La Tintilia non si tocca di Michele Tanno
mentre osservano la striscia "la favola della Tintilia" disegnata dai Bambini
in occasione della Fiera "Piacere Molise"
Come riscopritore, insieme a Pasquale Di Lena e pochi altri della Tintilia, ci permettiamo di esprimere alcune reserve sulle “manipolazioni” che si stanno profilando nella nostra regione su questo vitigno e vino.
Durante il Vinitaly si è parlato molto di qualità, soprattutto di qualità esteriore o di bottiglia, e poco o niente di tipicità e di origine territoriale dell’uva.
Ricordiamo per l’ennesima volta a chi è sordo - perché non vuol sentire - che la Tintilia è una vite lungamente adattata (da almeno 200 anni) alle zone collinari del Molise interno, dove esprime il meglio delle sue caratteristiche organolettiche.
Gli sbalzi termici, l’elevata luminosità e la formazione della rugiada sulla buccia nel periodo di maturazione, che si riscontrano con maggiore intensità nelle nostre alture, sono essenziali per conferire all’uva, e quindi al vino, i sapori, i profumi, il colore e gli altri pregi tipici di ogni varietà di spicco. Se questo è vero per tutti i vitigni di pregio, lo è ancora di più per la Tintilia che manifesta un’esigenza particolare relativamente al clima e al terreno in cui è coltivata.
Volendo estendere la sua coltivazione a tutte le zone, escludendo beninteso quelle più elevate, e a ogni condizione, si rischia di avere una miscellanea di prodotto atipico o con caratteristiche diverse. E’ quello che sta succendendo nel Molise.
Oggi ci troviamo di fronte a tante Tintilia: ognuno produce la propria! Il consumatore è confuso e si chiede: qual è la vera Tintilia?
Occorre smetterla con i “campanili” e badare a un rigoroso disciplinare che deve prevedere una delimitazione accurata del territorio di produzione, con una confinata zona e sottozona legate a specifiche condizioni ambientali e a rispettosi aspetti storici.
Anche la pretesa di uniformarla con il sapore di legno barricato o, peggio, con l’aggiunta dei tasselli di legno nei recipienti di acciaio, è da considerare un’alterazione della sua originalità. Questi gusti trasmessi dal legno, non tipici, camuffati, si risolvono in un appiattimento degli attributi propri del vino e lo equiparano agli altri. Il sapore di legno, soprattutto quello eccessivo, copre i difetti e attenua i pregi!
Non siamo ancora riusciti a fare una Tintilia comune e già pensiamo alle diverse tipologie enologiche!
Siamo d’accordo con Pascquale Di Lena di non dedicarci ad altre fantasie, come al frizzante, spumante o passito, se prima non abbiamo fatto un buon vino da pasto!
Michele Tanno
Durante il Vinitaly si è parlato molto di qualità, soprattutto di qualità esteriore o di bottiglia, e poco o niente di tipicità e di origine territoriale dell’uva.
Ricordiamo per l’ennesima volta a chi è sordo - perché non vuol sentire - che la Tintilia è una vite lungamente adattata (da almeno 200 anni) alle zone collinari del Molise interno, dove esprime il meglio delle sue caratteristiche organolettiche.
Gli sbalzi termici, l’elevata luminosità e la formazione della rugiada sulla buccia nel periodo di maturazione, che si riscontrano con maggiore intensità nelle nostre alture, sono essenziali per conferire all’uva, e quindi al vino, i sapori, i profumi, il colore e gli altri pregi tipici di ogni varietà di spicco. Se questo è vero per tutti i vitigni di pregio, lo è ancora di più per la Tintilia che manifesta un’esigenza particolare relativamente al clima e al terreno in cui è coltivata.
Volendo estendere la sua coltivazione a tutte le zone, escludendo beninteso quelle più elevate, e a ogni condizione, si rischia di avere una miscellanea di prodotto atipico o con caratteristiche diverse. E’ quello che sta succendendo nel Molise.
Oggi ci troviamo di fronte a tante Tintilia: ognuno produce la propria! Il consumatore è confuso e si chiede: qual è la vera Tintilia?
Occorre smetterla con i “campanili” e badare a un rigoroso disciplinare che deve prevedere una delimitazione accurata del territorio di produzione, con una confinata zona e sottozona legate a specifiche condizioni ambientali e a rispettosi aspetti storici.
Anche la pretesa di uniformarla con il sapore di legno barricato o, peggio, con l’aggiunta dei tasselli di legno nei recipienti di acciaio, è da considerare un’alterazione della sua originalità. Questi gusti trasmessi dal legno, non tipici, camuffati, si risolvono in un appiattimento degli attributi propri del vino e lo equiparano agli altri. Il sapore di legno, soprattutto quello eccessivo, copre i difetti e attenua i pregi!
Non siamo ancora riusciti a fare una Tintilia comune e già pensiamo alle diverse tipologie enologiche!
Siamo d’accordo con Pascquale Di Lena di non dedicarci ad altre fantasie, come al frizzante, spumante o passito, se prima non abbiamo fatto un buon vino da pasto!
Michele Tanno
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