UN SALUTO AL PRIMO MAGGIO
Caro
Pasquale,
ti ringrazio
molto. Anche per aver riportato una mia frase (e una foto) sul tuo blog molto
bello.
Domani è il
primo Maggio. Festa del lavoro. Siamo tornati al “pane e lavoro” delle lotte
nel dopoguerra.
Innanzitutto
il lavoro manuale a torto deprezzato. Tempo fa dovevamo presentare al mio club
fotografico immagini sul lavoro. Ne scelsi una che mostrava
solo due mani che lavoravano un oggetto alla luce di una lampada. Volutamente,
avevo escluso tutto il resto: solo le mani al lavoro.
Avevo
spiegato che l’evoluzione umana è iniziata grazie alla trasformazione delle
zampe anteriori in braccia e mani. Solo dopo è venuto il cervello. Senza la
funzione prensile delle mani che potrei
fare? Che potrebbero fare il manovale, il contadino, il violinista, il pittore?
Nel nostro cervello gran parte dell’area motoria deputata ai movimenti
muscolari è riserbata alle mani.
Non ho mai
capito per quale ragione l’uomo tenda a non apprezzare ciò che gli consente di
vivere: l’aria, l’acqua, la terra. E il lavoro manuale. Quello del contadino,
quello dell’artigiano. Quello delle casalinghe, quello
dell’operaio. L’uomo sta svilendo il suo corpo. Ripudia il sudore e la fatica.
Non infiacchisce solo il suo corpo ma anche il suo spirito: vanno di pari
passo. Lucida le sue macchine, ingioiella la sua casa.
Il primo
Maggio: forse ci eravamo illusi di aver superato le lotte per il lavoro. Anzi,
qualcuno si era illuso di poter fare a meno del lavoro. Non solo quelli che
campano sul lavoro degli altri ma quelli che confidavano nelle macchine che altro non
sono che le periferiche delle nostre mani.
Il primo Maggio chiamava i
lavoratori a unirsi, a gridare il loro ruolo fondamentale. Si tentò talvolta di
soffocare quel grido assoldando banditi. Non funzionò. Si è tentato di assopire gli
spiriti con qualche pezzo di pane. Le piccole false pensioni pensioni di
invalidità, le promesse di un posto di lavoro magari inutile.
Il lavoro non
solo dà sostentamento. Dà dignità e libertà. Dà creatività. A patto di non
essere trasformato in schiavitù, di non diventare un’arma di ricatto: non
sarebbe più lavoro ma prigione, depredazione.
La finanza
umilia il lavoro, illude l’uomo.
Vorrei che il
primo Maggio diventasse simbolo del lavoro giusto, adeguatamente retribuito,
non esasperato, scevro da ricatto. Nei momenti più difficili l’uomo si trova a
un bivio: o diventa vittima di chi lo illude con false promesse e si perde, oppure si
riscatta e diventa protagonista di una rinascita.
A volte le crisi sono come il
fuoco nel bosco, lo distrugge ma gli permette di rinnovarsi. In questa nostra
società che sembra allo sbando, disorientata e avvilita, credo di intravvedere
un risveglio.
Con queste
idee forse un po’ confuse saluto il primo Maggio.
Le confido a
te in ricordo dei tanti discorsi che facevamo quando certi simboli facevano da
bussola alle idee e alle speranze. A volte i simboli possono cambiare ma idee e
speranze sopravvivono.
Il primo Maggio rimane un simbolo vivo, un segno di
speranza e di protesta, un ponte tra ieri e oggi.
Che ne
sarebbe, altrimenti, dell’uomo?
Un abbraccio
Nicola
LE TRE FOTO QUI PUBBLICATE SONO TUTTE DI NICOLA PICCHIONE - RISERVATE
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