solo per i Venerdì della stagione
invernale, mentre la minestra verde vale il mercoledì e il Venerdì con
l’insalata che torna a cena la Domenica, il Martedì e il Giovedì.
C’è anche il riso, ma solo il Lunedì al posto della pastina,
prevista anche il Venerdì in alternativa alla minestra verde, con la pasta
condita a cena nelle sere del Lunedì, Mercoledì e Venerdì.
I maccheroni al ragù allietano il pranzo del Martedì,
Giovedì e Domenica.
E per finire con la rappresentazione della Tabella dei Cibi
posta in una bacheca del museo, la frittata, in alternativa al pesce durante il
pranzo del sabato.
Non è malignità la nostra se diciamo che molti dei
seminaristi, anche in considerazione dei tempi dove non mancava la miseria più
nera, erano presi per la gola e convinti da un mangiare, sicuramente all’insegna
della frugalità, a prendere i voti e continuare a vivere in piena beatitudine
la loro vocazione.
Frugalità certamente, ma tanta tanta qualità e diversità che
spiegano solo in parte la Dieta mediterranea, cioè il buon mangiare e, anche,
il buon bere con la presenza costante di un bicchiere di vino a confermare il
peso della ritualità nella liturgia che ha significato tanto dell’immagine e
della continuità che il vino ha avuto sulla tavola del ricco come del povero,
quale bevanda e alimento insieme.
La tabella ci ha riportato alla nostra infanzia quando il
piatto a tavola, con delle piccole variazioni, scandiva il giorno della
settimana e la stagione. Una regola, direbbe il dott. Marco Tagliaferri, da
tener presente perché è quella che, insieme al movimento (u ggire du paese), esprimeva
bene la Mediterraneità, quale stile di vita prima ancora che una buona e
corretta alimentazione.
Il passato che ci racconta il documento esposto nel Museo
Diocesano, come si può capire, torna a dirci che è di grande attualità quando
ci invita a correggere le nostre abitudini sbagliate, quelle da lungo tempo sostenute
dal consumismo e dallo spreco che sono, poi, causa dei malesseri che l’uomo
moderno vive e, con esso, il territorio.
pasqualedilena@gmail.com
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