EXPO 2015 - IL RISCHIO

EXPO 2015, IL RISCHIO, SENZA LA SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO, DI PERDERE LA GRANDE OPPORTUITA’ 
Il territorio, quale spazio o luogo che raccoglie identità ed esprime risorse e valori propri, è il bene comune o, meglio, il patrimonio collettivo, che spetta a ognuno valutare attentamente se non si vuole disperdere e sperperare.
 
Un tesoro di preziosi cristalli e, come tale, da mettere nelle mani di persone capaci, e, soprattutto, dotate di principi e di valori morali, tanto più necessari oggi che è venuto meno il senso del rispetto di sé e degli altri e, ancor più, della natura che un dato territorio esprime.
Senza un’attenta considerazione di questo prezioso e delicato bene, il territorio, il processo in atto di consumo e di sperpero può determinare la fine di un percorso e l’impossibilità di tornare sui propri passi. Tutto questo, parlando del nostro Paese, alla vigilia di un’Esposizione universale, Expo 2015 di Milano, che rischia di trasformarsi da opportunità a presa d’atto di un fallimento totale.
Stiamo parlando di un evento eccezionale in un Paese, il nostro, che in quanto a cibo e a nutrizione, non ha uguali al mondo se si pensa alle sue quasi 5.000 (cinquemila) specialità alimentari tradizionali; oltre 260 eccellenze Dop e Igp, sulle 1200 riconosciute dall’Ue; 403 vini Doc e Docg e, non meno importante, l ‘estesa coltivazione di prodotti naturali, biologici, con l’uso di sostanze organiche e non di prodotti di sintesi.
Un patrimonio enorme di territori e di biodiversità, che porta a diversificare l’offerta di prodotti e di pietanze che, nel tempo, sono diventati i testimoni di un luogo e, come tali, i banditori più capaci per comunicare al meglio tutt’i valori e tutte le risorse che lo stesso luogo mette a disposizione. La diversità, per capire, qual è l’arma vincente sul mercato globale o della omologazione, che, si dà il caso, noi abbiamo e altri non hanno., per ora, non riusciamo a utilizzare al meglio.
Non è solo uno slogan “la qualità è nell’origine”, ma una verità che riguarda in lungo e in largo il nostro Paese, ben sapendo che è un fatto del tutto naturale quello di abbinare un prodotto al suo territorio di origine e, questo , com’è facile comprendere, per un suo pronto e facile riconoscimento.
La mitologia, non solo la storia di millenni, ci racconta che questo modo di abbinare il prodotto al territorio c’è sempre stato, ma che solo nel secolo scorso ha trovato una sua codificazione nel nostro Paese con l’approvazione del Dpr 930 del 1963. La legge, questa, che ha aperto un percorso virtuoso, quello del riconoscimento dei vini di qualità Doc e, a partire dagli anni ’80, anche delle Docg, sulla base di un riconoscimento dell’alta qualità, prima di tutto da parte del mercato, cioè del consumatore che, così, veniva anche garantito.
Nel 1992 l’Europa, con i due regolamenti 2081 e 2082, questo percorso del riconoscimento della qualità dell’origine si allarga, con i marchi Dop e Igp, all’insieme delle eccellenze agroalimentari dei paesi dell’Ue. Marchi, comuni per tutt’i Paesi europei, che sono in grado, attraverso un disciplinare di produzione e i controlli attivati, di dare garanzie al consumatore.
Un patrimonio, dicevo, che potrebbe illuminare con la sua sola luce, il grande evento dell’Esposizione Universale che onora Milano e il nostro Paese. Una luce propria, splendente di sole e di luna, cieli stellati, paesaggi e ambienti, belle tradizioni, quelle che animano le belle piazze dei nostri paesi e delle nostre città o, anche, che esprimono una cucina ricca di piatti conditi con i profumi e i sapori del territorio di appartenenza. Senza dimenticare la storia, la cultura, l’arte di cui abbonda il nostro Paese.
E, invece, c’è forte il rischio di arrivare a questo appuntamento, in mancanza di una legge “salva territorio”, fondamentale per bloccare lo spreco che continua a ritmo incessante e porta a una perdita di 100 ettari al giorno, non più destinati a produrre cibo, ma solo a dare lauti profitti a speculatori e persone poco raccomandabili.
Il rischio, anche, di mettere in evidenza un percorso che porta governi e multinazionali a impoverire, soprattutto di biodiversità, il pianeta con la deforestazione di milioni di ettari ogni anno; le coltivazioni e gli allevamenti intensivi, che negano la qualità a vantaggio della qualità. Un percorso che, per quanto riguarda il nostro Paese, ruba le bellezze e le bontà dei nostri territori che, come si sa,  sono una fonte certa di richiamo turistico.
Il rischio, in mancanza di una programmazione, di non cogliere questa grande opportunità del 2015 a Milano, cioè di esporre l’intero Paese e metterlo a disposizione dei quasi 150 Paesi del mondo che hanno dato la loro adesione e dei 25 milioni di turisti previsti. In pratica una grande occasione, ma che rischia di essere persa per l’insipienza di una classe politica e dirigente, capace solo di dare spettacolo di sé. 
uscito sul n° 8 di OINOS - vivere divino 


EXPO 2015, IL RISCHIO, SENZA LA SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO, DI PERDERE LA GRANDE OPPORTUITA’ Il territorio, quale spazio o luogo che raccoglie identità ed esprime risorse e valori propri, è il bene comune o, meglio, il patrimonio collettivo, che spetta a ognuno valutare attentamente se non si vuole disperdere e sperperare.
Un tesoro di preziosi cristalli e, come tale, da mettere nelle mani di persone capaci, e, soprattutto, dotate di principi e di valori morali, tanto più necessari oggi che è venuto meno il senso del rispetto di sé e degli altri e, ancor più, della natura che un dato territorio esprime.
Senza un’attenta considerazione di questo prezioso e delicato bene, il territorio, il processo in atto di consumo e di sperpero può determinare la fine di un percorso e l’impossibilità di tornare sui propri passi. Tutto questo, parlando del nostro Paese, alla vigilia di un’Esposizione universale, Expo 2015 di Milano, che rischia di trasformarsi da opportunità a presa d’atto di un fallimento totale.
Stiamo parlando di un evento eccezionale in un Paese, il nostro, che in quanto a cibo e a nutrizione, non ha uguali al mondo se si pensa alle sue quasi 5.000 (cinquemila) specialità alimentari tradizionali; oltre 260 eccellenze Dop e Igp, sulle 1200 riconosciute dall’Ue; 403 vini Doc e Docg e, non meno importante, l ‘estesa coltivazione di prodotti naturali, biologici, con l’uso di sostanze organiche e non di prodotti di sintesi.
Un patrimonio enorme di territori e di biodiversità, che porta a diversificare l’offerta di prodotti e di pietanze che, nel tempo, sono diventati i testimoni di un luogo e, come tali, i banditori più capaci per comunicare al meglio tutt’i valori e tutte le risorse che lo stesso luogo mette a disposizione. La diversità, per capire, qual è l’arma vincente sul mercato globale o della omologazione, che, si dà il caso, noi abbiamo e altri non hanno., per ora, non riusciamo a utilizzare al meglio.
Non è solo uno slogan “la qualità è nell’origine”, ma una verità che riguarda in lungo e in largo il nostro Paese, ben sapendo che è un fatto del tutto naturale quello di abbinare un prodotto al suo territorio di origine e, questo , com’è facile comprendere, per un suo pronto e facile riconoscimento.
La mitologia, non solo la storia di millenni, ci racconta che questo modo di abbinare il prodotto al territorio c’è sempre stato, ma che solo nel secolo scorso ha trovato una sua codificazione nel nostro Paese con l’approvazione del Dpr 930 del 1963. La legge, questa, che ha aperto un percorso virtuoso, quello del riconoscimento dei vini di qualità Doc e, a partire dagli anni ’80, anche delle Docg, sulla base di un riconoscimento dell’alta qualità, prima di tutto da parte del mercato, cioè del consumatore che, così, veniva anche garantito.
Nel 1992 l’Europa, con i due regolamenti 2081 e 2082, questo percorso del riconoscimento della qualità dell’origine si allarga, con i marchi Dop e Igp, all’insieme delle eccellenze agroalimentari dei paesi dell’Ue. Marchi, comuni per tutt’i Paesi europei, che sono in grado, attraverso un disciplinare di produzione e i controlli attivati, di dare garanzie al consumatore.
Un patrimonio, dicevo, che potrebbe illuminare con la sua sola luce, il grande evento dell’Esposizione Universale che onora Milano e il nostro Paese. Una luce propria, splendente di sole e di luna, cieli stellati, paesaggi e ambienti, belle tradizioni, quelle che animano le belle piazze dei nostri paesi e delle nostre città o, anche, che esprimono una cucina ricca di piatti conditi con i profumi e i sapori del territorio di appartenenza. Senza dimenticare la storia, la cultura, l’arte di cui abbonda il nostro Paese.
E, invece, c’è forte il rischio di arrivare a questo appuntamento, in mancanza di una legge “salva territorio”, fondamentale per bloccare lo spreco che continua a ritmo incessante e porta a una perdita di 100 ettari al giorno, non più destinati a produrre cibo, ma solo a dare lauti profitti a speculatori e persone poco raccomandabili.
Il rischio, anche, di mettere in evidenza un percorso che porta governi e multinazionali a impoverire, soprattutto di biodiversità, il pianeta con la deforestazione di milioni di ettari ogni anno; le coltivazioni e gli allevamenti intensivi, che negano la qualità a vantaggio della qualità. Un percorso che, per quanto riguarda il nostro Paese, ruba le bellezze e le bontà dei nostri territori che, come si sa,  sono una fonte certa di richiamo turistico.
Il rischio, in mancanza di una programmazione, di non cogliere questa grande opportunità del 2015 a Milano, cioè di esporre l’intero Paese e metterlo a disposizione dei quasi 150 Paesi del mondo che hanno dato la loro adesione e dei 25 milioni di turisti previsti. In pratica una grande occasione, ma che rischia di essere persa per l’insipienza di una classe politica e dirigente, capace solo di dare spettacolo di sé. 
pasqualedilena@gmail.com

 

 

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