L'ATTIMO FUGGENTE
Leggo sempre con attenzione e interesse quello che scrive Pasquale Di Lena, noto uomo di marketing, ideatore d’iniziative e progetti di promozione di grande successo che hanno varcato i confini nazionali, sia si parli di vino, di olio e di cultura enogastronomica a tutto tondo. Questo non vuole essere un post celebrativo, il suo curriculum parla chiaro, né tantomeno un excursus sulla sua attività di marketing di primissimo livello, da cui hanno attinto a piene mani gli studenti della “Scuola del gusto” e che potete trovare riassunta in questo post, ma questa è l’occasione per trarre degli spunti di riflessione da uno dei suoi ultimi articoli.
“Ho appena letto il bando della Regione Molise riguardante “Concessione di contributi a sostegno di progetti per la promozione del vino italiano sui mercati dei Paesi terzi” ed ho avuto subito la sensazione di un’altra delle tante occasioni perse se (mi auguro di no) si vanno a spartire le risorse a disposizione o a dare solo a chi - produttori e/o trasformatori e/o commercianti di vino, consorzi di tutela, organizzazioni professionali, interprofessionali o di produttori riconosciute, soggetti pubblici - ha la possibilità di impegnarsi per un progetto almeno di centomila euro, sapendo di avere un contributo pari al 70% delle spese ammesse e rendicontate”.
In effetti, le paure del Di Lena, hanno un fondamento. Torniamo indietro di qualche mese, precisamente al 30 aprile, quando è stato pubblicato sul sito del Ministero delle Politiche Agricole un Decreto sull’OCM vino (Organizzazione comune del marcato) che recita: “Promozione sui mercati dei Paesi terzi" - Invito alla presentazione dei progetti campagna 2013/2014. Modalità operative e procedurali per l'attuazione del Decreto ministeriale n. 4123 del 22 luglio 2010. In sostanza, si tratta di fondi stanziati, per la misura 101,7 Milioni di €, a disposizione di aziende singole e associate che, per il periodo ottobre 2013 - ottobre 2014 intendono promuovere il vino attraverso un supporto al proprio piano d’investimenti.
Fonte: UIV |
Da cosa dipende questo immobilismo? Se andiamo a leggere attentamente il bando, ai fondi hanno accesso diversi soggetti, tra cui le organizzazioni professionali che abbiano tra i loro scopi la promozione dei prodotti agricoli, i Consorzi di tutela e loro associazioni e federazioni, i produttori di vino che abbiano ottenuto i prodotti da promuovere dalla trasformazione a monte del vino, propri o acquistati, soggetti pubblici con comprovata esperienza nel settore del vino e le associazioni, anche temporanee, d’impresa e di scopo tra i soggetti precedenti. Se scorriamo la graduatoria dei progetti finanziati dello scorso anno, per accedere al contributo riservato sulla quota nazionale, che si aggiunge al budget di quelle regionali cui hanno accesso progetti che coinvolgano almeno tre Regioni, è un elenco dei più importanti gruppi del vino in ambito nazionale, quelli che detengono una buona parte del mercato, come Cavit, G.I.V (gruppo italiano vini) e Caviro, giusto per citarne alcune. Da quanto sopra si evince che, per usufruire degli aiuti, pari, al massimo, al 50% delle spese sostenute per svolgere le attività, è necessario che ci sia una comunione d’intenti, un unico soggetto forte che accomuni le singole realtà produttive, necessario soprattutto nella nostra Regione, dove i volumi sono piccoli e c’è molta frammentazione. Il Consorzio di tutela dei vini del Molise, che dovrebbe essere uno dei soggetti proponenti, rappresenta solo una parte del mondo produttivo regionale, tra cui le tre cantine cooperative del basso Molise. Lo stesso Di Lena dice:
E ancora:
Lo stesso, poi, indica quali potrebbero essere i mercati su cui puntare, come il Canada, che è uno tra i primi importatori di vino italiano nel mondo e dove è anche forte la presenza d’italiani e di comunità molisane. Alle sue considerazioni, pienamente condivisibili, aggiungo che, proprio per i numeri piccoli che caratterizzano la nostra produzione, la possibilità di puntare a un mercato dove il Brand Italia è forte, potendo offrire, rispetto alle altre realtà italiane, la crescente qualità delle produzioni associata a tutto quello che il Molise può offrire in termini di cultura, arte, archeologia e territorio rurale di qualità, in concreto sconosciuta, può essere un’arma vincente.
L’appeal può essere rafforzato proponendo l’olio extravergine d’oliva, il tartufo e tutto quello che possa dare risalto a l’immagine di una “città regione”, ossia la possibilità di toccare con mano quello che offre in nostro paese in poche decine di chilometri quadrati, con tante cose in poco spazio, una ricchezza da scoprire, un unico contenitore che racchiuda tutto, un unico brand, un unico messaggio condiviso. Probabilmente, questo è l’anello debole, la nostra vera tara, nel senso che è già difficile trovare accordo tra produttori di vino, figuriamoci tra soggetti eterogenei. Ecco che deve entrare in gioco la programmazione istituzionale, penso alle azioni che vorrà intraprendere il neoeletto Assessore all’agricoltura, giovane e particolarmente sensibile alla realtà produttiva regionale, alle Camere di Commercio e soprattutto ai produttori, che sono i soggetti principali dell’azione, cercando la condivisione attorno ad un'unica associazione, consorzio o quant’altro faccia squadra, rete e condivisione. “Il Molise può essere qualcosa di nuovo” (Rossano Pazzagli).
“Si tratta di mettere insieme tutti i soggetti per valutare la possibilità di dar vita a uno strumento comune necessario per spendere al meglio le risorse e, nel contempo, offrire ai produttori l’opportunità di conquistare uniti un mercato”.
E ancora:
“Uno strumento che vede partecipe i soggetti considerati dal bando, con tutti i produttori protagonisti di un progetto di promozione e valorizzazione dei nostri vini e, con essi, del Molise, che ha come priorità la creazione di una squadra capace di programmare - sulla base di una scelta concordata con la Regione di uno o, al massimo, due mercati esteri - le iniziative che permettono di far conoscere il Molise e i suoi vini, ai fini di una commercializzazione degli stessi”.
Lo stesso, poi, indica quali potrebbero essere i mercati su cui puntare, come il Canada, che è uno tra i primi importatori di vino italiano nel mondo e dove è anche forte la presenza d’italiani e di comunità molisane. Alle sue considerazioni, pienamente condivisibili, aggiungo che, proprio per i numeri piccoli che caratterizzano la nostra produzione, la possibilità di puntare a un mercato dove il Brand Italia è forte, potendo offrire, rispetto alle altre realtà italiane, la crescente qualità delle produzioni associata a tutto quello che il Molise può offrire in termini di cultura, arte, archeologia e territorio rurale di qualità, in concreto sconosciuta, può essere un’arma vincente.
Scorcio di paesaggio molisano |
Sebastiano Di Maria
Commenti
Posta un commento