L'IRRUZIONE

L’ho appena fotografato a lato di un campo di cavolfiori da dove aveva sotto controllo la sua nuova casa dell’amore. Vi era arrivato grazie al suo fiuto che, nonostante l’età, era davvero particolare, ancora più forte di quello di un cane normale, che gli permetteva di arrivare prima degli altri a prendere il posto là dove c’era una cagnolina in calore da conquistare e soddisfare.

Sto parlando di Hike, il cane di Adele e di Maria Rosaria, che conosco da sempre come il cane più libero del mondo che puoi trovare ovunque intorno ai due centri abitati di Larino e, ripeto, di solito là dove c’è una cagnolina in calore. Non a caso da quando c’è lui Larino si è arricchita di cani dal pelo nero.
Voglio raccontare dell’altro giorno da Campitelli e della sua entrata in scena, come solo sa fare un vero protagonista, un grande attore, nello splendido  salone dove si viveva la festa del matrimonio della sua padrona, Carolina, che da poco aveva finito di cantare, in modo egregio, una canzone di Mina. I poeti sanno fare anche questo pur di recitare e Carolina è una poetessa che ha le ali di una farfalla, bianche punteggiate di nero.
Si deve pensare che più che il fiuto l’ha guidato l’udito. Il senso che gli ha permesso di riconoscere la voce delicata della sua Carolina che tante volte ha ascoltato.
Una vera e propria irruzione, la sua, dentro la sala strapiena di tavoli e di persone festanti. E di colpo il suo abbaiare forte che aveva il sapore del rimprovero a Carolina ed ai suoi familiari che l’avevano lasciato solo senza salutarlo.
Era tornato più volte senza trovarli e poi aveva aspettato a lungo e provato paura come quando si è soli senza nessuno. Non è vero che i cani non hanno il senso del tempo. Non ce l’hanno al pari delle persone quando sono serene, tranquille.
Poi è partito seguendo la voce che arrivava da lontano e, quando, l’ha sentita vicina si è sfogato con l’abbaio per non essere stato invitato e per aver sofferto tutto il tempo. Più di sette ore che non passavano mai.
E così si è messo ad abbaiare per significare questa sua liberazione dalla rabbia e dal dolore di averli persi per tante lunghe ore e la gioia di averli ritrovati.
Da quando ho tutti i giorni con me Lina, la mia cagnolina, è cambiato il mio rapporto con i cani e tutti gli animali in generale, ma, anche, con la natura nel suo complesso.  Una pianta di rosmarino o di olivo, un insetto, un cane o un toro non sono altra cosa, siamo noi, come lo è un pezzo di legno per un bravo falegname o un restauratore; un pezzo di ferro per un fabbro; una pietra per uno scalpellino, un muratore, uno scultore.

Cioè la natura, quella natura che da qualche tempo ci sta lanciando il suo grido d’allarme mentre noi continuiamo a consumarla ed a sprecarla, a distruggerla senza preoccuparci del domani.
Continuando così quale sarà il domani? Sarebbe quanto mai utile fermarsi per un attimo e riflettere sulle cose fatte per capire quali sono state quelle utili, per un attimo da accantonare, e quali quelle che ci hanno portato alla rovina attuale e sono, invece, da buttare.  Non c’è altra possibilità se si vuole riprendere il cammino guardando con fiducia lontano. Altrimenti sono pezze che non sai dove appiccicare perché del vestito sono rimasti solo i fili del vecchio tessuto.
Fermarsi per ascoltare i soffi dei venti, la risata di un bambino; accarezzare una foglia o un ramo; chiedersi come mai non si vedono più i passeri saltellare ogni dove; guardare i colori di un campo o di una poiana il volo.
Fermarsi per gustare un pezzo di pane con il profumato olio gentile; bere un bicchiere di vino; interpretare il sogno della notte raccolto dal mattino; far volare la fantasia; programmare; progettare; chiedere; cercare; dialogare, costruire insieme, sorridere, tremare di paura, piangere, gridare, avere voglia di volare. Fermarsi per ricominciare il cammino verso i sud del mondo dove ci sono fichi, aranci, limoni, capperi che salgono i muri scrostati dal sole e dalla salsedine di un mare che ha il colore delle viti e degli ulivi, dei carrubi, del cielo che lo va ad abbracciare più lontano, la giù all’orizzonte come carezza di una mano sul viso dell’amore. Ora mi dicono che Hike è arrivato portato da Antonio, l’altro suo padrone. Io so che il suo correre tra i tavoli e il suo abbaiare sapeva di rimprovero e di dolore, di gioia per la festa, la vita.
Pasquale Di Lena

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