VIVERE IN PACE CON LA NATURA

Su Repubblica on line, di questi giorni, c’era un filmato che faceva vedere l’attrice napoletana Marisa Laurito, seduta in poltrona, che chiama il suo cane e, quando il bellissimo esemplare arriva, comincia a raccontare la storia della deportazione in Calabria di 400 cani, da molti anni in due strutture di Potenza.

Un appello appassionato al popolo di internet perché non succeda questa barbarie che riporta alla mente quello che i nazisti sono riusciti a fare - con l’aiuto dei fascisti al potere, anche quelli nostrani - con gli uomini, le donne e i bambini ebrei, zingari, comunisti.

L’uomo è l’ultimo degli animali che ha messo piede sulla terra (centinaia di migliaia di anni fa), quindi il più giovane degli abitanti di questo pianeta, che ha dimostrato, nel corso dei secoli e soprattutto in questi ultimi decenni, di essere il più feroce. Le guerre, la bomba atomica, i diserbanti, la deforestazione selvaggia e la deportazione degli indigeni, gli Ogm, la cementificazione del territorio, l’inquinamento, il consumismo e lo spreco delle risorse, e tante altre belle iniziative varie, che stanno distruggendo quel poco del pianeta rimasto e riducendo ogni giorno il patrimonio della biodiversità.

Ogni giorno, badate, abbiamo meno piante e meno animali a farci compagnia e ogni giorno che passa aumenta a dismisura la nostra avidità.

Il rischio della fine del pianeta Terra non è l’allarme di uno dei tanti pazzi come noi, ma la semplice constatazione che, se si va avanti così, si toccherà il punto del non ritorno, con la buona pace di tutti.

Prima si prende atto di questo rischio e prima si ha la possibilità di costruire le coscienze della compatibilità che comportano sacrifici, nel momento in cui si vuole porre fine a abitudini errate ed a scelte politiche che portano a sprechi e distruzione del nostro territorio.
Un monito che ci sentiamo di lanciare, pur sapendo che, quando va bene, riusciamo appena a sfiorare le coscienze e ad infastidire gli indifferenti.

Il modo di trattare gli animali rispecchia molto il modo di agire di ognuno e la poco o tanta voglia di razzismo che è in noi.

Non molto tempo fa, una domenica di fine inverno ci siamo portati a fare delle foto a quello straordinario anfiteatro di olivi che segna il centro storico di Larino e, salendo verso il Monte, per la strada meno frequentata, ci siamo fermati per fotografare un oliveto. Dava, a noi, l’impressione di salire in alto, dopo aver attraversato un verdeggiante campo di grano. Alle spalle abbiamo sentito abbaiare, un coro che ci segnalava la presenza di tanti cani.

Erano sotto le querce, subito dopo un cancello, non chiusi singolarmente in una gabbia, come succede in tanti canili comunali, ma, a gruppi, in box, come a socializzare.

Siamo stati colpiti da questa organizzazione e, soprattutto, dalla pulizia che regnava in quella realtà comunque di reclusione.

Ci siamo ricordati del nostro amico Primiano e, così, lo abbiamo chiamato per complimentarci con lui dello stato in cui abbiamo trovato animali raccolti dopo l’abbandono, che un tempo, dopo tre giorni accalappiati, venivano ammazzati.

Dopo esserci complimentati, l’abbiamo ringraziato anche a nome di Lina e di Fido, i nostri due amici “bastardi”, che, come il resto degli animali, hanno un anima oltre all’istinto, e di tutti gli altri cani e gli altri animali, che rischiano ogni giorno di diventare vittime dell’amico uomo.

Grazie ancora Primiano per quello che riesci a fare con i pochi spiccioli che ti dà l’amministrazione comunale e per l’esempio che può dare il tuo canile. Esso guarda il lento scorrere del Vallone della terra, un habitat favoloso che l’attuale amministrazione comunale vorrebbe trasformare in un bretella di cemento da rendere via di collegamento di Larino con la Bifernina.

Una pazzia che dimostra quello che abbiamo scritto sopra e cioè come, sempre più, sia l’avidità a guidare l’uomo e non la capacità di pensare che questo piccolo, straordinario, meraviglioso mondo del Vallone della Terra, se salvato e valorizzato, può diventare una straordinaria risorsa.

Di sicuro più della bretella che si può pensare di costruire altrove, là dove non ci sono così abbondanti forme di vita fantastiche che rappresentano un patrimonio di biodiversità, il solo che rende ricca la vita degli uomini sotto i più disparati aspetti, nel momento in cui esso è fonte di cibo e di bellezze, di rapporti e di dialoghi, dichiarazione di pace con la natura.


Pasquale Di Lena

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